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“Il governo italiano, come gli altri che lo hanno preceduto, mostra una scarsa attenzione sui diritti umani e conferma che gli affari con la Cina valgono molto di più delle gravissime violazioni compiute quotidianamente“.
Lo ha dichiarato il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury, commentando lo sbarco di Xi Jinping a Roma.
Il 21 marzo 2019 è iniziata la visita in Europa del presidente cinese Xi Jinping. Prima tappa l’Italia, per poi arrivare a Monaco e in Francia.
Una tre giorni fitta di incontri, in particolare sul tema del possibile accordo sulla Nuova Via della Seta.
Nella mattinata di venerdì 22 marzo, il presidente cinese ha incontrato il presidente Mattarella al Quirinale. Il Presidente della Repubblica, nel suo incontro, ha fatto riferimento alla necessità di un dialogo sui diritti umani. Nel pomeriggio, il saluto al presidente della Camera, Roberto Fico, e del Senato, Elisabetta Casellati.
Domani l’appuntamento più importante con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: la firma del memorandum sulla Via della Seta.
Sempre domani, a Palermo, ad accogliere la delegazione cinese ci saranno anche gli attivisti di Amnesty, che lungo il percorso mostreranno i loro cartelli in inglese per chiedere il rilascio delle persone detenuti nei “campi di rieducazione di massa”, per dire basta alla pena di morte e alle violazioni dei diritti umani “contro minoranze etniche, uiguri, tibetani e difensori dei diritti umani”.
Ci saranno, inoltre, cartelli per chiedere la liberazione di sei cinesi “ingiustamente detenuti”.
Ricordiamo infatti che nell’ultimo anno le autorità di Pechino hanno intensificato la campagna di internamenti di massa, sorveglianza abusiva, indottrinamento politico e assimilazione culturale forzata nei confronti degli uiguri, dei kazachi e di altri gruppi etnici a maggioranza musulmana dello Xinjiang. La maggior parte delle famiglie dei detenuti viene tenuta all’oscuro sulla sorte dei loro cari, altre hanno troppa paura per parlare.
Questa strategia fa parte della sistematica campagna di repressione nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang.
L’internamento di massa dei gruppi etnici prevalentemente musulmani nello Xinjiang è aumentato a partire dal marzo 2017 con l’adozione del “Regolamento sulla deradicalizzazione”. Questa norma considera “estremismo” mostrare, anche in luoghi privati, affiliazioni culturali o religiose come portare barbe “abnormemente” lunghe, indossare il velo, pregare regolarmente, digiunare, evitare di assumere alcoolici o possedere libri o articoli sull’Islam o la cultura uigura.
Un’altra fonte di sospetto è considerata il viaggiare all’estero per lavoro o per motivi di studio, soprattutto se diretti verso paesi a maggioranza musulmana, o intrattenere rapporti con persone che vivono fuori dalla Cina. Chiunque – uomo, donna, giovane, anziano, residente in città o in campagna – rischia di essere arrestato.
Chiediamo di fare luce sulla sorte di fino a un milione di persone per lo più di religione musulmana detenute in modo arbitrario e di chiudere ora i suoi campi segreti di “rieducazione” per le minoranze etniche.