© Seddik Boubaker
Nel mondo la libertà delle persone è minacciata. Attivisti sono in carcere per le loro opinioni. Manifestanti vengono torturati e ingiustamente imprigionati. Ragazze sono costrette a sposarsi.
Attraverso ricerche dettagliate e campagne mirate, cerchiamo di combattere violazioni dei diritti umani ovunque queste avvengano.
Ogni giorno facciamo pressione sulle autorità affinché ogni persona sia libera di esprimere le proprie idee e di godere dei propri diritti.
Lavoriamo ogni giorno affinché:
La libertà di espressione è tutelata dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite.
Comunicare con l’altro ed esprimersi liberamente è fondamentale per vivere in una società aperta e leale.
La libertà di espressione sostiene anche altri diritti umani come il diritto alla libertà di pensiero, di associazione, di coscienza e di religione.
La libertà di espressione permette la libertà di stampa: una stampa libera che riporta le questioni che ci interessano e modellano le nostre vite è un elemento fondamentale di qualsiasi società rispettosa dei diritti.
I governi, le forze di sicurezza, multinazionali, gruppi armati, leader religiosi e talvolta anche le stesse famiglie e comunità cercano di mettere a tacere persone le cui opinioni o azioni risultano scomode ai più. Si rischia di essere minacciati, rapiti, tortura o addirittura uccisi solo per aver espresso una opinione. I governi hanno anche spesso usato la ‘sicurezza nazionale’ come scusa per soffocare le critiche.
I governi hanno il dovere di proibire discorsi d’odio e che incitano all’odio, ma molti abusano della loro autorità per mettere a tacere il dissenso pacifico approvando leggi che criminalizzano la libertà di espressione. Il modo in cui i governi tollerano opinioni sfavorevoli o voci critiche è spesso una buona indicazione di come trattano i diritti umani in generale.
Amnesty International sostiene le persone che parlano pacificamente per sé stesse e per gli altri – sia che si tratti di un giornalista che riferisce sulla violenza da parte delle forze di sicurezza, di un sindacalista che denuncia le cattive condizioni di lavoro o di un leader nativo che difende i propri diritti sulla terra contro le grandi imprese. Allo stesso modo difendiamo il diritto di coloro che sostengono le posizioni delle grandi imprese, delle forze di sicurezza e dei datori di lavoro di esprimere le loro opinioni pacificamente.
Tutti i prigionieri hanno gli stessi diritti. A volte è facile pensare che i diritti dei prigionieri hanno poco a che fare con noi – che hanno in qualche modo scambiato i loro diritti per una vita dedita al crimine. Non è così. In primo luogo, tutti hanno gli stessi diritti e non posso mai essere portati via, non importa dove sei o quello che avresti aver fatto. In secondo luogo, solo perché sei in prigione, non significa che sei colpevole di un crimine – se avete avuto la fortuna di avere un processo, non è detto che questo sia stato equo.
Da quando sono nati nel 1961, gli attivisti di Amnesty sono sempre pronti a entrare in azione per gli individui a rischio che si trovano in stato di detenzione. Da l’invio di fax e tweet a telefonate o a scendere in piazza. “… Le telefonate alla polizia durante il mio arresto mi hanno salvato dalla tortura e dallo stupro. La stazione di polizia è stata così inondata che ad un certo punto hanno smesso di prendere in mano il telefono”, racconta Jenni Williams, co-fondatrice di WOZA, associazione per i diritti delle donne in Zimbabwe.
Ci sono sette problemi principali da affrontare quando si parla di detenzione e processi equi:
Prigionieri di coscienza – persone che hanno utilizzato ne hanno incitato ad usarla, ma sono detenute a causa di quello che sono (orientamento sessuale, origine etnica, nazionale o sociale, la lingua, la nascita, colore, sesso o condizione economica), o ciò in cui credono (religioso, credo politico o altre questioni legate alla coscienza);
Detenzione arbitraria – persone detenute senza motivo legittimo o senza processo legale;
Incommunicado – essere detenuti senza accesso alla famiglia, avvocati, ecc.;
Detenzione segreta – persone detenute in un luogo segreto;
Condizioni di detenzione inadeguate – come il sovraffollamento e l’isolamento prolungato;
Processi iniqui – processi condotti senza garantire procedimenti legali minimi.
Tortura e altre forme di maltrattamento.
