Tempo di lettura stimato: 6'
In Turchia i diritti umani sono sotto attacco. Nel giro di trenta giorni il presidente e la direttrice di Amnesty International Turchia sono stati incarcerati. Un’offensiva alla libertà della nostra organizzazione in Turchia e una conferma del preoccupante clima di oppressione che ha seguito il fallito colpo di stato tentato nel luglio del 2016.
Idil Eser, direttrice di Amnesty International Turchia, è oggetto di indagine, insieme ad altri sette attivisti per i diritti umani e a due formatori, per “appartenenza a un’organizzazione terroristica“.
Erano stati arrestati alle 10 di mattina del 5 luglio dalla polizia in un albergo dell’isola di Büyükada, al largo di Istanbul, mentre stavano prendendo parte a un corso di formazione.
Per oltre 28 ore – quattro in più rispetto a quanto consentito dalla legge turca – non hanno potuto contattare i loro avvocati e, sempre in contrasto con la normativa del paese, neanche i loro familiari.
L’arresto di Idil e di altri 5 attivisti per i diritti umani è stato confermato il 17 luglio. Gli altri quattro sono stati prima rilasciati su cauzione, ma il 22 luglio sono stati nuovamente arrestati.
Per 24 ore la direttrice è rimasta in isolamento.
L’arresto della direttrice di Amnesty International Turchia segue di poche settimane il rinvio a giudizio anch’esso immotivato del presidente Taner Kılıç.
Il presidente di Amnesty International Turchia è accusato insieme ad altri 22 avvocati per il sospetto di avere legami col movimento di Fethullah Gülen, il 9 giugno è stato incriminato per appartenenza alla “Organizzazione terroristica Fethullah Gülen” e posto in detenzione in attesa del processo.
“La storia di Taner Kılıç parla chiaro: è quella di un uomo che ha sempre difeso quelle libertà che le autorità di Ankara stanno cercando di annullare“, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
Chiedi alle autorità turche di annullare l’accusa contro Taner Kılıç e di rilasciarlo immediatamente.
L’attacco ai difensori dei diritti umani si colloca nel contesto della crescente repressione dei diritti umani decisa dalle autorità turche dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016.
Con oltre 120 giornalisti e altri operatori dei media in prigione, varie migliaia di disoccupati per la chiusura di oltre 160 aziende del settore, l’effetto dell’ultima ondata di erosione della libertà di stampa è chiaro: il giornalismo indipendente, in Turchia, è sull’orlo di un precipizio.
Firma ora per chiedere alla Turchia di porre fine a questa repressione.
L’appello di Peter Gabriel
Il tweet di Patrick Stewart
I’m demanding the release of Amnesty International’s Director in Turkey. Are you with me? https://t.co/gKzJ2IkNvj
— Patrick Stewart (@SirPatStew) 7 luglio 2017
Nel giro di un mese il presidente e la direttrice di Amnesty International Turchia sono stati incarcerati.
Dopo il tentato colpo di stato in Turchia sono decine di migliaia le persone – tra cui medici, agenti di polizia, insegnanti, docenti universitari e soldati – etichettate come “terroristi” ed estromesse dal settore pubblico, che oggi lottano per la sopravvivenza.
La ricerca “Nessuna fine in vista: il futuro negato agli impiegati del settore pubblico della Turchia dopo la purga” è il frutto di 61 interviste svolte ad Ankara, Diyarbakır e Istanbul dal team guidato da Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia.
Scarica il report completo