Un pasto caldo durante il lockdown: il lavoro di Arci Torino

10 Giugno 2020

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Anche durante il lockdown, a Torino e provincia decine di persone senza dimora hanno ricevuto un pasto caldo.

Arci Torino è uno dei tre partner selezionato tramite un bando da Amnesty International Italia nell’ambito della campagna #NessunoEscluso, per sostenere le iniziative varate a favore di persone e gruppi vulnerabili che vivono in strutture non adeguate a fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Con il Progetto Fooding, presente in 4 comuni tra Torino e la sua provincia, aperte tutti i giorni dalla mattina fino alle 17 del pomeriggio, garantisce fino a 65 pasti caldi a persone che non hanno una casa.

Fooding nasce per offrire un pasto equo e buono a chi non se lo può permettere, ma le mense sono anche un luogo dove ricostruire legami con persone che hanno perso interazione sociale e la rete di relazioni nel contesto cittadino.

Da inizio marzo, le nuove norme sanitarie e di distanziamento hanno costretto i coordinatori del progetto a un forte cambiamento: “Abbiamo posto un freno a quel senso di comunità costruito nel tempo. Ci siamo chiesti se era il caso di interrompere il progetto, ma l’attività non è mai cessata, perché se prima esistevano bisogni primari in modo celato, adesso questi sono acuiti dalla crisi sanitaria che è diventata crisi sociale e che sta colpendo e colpirà in particolare gli ultimi e le ultime della nostra società” racconta Marco Neitzert, uno degli operatori della mensa di Torino, aperta da un anno e mezzo e in grado di fornire pasti e garantire un polo diurno ai senza dimora in città. Nella mensa di Torino, ogni giorno, vengono garantiti tra i 30 e 35 pasti caldi.

Nonostante si sia dovuto rinunciare a quello spazio, fondamentale per la costruzione di una comunità, la consegna dei pasti in sacchetti già pronti si è svolta regolarmente, salvaguardando sempre la qualità e la bontà del cibo. In tempi ‘normali’ per questo progetto lavorano dieci tra volontari e operatori nella mensa di Torino, mentre durante la pandemia, per limitare l’incontro tra gli operatori, si è deciso di ridurre il numero a tre o quattro. Altri volontari si sono però attivati anche in nuovi contesti, come ad esempio nella rete comunale per consegnare migliaia di pacchi alimentari in nuclei familiari in difficoltà.

I beneficiari della mensa sono sempre state persone senza dimora: homeless accolti in programmi di housing o in strutture di accoglienza e dormitori comunali, ma molti, anche in questo periodo, hanno continuato a vivere in strada. Ed è soprattutto a quest’ultima categoria che Arci Torino ha garantito almeno un pasto al giorno.

È stato complesso creare un distanziamento fisico con gli utenti, nonostante gli operatori abbiano diffuso costantemente informazioni su come utilizzare i dispositivi di protezione e su quali fossero le linee guida da rispettare durante l’emergenza.

Molte persone si sono trovate tagliate fuori dalla condivisione delle linee guida, soprattutto all’inizio. Ecco perché gli operatori di Arci Torino, fin dai primi giorni dell’emergenza, hanno deciso di realizzare materiali di informazione, tradotti in diverse lingue e distribuire dispositivi sanitari, come mascherine chirurgiche: “un ragazzo marocchino, che ha perso il lavoro e non ha una casa, mentre scrivevamo queste linee guida su alcuni cartelloni, si è reso conto di alcuni errori nella versione nella sua lingua e così si è proposto di aiutarci e di fare da traduttore con i beneficiari che parlano la sua lingua. Questo spazio è nato e continua ad un luogo di scambio in cui ognuno fa la sua parte“.

Il distanziamento sociale ha avuto un riflesso anche dal punto di vista psicologico, e in molti hanno spesso chiesto quando si tornerà a superare la distanza imposta. “Ci sono arrivate tante notizie che nei dormitori dove vivono i nostri ‘ospiti’ non c’è garanzia di distanziamento e di rispetto delle norme sanitarie di base per evitare contagi. In queste strutture si è manifestato un contagio molto diffuso sia tra le persone stesse che tra chi gli è intorno. Abbiamo vissuto giorni pieni di rabbia e frustrazione, perché ci arrivavano informazioni incomplete“, continua Marco.

Insieme ad Arci Torino e ad altre organizzazioni che operano sul territorio, stiamo lavorando per offrire un aiuto diretto e concreto alle persone senza dimora. La loro salute è ancora a rischio. Anche in questa fase, non lasciamoli indietro. Nessuno escluso.

I fondi raccolti serviranno a rinforzare il servizio alimentare, rispettando, come sempre stato, un alto standard della qualità del cibo. In secondo luogo alle persone che attraversano lo spazio di mensa, si vogliono garantire altri tipi di servizi: dal sostegno psicologico, alle attività di orientamento delle misure di welfare a cui possono accedere, all’orientamento dei servizi sociali e sanitario, anche in collaborazione ad altre realtà.