Turchia, i 300 giorni di prigionia di Taner Kılıç

6 Aprile 2018

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Taner Kılıç, presidente di Amnesty International Turchia, è detenuto nel carcere di Şakran a Smirne dal 9 giugno 2017 con l’accusa di “appartenere a un’organizzazione terrorista”.

Sono trascorsi esattamente 300 giorni dal giorno del suo arresto.

Dalla prigione Taner Kılıç ha voluto ringraziare dal profondo del cuore tutte le persone che hanno espresso solidarietà nei suoi confronti. Per farlo ha inviato una lettera con parole indirizzate a tutti i suoi sostenitori, amici e parenti, che non lo hanno mai abbandonato nel lungo periodo di prigionia.

Le fotografie delle iniziative organizzate sotto un sole cocente, sotto la pioggia o al gelo hanno risollevato il mio morale e mi hanno ricordato l’importanza della solidarietà internazionale nella lotta per i diritti umani. In prigione è facile provare la sensazione che verrai dimenticato, anche dalle persone a te più vicine e care. Ma nel mio caso, anziché essere dimenticato, il mio caso è diventato noto sia in Turchia che all’estero. Voglio ringraziare ogni persona che ha espresso solidarietà nei miei confronti. Sarete sempre nei miei pensieri e nelle mie preghiere”.

Il fulcro dell’accusa a suo carico consiste nell’aver scaricato e installato ByLock, l’applicazione di messaggistica che secondo le autorità turche era usata dal movimento Gülen, ritenuto responsabile del tentato colpo di stato del luglio 2016.

Trecento giorni dopo il suo arresto sulla base di accuse false, persone di ogni parte del mondo chiederanno insieme la fine di questo errore giudiziario e l’immediata scarcerazione di Taner Kılıç”, ha dichiarato Gauri van Gulik, direttrice di Amnesty International per l’Europa.

La pubblica accusa non ha presentato alcuna prova a sostegno delle assurde accuse mosse contro Taner. Per quanto possa sembrare incredibile, Taner è solo una delle tante persone che si trovano in una situazione analoga ed è un potente esempio del deliberato smantellamento della società civile durante l’attuale repressione”, ha aggiunto van Gulik.

Dopo 300 giorni, lo stato turco non ha prodotto alcuna prova credibile a sostegno dell’accusa. Al contrario, quattro analisi indipendenti sono giunte alla conclusione che sul telefono di Taner Kılıç non c’è traccia di ByLock.

La prossima udienza è fissata al 21 giugno. Se giudicato colpevole, rischia fino a 15 anni di carcere.

Taner Kılıç non è l’unico ad essere imprigionato ingiustamente.

İdil Eser è la direttrice di Amnesty Turchia. Lei ed altre nove persone sono tuttora detenute nelle carceri turche. I loro nomi sono Özlem Dalkıran, Günal Kurşun, Veli Acu, Ali Gharavi, Peter Steudtner, Nalan Erkem, İlknur Üstün, Nejat Taştan e Şeyhmus Özbekli.

Sono tutti difensori dei diritti umani che non hanno fatto nulla di sbagliato.

Tuttavia, rischiano fino a 15 anni di carcere perché accusati di “appartenenza ad un’organizzazione terroristica“.

La Turchia vuole punire queste persone, proprio come fa con centinaia di giornalisti, alimentando la propaganda che dipinge i difensori dei diritti umani come persone pericolose che devono essere fermate.