Amnesty International chiede:
• di porre fine alle detenzioni segrete;
• di porre fine ad ogni forma di tortura o di altre forme di maltrattamento;
• di garantire accesso rapido e regolare ad avvocati, medici e familiari;
• di garantire procedure legali efficaci in modo che le persone possano contestare la loro detenzione e il trattamento;
• di garantire la presenza di giudici indipendenti.
• di garantire condizioni di detenzione adeguate, inclusa la fine dell’isolamento prolungato;
• indagini immediate e indipendenti quando qualcuno muore in stato di detenzione.
• di garantire la presenza di organismi di controllo indipendenti che facciano visite regolari nei luoghi di detenzione;
• di garantire processi equi entro un tempo ragionevole o di prevedere il rilascio;
• che tutti i prigionieri di coscienza rilasciati senza condizioni.
Le vittime di sparizione forzata sono persone che letteralmente vengono fatte scomparire dalle loro famiglie e dalle loro comunità, dalla loro vite. Vengono prelevate dalle loro case o in mezzo alla strada, in modo arbitrario e senza alcun mandato d’arresto, da funzionari dello stato o persone che operano col consenso di questi ultimi, i quali negano l’accaduto o rifiutano di dare informazioni. In alcuni casi le sparizioni chiamano in causa anche attori non statali, come i gruppi armati di opposizione. In ogni caso si tratta sempre di crimini di diritto internazionale.
Spesso le vittime di sparizione forzata non vengono rilasciate e il loro destino rimane sconosciuto. In assenza di informazioni sulla loro ubicazione e nell’impossibilità di contattare un avvocato, molte vengono torturate. Altre vengono uccise o vivono in prigionia nel costante terrore di essere uccise. Sanno che le loro famiglie non hanno la minima idea di dove si trovino e che difficilmente troveranno aiuto da parte di qualcuno.
Anche quando scampano alla morte e vengono rilasciati, gli scomparsi portano con sé ferite fisiche e psicologiche difficilmente rimarginabili.
A rischiare sono soprattutto i difensori dei diritti umani, i parenti degli scomparsi che si mettono alla loro ricerca, i testimoni e gli avvocati per i diritti umani.
Le sparizioni forzate violano una vasta gamma di diritti: alla sicurezza e alla dignità della persona, a non essere sottoposti a torture e ad altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, a condizioni umane di detenzione, alla personalità legale, a un processo equo, alla vita familiare e alla vita in quanto tale.
Le sparizioni forzate vengono spesso usate per seminare terrore. La sensazione d’insicurezza e di paura che generano non si limita solo ai parenti stretti ma colpisce la comunità d’appartenenza e la società nel suo complesso.
La Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate è entrata in vigore nel 2010 con l’obiettivo di prevenire le sparizioni forzate, scoprire la verità su quelle del passato e assicurare che sopravvissuti e familiari degli scomparsi ricevano giustizia, verità e riparazione.
La Convenzione è uno dei più importanti e stringenti trattati internazionali mai adottati dalle Nazioni Unite. Definisce il crimine di sparizione forzata ed elenca le misure che lo stato deve assumere per prevenirle e indagare e processare i responsabili. L’attuazione della Convenzione è monitorata dal Comitato sulle sparizioni forzate, che riceve e valuta comunicazioni da parte di vittime, di loro rappresentanti legali e di stati terzi e fornisce l’interpretazione autentica delle disposizioni della Convenzione.
Secondo il diritto internazionale, il crimine di sparizione forzata è in atto fino a quando lo stato non riveli il destino o la localizzazione delle persone coinvolte e fino a quando, dopo che la sparizione è stata confermata, non restituisca i resti dei corpi alle famiglie.
Una volta erano per lo più appannaggio delle dittature militari. Oggi le sparizioni forzate hanno luogo in ogni parte del globo e in una pluralità di contesti: conflitti interni, repressione politica, attività di gruppi armati di opposizione.
Per saperne di più: https://www.amnesty.it/giornata-internazionale-vittime-sparizione-forzata.
Ogni anno Amnesty International intraprende azioni su decine di nuovi casi di sparizione forzata e continua chiedere ai governi di chiarire la sorte di tutte le persone scomparse in passato.
In particolare, chiede ai governi di:
La tortura è quando qualcuno in una funzione ufficiale infligge dolore mentale o fisico grave o sofferenza su qualcun altro per uno scopo specifico. A volte le autorità torturano una persona per ottenere una confessione o informazioni. A volte la tortura è semplicemente usata come una punizione per diffondere la paura nella società.
