“Abbandonati”. Le testimonianze di chi ha vissuto senza dimora a Torino durante il lockdown

13 Luglio 2020

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A Torino il Covid-19 ha colpito in maniera mortale. Essere senza una casa, in pieno lockdown, significava rischiare più degli altri.

Dall’oggi al domani è cambiato tutto. Passavo le mattine a leggere in biblioteca, avevo decine di posti dove mangiare. Ancora adesso quelli come me sono allo sbaraglio. Sono 5 mesi che se non fosse per il circolo Arci ‘La cricca’, avrei mangiato solo panini“.

Questa è solo una testimonianza, ma rappresenta in parte quello che hanno vissuto le centinaia di persone che in questi mesi si sono rivolte ai volontari di Arci Torino per recuperare almeno un pasto caldo. Una testimonianza cruda, diretta, senza troppi giri di parole.

Eravamo in strada e non capivamo precisamente cosa stesse accadendo. Dalla mattina alla sera passava la polizia a spiegarci che non potevamo stare in quattro su una panchina. Se non ci fossero stati i dormitori e ‘La cricca’… Tutti i posti dove eravamo abituati ad andare erano chiusi. Nei dormitori non ci sarei mai andato. Molti focolai si sono verificati proprio lì. È stato un periodo di disperazione totale, mi sono aiutato da solo“.

Una disperazione che si unisce alle difficoltà di persone che si trovano già in condizioni di dipendenza, hanno problemi psicologici e fisici, ma che cercano di lottare per una vita dignitosa: “I sussidi secondo me sono dei placebo. Quello di cui abbiamo davvero bisogno sono un lavoro e una casa. Abbiamo bisogno di vedere la possibilità di ripartire, anche se non sono sicuro di farcela“.

Mentre in strada la lotta per la sopravvivenza era disperata, la testimonianza che abbiamo raccolto di una persona che frequentava un centro di accoglienza notturno non racconta una condizione migliore.

Per settimane sono uscito solo per recuperare qualcosa da mangiare qui al circolo Arci. Nessuno mi ha informato sul virus, quello che so sulla malattia l’ho letto su internet“.

Alla reclusione, poi, si è aggiunta la paura, il contagio e l’isolamento. La persona con cui abbiamo parlato dormiva in un centro di accoglienza di Torino. “Il primo tampone l’ho fatto ad inizio aprile. ‘Positivo’. Tutte le strutture collegate alla nostra hanno avuto contagi. È stato terribile. Ricordo ancora cosa ci hanno detto quando hanno saputo dei primi casi: ‘adesso autogestitevi’. Dovevamo restare isolati dagli altri, il mangiare che ci portavano era scadente, mancavano i dispositivi di protezione. C’era una paura enorme. Solo quando abbiamo capito di essere asintomatici la situazione è migliorata“.

Grazie ai volontari di Arci Torino abbiamo voluto raccontare queste due testimonianze perché, meglio di altre parole, spiegano quanto sia fondamentale proteggere dalla pandemia le persone senza dimora.

Arci Torino è uno dei tre partner selezionato tramite un bando da Amnesty International Italia nell’ambito della campagna #NessunoEscluso, per sostenere le iniziative varate a favore di persone e gruppi vulnerabili che vivono in strutture non adeguate a fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Con il Progetto Fooding, presente in 4 comuni tra Torino e la sua provincia, le mense sono aperte tutti i giorni dalla mattina fino alle 17 e garantiscono fino a 65 pasti caldi alle persone che non hanno una casa.

Fooding nasce per offrire un pasto equo e buono a chi non se lo può permettere, ma le mense sono anche un luogo dove ricostruire legami con persone che hanno perso interazione sociale e la rete di relazioni nel contesto cittadino.

#NessunoEscluso: la campagna

Le persone senza fissa dimora sono a rischio concreto di contagio da Covid-19. Non possono restare a casa, non possono lavarsi le mani, non possono proteggersi.

Solo se oggi ci prendiamo cura anche chi non ha una casa, non ha un pasto caldo, non ha accesso ai dispositivi di protezione potremo fermare questo virus. Solo se nessuno resterà escluso dalla gestione della pandemia da Covid-19, potremo ripartire più forti domani.

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