Stop alle armi, stop alla guerra in Yemen: l’incontro al Senato per sollecitare i nostri Parlamentari

28 Novembre 2018

Credit: Amnesty International

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Mercoledì 28 novembre 2018 al Senato della Repubblica (sala “Caduti di Nassirya”) si è tenuto un importante dialogo pubblico che ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare i parlamentari sulla situazione in Yemen.

Dopo oltre 3 anni dall’inizio del Conflitto in Yemen sono sempre di più i civili colpiti dagli effetti devastanti della guerra.

Una guerra che ha portato la morte a quasi 85.000 bambini sotto i 5 anni e lasciato oltre l’80% della popolazione civile dipendente dagli aiuti umanitari. Una guerra condotta anche con ordigni di produzione italiana.

 Rappresentanti di organizzazioni della società civile italiana che lavorano sul tema della pace, del disarmo, dei diritti umani, dell’azione umanitaria e della cooperazione internazionale hanno lanciato un forte appello affinché venga fermato al più presto il conflitto in corso, illustrando a parlamentari e giornalisti le loro proposte.

In questa occasione di dialogo pubblico e incontro con la stampa e i parlamentari, insieme a Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo e Save the Children Italia abbiamo presentato una serie di punti che potrebbero essere oggetto di un’auspicata mozione parlamentare.

I governi dei Paesi che hanno recentemente deciso di sospendere l’invio di armamenti ad Arabia Saudita e alleati hanno esplicitamente citato la situazione umanitaria e di violazione dei diritti umani nel confitto in Yemen. L’Italia dovrebbe fare altrettanto ed inoltre il Governo dovrebbe farsi promotore a livello internazionale di una Commissione indipendente che possa valutare le violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti in conflitto” , ha dichiarato il nostro portavoce Riccardo Noury.

Mercoledì 28 novembre 2018 al Senato della Repubblica (sala “Caduti di Nassirya”) si è tenuto un importante dialogo pubblico che ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare i parlamentari sulla situazione in Yemen.

Al termine dell’incontro si è elaborata una nota, realizzata con il sostegno di Medici Senza Frontiere presente alla conferenza con una testimonianza diretta dal campo, in cui si fa appello alle convinzioni profonde di ciascun eletto ed eletta in Parlamento affinché prenda rapidamente una posizione netta ed esplicita per sollecitare il Governo italiano, in linea con le risoluzioni del Parlamento Europeo, su diversi punti:

– Attivare e promuovere iniziative concrete per la risoluzione diplomatica e multilaterale del conflitto in corso in Yemen. Occorre dunque che la comunità internazionale si impegni quanto prima, per un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. Auspichiamo azioni di rilievo e di vero protagonismo da parte del nostro Paese.

Il contesto umanitario è gravissimo in Yemen: su 29 milioni di persone 22 hanno bisogno di assistenza umanitaria”. Paolo Pezzati di Oxfam.

– Aumentare il budget destinato a questa crisi rispetto agli anni scorsi e finanziare adeguatamente il Fondo di intervento per gli aiuti umanitari, in soccorso alla popolazione civile yemenita martoriata da una catastrofe umanitaria di vaste proporzioni;

“Sono circa 85.000 i bambini sotto i cinque anni morti per fame o malattie gravi dall’inizio dell’escalation del conflitto in Yemen.  400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta, la forma più letale di fame estrema”. Maria Egizia Petroccione di Save The Children Italia.

– imporre un embargo immediato sulle armi e la sospensione delle attuali licenze di esportazione di armi a tutte le parti nel conflitto dello Yemen, in quanto è presente un chiaro rischio di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario (come testimoniano numerosi episodi di questi ultimi mesi). L’embargo dovrebbe riguardare anche tutti i tipi di armamento presenti nell’elenco comune delle attrezzature militari e delle tecnologie di uso duale dell’Unione europea al fine di garantire che nessun arma, munizione, equipaggiamento militare o tecnologia, o supporto logistico e finanziario per tali trasferimenti sia oggetto di forniture dirette o indirette alle parti in conflitto nello Yemen né possa essere di sostegno alle loro operazioni militari nello Yemen;

“La società civile è mobilitata fin dall’inizio del problema e continua ad agire a livello nazionale ed internazionale, ma non vediamo risposte concrete dalla politica”. Nicoletta Dentico di Fondazione Finanza Etica e Rete Disarmo.

attivare e finanziare il fondo per la riconversione dell’industria militare previsto nella stessa legge 185/90 anche sulla base di una discussione pubblica sull’impatto del complesso militare-industriale italiano sulla instabilità geopolitica (in particolare in Medio Oriente) e nella definizione della politica estera e di sicurezza dell’Italia;

 “È significativo il ruolo dell’Italia che negli ultimi 6/7 anni ha venduto 1,5 miliardi in sistemi d’arma in quell’area (nell’ultimo biennio il 50% delle nostre esportazioni va verso il Medio Oriente e il Nord Africa). Eppure la nostra legge è chiara e l’adesione dell’Italia al Trattato ATT e alla Posizione Comune Europea dovrebbero impedire di alimentare con nostre armi i focolai di guerra più gravi nel mondo”. Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo e Rete della Pace.

intraprendere iniziative verso le parti in conflitto affinché siano rigorosamente rispettati i divieti di bombardamento di ospedali, scuole, strutture di cura ricordando che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati da trattati e convenzioni dal diritto umanitario internazionale, che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra e che gli attacchi alle scuole sono condannati dalla Safe Schools Declaration, di cui l’Italia è tra i primi firmatari. Tutte le parti in conflitto dovrebbero inoltre evitare l’utilizzo di ordigni esplosivi in aree popolate al fine di proteggere i civili nella massima misura possibile.

“C’è voluta l’immagine di una bambina poi morta per denutrizione e l’uccisione di un giornalista a ricordarci che non possiamo più essere complici di tali sofferenze di civili, famiglie, soggetti deboli”. Roberto Scaini di Medici Senza Frontiere.

condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto in Yemen e fare pressioni affinché anche l’Arabia Saudita ratifichi il Trattato internazionale sulle munizioni a grappolo e distrugga quelle che ancora possiede;

Noi siamo parte della società civile in Sardegna, dove si producono le bombe usate nel conflitto in Yemen e sul cui territorio passano migliaia di tonnellate di esplosivo che si trasformano in ordigni (circa la metà finisce poi in Medio Oriente). Vi sembra possibile che lo stesso funzionario che certifica una canna fumaria in una abitazione sia lasciato da solo a firmare il documento che permette la triplicazione della fabbrica che produce le armi usate in Yemen? Vogliamo risposte e non possiamo più essere indifferenti e silenziosi”. Arnaldo Scarpa di Comitato Riconversione RWM.

sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le possibili violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime. Negli oltre tre anni di conflitto armato numerose sono state le segnalazioni riguardanti violazioni di diritti umani e crimini di guerra, come confermato anche nel rapporto recentemente pubblicato dal Panel of Eminent Expert delle Nazioni Unite.