I metodi di tortura variano. Possono essere di natura fisica, come percosse e scosse elettriche. Può essere di natura sessuale, come lo stupro o l’umiliazione sessuale. Oppure possono essere di natura psicologica, come la privazione del sonno o l’isolamento prolungato.
Secondo il diritto internazionale, la tortura e le altre forme di maltrattamento sono sempre illegali. Sono bandite a livello internazionale da decenni. Per fare solo un paio di esempi: 172 paesi hanno aderito al Patto internazionale sui diritti civili e politici, che vieta la tortura e altre forme di maltrattamento e 165 paesi hanno aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che Amnesty International ha lottato duramente per creare. Nonostante gli sforzi, molti stati ancora non riconoscono la tortura come reato specifico nel proprio ordinamento e i governi di tutto il mondo continuano a usarla. Tra il gennaio 2009 e il maggio 2013, Amnesty International ha ricevuto notizie di torture in 141 paesi di ogni regione del mondo.
In Italia, il reato di tortura è stato introdotto nel codice penale italiano solo nel 2017, dopo quasi 30 anni di attesa dalla ratifica della Convezione delle Nazioni Unite contro la tortura.
Dalla sua approvazione, questa legge ha portato a condanne e rinvii a giudizio, ma anche alla riqualificazione del reato laddove la tortura era stata inizialmente contestata, nonché ad assoluzioni e proscioglimenti, a dimostrazione che il testo ha avuto un’applicazione in linea con i requisiti della Convenzione. Pertanto, proprio perché in linea con la Convenzione stessa, la fattispecie di reato deve essere mantenuta per punire condotte di una gravità assoluta, per le quali non ci devono essere circostanze attenuanti.
La tortura non può mai essere giustificata. È disumana e sostituisce lo stato di diritto con il terrore. Nessuno è al sicuro quando i governi ne consentono l’uso.
Casi di tortura di alto profilo, come il programma di detenzione segreta della CIA in tutto il mondo, hanno portato a un equivoco comune secondo cui la tortura è generalmente limitata a questioni relative alla sicurezza nazionale e all’antiterrorismo; le ricerche di Amnesty hanno invece mostrato che potrebbe accadere a chiunque – piccoli criminali, persone appartenenti a minoranze etniche, manifestanti, attivisti studenteschi e persone che erano semplicemente nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
L’uso della tortura distrugge le persone, corrode lo Stato di diritto, mina il sistema di giustizia penale ed erode la fiducia pubblica nelle istituzioni pubbliche e nello Stato che rappresentano.
Essa provoca alle vittime forti dolori e sofferenze che persistono molto tempo dopo la fine degli atti di tortura.
Le vittime di torture devono affrontare una serie di conseguenze devastanti a lungo termine. Il dolore fisico e psicologico inflitto a loro può portare a dolore cronico e disabilità, disturbo da stress post-traumatico (Ptsd) e depressione. Ecco perché è così importante che le persone che sono state torturate abbiano accesso a un risarcimento e che i loro torturatori siano assicurati alla giustizia.
Il ricorso per le vittime di tortura può includere l’assistenza medica, la consulenza, la compensazione monetaria, la riabilitazione e il reinserimento nella società.
Amnesty International aiuta da anni i sopravvissuti alla tortura ad ottenere giustizia.
La tortura spesso avviene in segreto – in stanze di interrogatorio o prigioni. Da oltre 50 anni Amnesty International documenta le torture, smaschera i responsabili e aiuta le vittime a ottenere giustizia.
Rendiamo le persone consapevoli dei loro diritti e ci assicuriamo che i governi che torturano non possano farla franca.
Ci battiamo per l’adozione e l’attuazione di misure volte a proteggere le persone dalla tortura e a consegnare i colpevoli alla giustizia. Tra questi figurano controlli indipendenti sui centri di detenzione, il monitoraggio degli interrogatori, l’accesso rapido ad avvocati e tribunali, le visite e le comunicazioni con i familiari e indagini approfondite ed efficaci sulle accuse di tortura.
Il nostro mondo sta affrontando un cambiamento demografico irreversibile.
Più persone che mai rientrano nella categoria di “persone anziane”: il numero di persone nel mondo di età superiore ai 65 anni dovrebbe raddoppiare nei prossimi decenni, raggiungendo circa 1,6 miliardi entro il 2050.
