“Un patrimonio di tutti”: 15 anni senza Federico Aldrovandi

25 Settembre 2020

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Sono passati quindici anni da quella terribile notte del 25 settembre 2005 in cui Federico Aldrovandi fu ucciso a Ferrara dopo un semplice controllo della polizia, a soli 18 anni.

Sentiamo e facciamo nostre le parole di Patrizia Moretti: 15 anni dopo il dolore non passa, ma Federico è ormai diventato patrimonio di tutti, un simbolo del bisogno di giustizia tanto richiesta e spesso negata nel nostro paese“, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Episodi come questo, e il loro epilogo giudiziario, non fanno che compromettere la fiducia nelle forze di polizia. È urgente che in Italia si introducano forme di riconoscimento delle responsabilità degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico“, ha concluso Noury.

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I procedimenti giudiziari si sono svolti in un clima di forti polemiche e divisioni, oltre che di plurimi tentativi di depistaggio delle indagini.

I quattro agenti a processo – Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri – sono stati condannati in primo grado nel luglio 2009, con l’accusa di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti.

La condanna è arrivata dopo lunghe e complesse vicende giudiziarie e tra perizie contrapposte: quelle che scagionavano la polizia, vedendo nell’assunzione di droghe le cause della morte; e quelle della famiglia, che sottolineavano come l’asfissia fosse stata provocata dalla “compressione toracica” cui fu sottoposto dagli agenti di polizia.

Nel 2012 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna ai quattro agenti responsabili della morte violenta di Federico Aldrovandi a tre anni e sei mesi di carcere per “eccesso colposo in uso legittimo delle armi“.

A causa della legge sull’indulto approvata nel 2006, però, nessuno dei quattro condannati ha scontato la propria pena. Inoltre, nonostante la condanna in tutti i gradi di giudizio, i quattro agenti sono rimasti in servizio senza essere espulsi dal corpo.