“Barometro dell’odio 2022 – Senza cittadinanza”: online la nostra nuova ricerca

31 Maggio 2022

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L’analisi dei commenti online sulla riforma della legge che regola la cittadinanza italiana: oltre uno su dieci è offensivo, discriminatorio o hate speech e più di uno su tre tocca il tema dell’immigrazione 

Amnesty International Italia ha pubblicato i risultati della sua ricerca “Il Barometro dell’odio”, giunto alla sua quinta edizione e dedicato quest’anno alla riforma della legge della cittadinanza, quanto mai urgente a 30 anni dalla sua emanazione.

La ricerca, svolta tra settembre e ottobre 2021, ha preso in analisi oltre 27.000 contenuti unici, tra post/tweet e relativi commenti di 24 pagine/profili pubblici appartenenti ad esponenti politici, testate giornalistiche e operatori della comunicazione, attivisti, personaggi del mondo della cultura.

Il progetto, dedicato al monitoraggio e all’analisi dei discorsi d’odio online, ha coinvolto 50 attivisti di Amnesty International Italia, che, affiancati da esperti nella valutazione dei contenuti, si sono interrogati su quanto e come si parla della riforma della legge 91 del 5 febbraio 1992 che regola la cittadinanza italiana.

Dall’analisi è emerso che della riforma della legge 91/1992 si parla molto poco e in maniera prevalentemente polemica: su 10 commenti che toccano questo tema quasi 8 hanno accezione negativa (76,5%) e più di 1 (14,8%) è offensivo e/o discriminatorio o hate speech. Gli “hater” guardano agli italiani senza cittadinanza come a degli stranieri, complice un dibattito che talvolta associa in modo fuorviante la riforma della cittadinanza ai flussi migratori. Un contenuto su 3 sulla riforma verte anche sull’immigrazione e ricorrono spesso toni xenofobi e/o razzisti.

Migranti/rifugiati e persone con background migratorio sono al secondo posto tra i bersagli dei commenti offensivi e/o discriminatori o hate speech.

Nell’ambito di questa edizione del Barometro dell’odio, inoltre, sono state raccolte inoltre 11 interviste tra persone che sono/sono state direttamente discriminate dalla legge 91/1992. Secondo gli intervistati la disinformazione e della scarsa visibilità di questo tema hanno una forte influenza sulla discriminazione online e offline. Molti individui non comprendono cosa significa riformare la legge sulla cittadinanza, anche a causa del ricorso costante di un linguaggio tecnico, a volte strumentale, da parte della politica; né conoscono la platea di beneficiari di una riforma. Del resto – come ci hanno raccontato gli intervistati – i protagonisti di questa battaglia sono poco rappresentati, sono “fantasmi” e, quando è dato loro spazio, a volte è fatto in modo stigmatizzante; solo di rado è mostrata l’immensa pluralità di persone italiana in tutto e per tutto, tranne che sui documenti.*

Il dibattito generale: 1 commento su 10 è problematico, 1 su 100 è hate speech. Bersaglio preferito degli hater sono le donne

Allargando lo sguardo alla totalità dei contenuti analizzati in questa edizione viene confermata la tendenza degli anni precedenti: 1 commento su 10 è offensivo e/o discriminatorio o hate speech e restringendo ai soli discorsi d’odio l’incidenza è di 1 su 100. A generare più interazioni da parte degli utenti sono i post/tweet problematici: con una media di quasi 2000 like, poco meno di 500 condivisioni e oltre 500 commenti, dimostrano di coinvolgere gli utenti molto più di quanto non facciano quelli neutri o positivi.

Se migranti, rifugiati e persone con background migratorio sono al secondo posto tra i target più presenti nei commenti problematici, al primo troviamo le donne e al terzo gli individui o le organizzazioni impegnate in attività umanitarie e solidali. Soffermandoci sui soli casi di discorso d’odio tra i commenti degli utenti, troviamo come target preferiti la comunità musulmana, quella rom e migranti/rifugiati/persone con background migratorio.

I temi che generano più commenti problematici sono rom (59,4%), immigrazione (37,3%), minoranze religiose (30,8%), lgbtqia+ (28,5%), donne (26,5%).

Quello della cittadinanza è un tema di diritti fondamentali e solo chi non lo considera tale lo vede come ‘controverso’. Il passo per considerarlo ‘minaccioso’ è breve e produce risultati nefasti. I risultati del nostro barometro lo evidenziano chiaramente” afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International. “L’odio che abbiamo rilevato è figlio di una narrativa tossica, secondo la quale dare diritti a un gruppo significa toglierli a un altro: è questa la narrativa da sconfiggere”.

La ricerca completa “Barometro dell’odio 2022 è disponibile al seguente link.