Le persone anziane sono troppo spesso stereotipate come dipendenti da altri. Sono visti come destinatari della carità, piuttosto che come titolari di diritti che possono fare le proprie scelte.
Durante i conflitti armati, le persone anziane sono colpite in modo sproporzionato dalla violenza, ma spesso sono trascurate nelle risposte umanitarie.
Durante la pandemia di Covid-19, i governi hanno adottato politiche che hanno portato a migliaia di morti evitabili nelle case di cura in tutto il mondo. Queste decisioni hanno anche creato livelli senza precedenti di isolamento sociale tra le persone anziane.
La tutela dei diritti umani delle persone anziane è spesso debole e talvolta inesistente. Amnesty International si batte per fermare la discriminazione basata sull’età e per creare leggi che proteggano i diritti delle persone anziane.
La maggior parte della gente pensa all’età come un numero. Molti pensano che una persona diventi “anziana” quando raggiunge l’età di pensionamento nazionale, che di solito è 60 o 65.
Tuttavia, l’età avanzata è un costrutto sociale che cambia in determinati contesti e situazioni. Ciò è dettato dal fatto che alcune persone vivono una vita più lunga e più sana di altra, cambiando quindi le percezioni e gli stereotipi sulle persone anziane in molte società.
Questo è il motivo per cui Amnesty International applica un “approccio specifico al contesto” all’età avanzata che tiene conto di tutti questi fattori quando indaga sulle violazioni dei diritti umani. Identifichiamo le persone anziane da come vengono percepite nella società e da come si vedono, non dalla loro età numerica.
Alcuni gruppi sono protetti da convenzioni internazionali, tra cui bambini, donne, persone con disabilità e minoranze razziali ed etniche. Per loro natura, alcuni di questi trattati offrono anche protezione alle persone anziane, comprese le donne anziane e le persone anziane con disabilità.
Tuttavia, le persone anziane subiscono discriminazioni che non sono esplicitamente vietate dalle leggi esistenti.
Ad esempio, una persona anziana può essere discriminata sul posto di lavoro. Un datore di lavoro può presumere di non essere in grado di padroneggiare le nuove tecnologie o di richiedere più giorni di malattia rispetto ad altri.
Una convenzione delle Nazioni Unite sarebbe un passo fondamentale verso la protezione dei diritti delle persone anziane. Essa indicherebbe le aree in cui le persone anziane hanno più bisogno di protezione legale, che si tratti di abuso o abbandono nelle case di cura, discriminazione nel lavoro o mancanza di pensioni adeguate.
Una convenzione internazionale obbligherebbe inoltre gli Stati parti a adottare misure proattive per prevenire la discriminazione basata sull’età e l’abuso nel confronto di persone anziane.
Secondo un rapporto del 2014 dell’Organizzazione mondiale della sanità, solo il 40% dei paesi aveva leggi contro l’abuso sulle persone anziane in contesti istituzionali come le case di cura e solo il 59% dei paesi ha leggi che proteggono le persone anziane dagli abusi in generale. Solo un terzo dei paesi dispone di servizi di protezione degli adulti per indagare su possibili casi di abuso sulle persone anziane.
Una convenzione porterebbe probabilmente a un miglioramento delle protezioni legali a livello nazionale.
Una convenzione permetterebbe anche alle persone anziane di tutto il mondo di difendere meglio i loro diritti. E migliorerebbe il modo in cui le violazioni dei diritti umani contro le persone anziane vengono riconosciute e segnalate, aumentando la visibilità su questioni che sono state a lungo trascurate.
Amnesty International continuerà a far luce sulle esperienze delle persone anziane per garantire che non vengano lasciate indietro, in particolare in situazioni di crisi, conflitti e nella distribuzione dell’assistenza umanitaria. Amplificheremo la voce delle persone anziane e continueremo a condurre ricerche pionieristiche, advocacy e campagne per trovare modi per proteggere i loro diritti.
Attualmente non esiste un trattato globale sui diritti delle persone anziane. Le leggi esistenti offrono una protezione inadeguata e hanno fatto poco per aumentare la visibilità delle violazioni dei diritti umani contro le persone anziane. Amnesty International chiede una Convenzione delle Nazioni Unite specifica per le persone anziane per salvaguardare i loro diritti, dignità e sicurezza.