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Il Gran premio di Formula 1 in programma nel fine settimana è l’ultima conferma del grande investimento fatto negli ultimi anni dalle autorità dell’Arabia Saudita nel cosiddetto “sportwashing”, allo scopo di distogliere l’attenzione dalla tragica situazione dei diritti umani nel paese.
Dopo una pausa coincidente con l’organizzazione del vertice virtuale del G20, nel dicembre 2020 le autorità saudite hanno ripreso a colpire i difensori dei diritti umani e chiunque avesse una visione critica nei confronti dell’operato del governo.
Secondo i dati di Amnesty International, tra il 2013 e il 2021 sono stati svolti procedimenti giudiziari per reati di opinione nei confronti di almeno 64 persone. Attualmente, 39 di loro restano in carcere. Altre sono state poste in libertà condizionale, col divieto di viaggiare all’estero, al termine della pena o stanno attendendo ancora il processo.
Nel 2021 vi sono state almeno 40 esecuzioni capitali, più del doppio di quelle registrate l’anno precedente.
“Le autorità saudite dovrebbero comprendere che il miglior modo di promuovere sé stesse è quello di rispettare i diritti umani. Se vogliono essere percepite in modo diverso, devono rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone in carcere per aver espresso pacificamente le loro opinioni, abolire i divieti di viaggio e istituire una moratoria sulla pena di morte”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“Ogni soggetto che organizza grandi eventi sportivi in Arabia Saudita, come il Gran premio di Formula 1, dovrebbe identificare, mitigare o prevenire violazioni dei diritti umani cui potrebbe direttamente o indirettamente contribuire”, ha aggiunto Morayef.