Torture e abusi sessuali per le attiviste saudite in carcere: “Chiediamo subito indagine indipendente”

25 Gennaio 2019

Tempo di lettura stimato: 5'

Abusi sessuali, torture e maltrattamenti: questo è il trattamento riservato a un gruppo di attiviste detenute arbitrariamente in una prigione dell’Arabia Saudita da maggio 2018.

Abbiamo ottenuto nuove, preoccupati, informazioni sullo stato delle donne trattenute ingiustamente e per le quali avevamo già chiesto un’indagine indipendente nel novembre del 2018.

Secondo le testimonianze raccolte, 10 difensore dei diritti umani sono state torturate, sottoposte ad abusi sessuali e a ulteriori maltrattamenti nei primi tre mesi di detenzione, quando si trovavano in un centro di detenzione informale in una località sconosciuta.

A un’attivista è stato fatto credere per un mese che i suoi familiari erano morti. Due attiviste sono state costrette a baciarsi di fronte agli uomini che le stavano interrogando. A un’altra attivista è stata versata acqua in bocca mentre urlava per le torture. Altre ancora sono state torturate con le scariche elettriche.

La recente ondata di arresti è emblematica di un giro di vite in corso contro i difensori dei diritti umani in Arabia Saudita.

Negli ultimi mesi, diversi difensori dei diritti umani sono stati processati dinanzi alla Specialized Criminal Court (SCC) e sono state emesse pene detentive severe, così come i divieti di viaggio all’estero o dell’uso dei social media in base alle disposizioni antiterrorismo, i decreti successivi e in base alla legge sul crimine online.

Chiediamo di aumentare la pressione sull’Arabia Saudita e ottenere la fine del giro di vite nei confronti della libertà d’espressione nel paese.

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Siamo molto preoccupati per lo stato di salute di queste attiviste, che da nove mesi sono arbitrariamente detenute solo per aver difeso i diritti umani“, ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.

Le autorità saudite hanno più volte dato prova di non voler proteggere i detenuti dalle torture e di non avere intenzione di indagare sulle denunce di tortura. Per questo chiediamo all’Arabia Saudita che gli organismi indipendenti di monitoraggio sui diritti umani siano fatti entrare nel paese e possano visitare le attiviste detenute“, ha aggiunto Maalouf.

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Attiviste e attivisti detenuti: i fatti

A dicembre alcune attiviste – tra cui Loujain al-Hathloul, Eman al-Nafjan, Aziza al-Yousef, Shadan al-Anezi e Nour Abdulaziz – sono state trasferite dalla prigione Dhahban di Gedda alla prigione al-Ha’ir della capitale Riad.

Samar Badawi e Amal al-Harbi restano detenute a Gedda. Nassima al-Sada, arrestata nel giugno 2018, si trova nella prigione al-Mabahith di Damman.

Le altre attiviste in carcere sono Mayaa al-Zahrani, Abir Namankani, Ruqayyah al-Mharib e Hatoon al-Fassi.

Tra gli attivisti ancora in carcere figurano Abdulaziz al-Mish’al, Mohammad al-Rabe’a, Khalid al-Omeir (in passato già imprigionato per le sue attività in favore dei diritti umani) e Mohammad al-Bajadi, membro fondatore dell’Associazione saudita per i diritti civili e politici.

A dicembre è stato rilasciato il noto avvocato Ibrahim al-Modeimigh, ma non si conoscono le condizioni del rilascio.

La repressione del dissenso in Arabia Saudita

A novembre scorso avevamo rivelato che numerosi attivisti in prigione da maggio, tra cui diverse donne, erano stati ripetutamente sottoposti a scariche elettriche e a frustate; a seguito di queste torture, avevano difficoltà a camminare o a rimanere in piedi. Le nuove testimonianze riguardano sempre lo stesso gruppo di detenuti.

Sempre nel 2018, a dicembre, avevamo scritto alle autorità saudite chiedendo che gli organi indipendenti di monitoraggio sui diritti umani, compresi i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite e la nostra organizzazione, potessero incontrare i detenuti. Finora non è arrivata alcuna risposta.

In compenso, il ministero saudita per l’Informazione aveva respinto le accuse come “prive di fondamento”. La Commissione per i diritti umani, di emanazione governativa, e l’ufficio della Procura avrebbero nel frattempo visitato le detenute per indagare sulle loro denunce.

Chiediamo alle autorità saudite di rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone imprigionate per aver difeso pacificamente i diritti umani. Chiediamo inoltre che organi indipendenti di monitoraggio sui diritti umani indaghino sulle denunce di tortura per accertare in modo imparziale i fatti e identificarne i responsabili”, ha concluso Maalouf.

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