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Taibeh Abbasi è nata in Iran da genitori afgani, nel 2012 ha cercato rifugio in Norvegia con la madre e i due fratelli.
Il governo norvegese vuole rimandarla nel paese di origine, sostenendo che l’Afghanistan sia un paese sicuro.
Dichiarazione che contraddice le evidenze riportate grazie al nostro lavoro di ricerca e da diverse altre organizzazioni.
Il sogno di Taibeh era quello di diplomarsi per diventare una dottoressa. Oggi il suo incubo è quello di essere rimpatriata, insieme alla madre e ai due fratelli, in Afghanistan, un paese che non hai mai nemmeno visitato.
Ora è una studentessa brillante alla Thora Storm High School di Trondheim. Ma sei anni dopo aver messo piede in una vera scuola, si trova di nuovo a dover osservare il suo futuro da una finestra, senza poterne disporre liberamente.
Il 2 aprile 2018, Taibeh compirà 19 anni, ma il suo compleanno sarà ancora segnato dal timore di essere rimpatriata.
Firma il nostro appello per impedire che Taibeh sia rimandata in Afghanistan.
La Norvegia è uno dei paesi europei che esegue il maggior numero di rimpatri di afgani, non solo in proporzione alla sua piccola popolazione di cinque milioni di abitanti ma anche in termini assoluti.
Secondo le autorità di Kabul, il 32 per cento (97 su 304) delle persone rimpatriate nei primi quattro mesi del 2017 proveniva dalla Norvegia. Il principio giuridico vincolante del non rimpatrio (non-refoulement) significa che i paesi europei non possono trasferire una persona in un luogo dove sia a rischio concreto di subire gravi violazioni dei diritti umani.
Rimpatriare i richiedenti asilo afgani addirittura mentre la violenza è in aumento, è una clamorosa violazione del diritto internazionale.
Tra il 2015 e il 2016, in diverse zone dell’Afghanistan sono aumentati gli attacchi contro i civili, la maggior parte dei quali rivendicati da gruppi armati tra cui i talebani e lo Stato islamico. Secondo la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) nel 2016 sono state uccise o ferite 11.418 persone. Nei soli primi sei mesi del 2017 le vittime civili documentate da Unama sono state 5.423.
Negli ultimi anni sono aumentati i rimpatri forzati di richiedenti asilo dall’Europa, nonostante il 2016 sia stato l’anno con il più alto numero di morti in Afghanistan.
La Commissione Europea ha annunciato un aumento nei fondi di assistenza umanitaria da destinare al paese in ragione del deteriorarsi della situazione.
Secondo dati ufficiali dell’Unione europea, tra il 2015 e il 2016 il numero degli afgani rimpatriati dagli stati membri è quasi triplicato: da 3.290 a 9.460. Questo aumento corrisponde a un marcato calo delle domande d’asilo accolte: dal 68% del settembre 2015 al 33% del dicembre 2016.
Non solo rimpatriare queste persone è crudele, è irresponsabile e illegale.
Amnesty International chiede una sospensione di tutti i rimpatri in Afghanistan fino a che non possano essere operati in sicurezza e dignità per le persone.
Nel 2016 i cinque paesi europei dai quali è tornato il maggior numero di afgani sono stati: Germania (3.440); Grecia (1.480); Svezia (1.025); Regno Unito (785); e Norvegia (760).
Non ci sono dati completi e confrontabili sulla composizione dei rimpatri forzati rispetto a quelli cosiddetti “volontari” dai paesi europei.
Ma i dati recenti forniti dalle autorità afgane possono dare alcune indicazioni sulla situazione.
Secondo il viceministro afghano dei rifugiati e del rimpatrio, degli 828 rientri dall’Europa svoltisi tra gennaio e aprile 2017, 304 (37%) sono stati costretti, e 524 (63%) sono stati “volontari”.
Nel 2016, la Germania è stata responsabile del maggior numero di afgani rimpatriati (forzatamente ed apparentemente volontariamente), a 3.440.
Tuttavia, dopo l’attacco suicida del 31 maggio 2017 a Kabul, che ha gravemente danneggiato l’ambasciata tedesca, le autorità hanno annunciato che avrebbero restituito solo tre categorie di afgani: persone con precedenti penali, persone che si ritiene rappresentino una minaccia e quelli cui non si è riusciti a risalire all’identità.