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L’agenzia di stampa saudita “Saudi Press Agency (SPA)” ha riportato questa mattina la notizia della centesima esecuzione avvenuta in Arabia Saudita dall’inizio del 2023.
Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e Africa del nord di Amnesty International, ha dichiarato:
“In netto contrasto con le ripetute promesse dell’Arabia Saudita di limitare l’uso della pena di morte, le autorità saudite hanno già messo a morte 100 persone quest’anno, manifestando il loro inquietante disprezzo per il diritto alla vita. La spietata spirale di sangue delle autorità suscita seri timori per la vita dei giovani uomini nel braccio della morte che erano minorenni al momento dei reati”.
“L’Arabia Saudita è uno dei principali esecutori di condanne a morte al mondo. Amnesty International ha documentato numerosi casi in cui le autorità hanno condannato a morte persone per motivi che vanno da pochi tweet a reati legati alla droga, in seguito a processi gravemente iniqui e ben lontani dagli standard internazionali dei diritti umani”, ha proseguito Morayef.
“Solamente nel mese di agosto, l’Arabia Saudita ha messo a morte in media quattro persone a settimana, tra cui un cittadino pakistano per contrabbando di droga. La pena di morte è vietata dal diritto internazionale per reati legati alla droga, che non rientrano nella categoria dei ‘crimini più gravi'”, ha concluso Heba Morayef.
Nel 2022, l’Arabia Saudita ha commesso 196 esecuzioni, il numero più alto mai documentato da Amnesty International nel paese in 30 anni. Questo dato è triplicato rispetto al 2021 ed è sette volte superiore a quello del 2020.
Nel novembre 2022, le autorità saudite hanno ripreso le esecuzioni per reati legati alla droga, ponendo fine a una moratoria che la Commissione saudita per i diritti umani aveva dichiarato essere in vigore dal gennaio di quell’anno. Nonostante le promesse delle autorità di ridurre le esecuzioni in casi non previsti dalla Sharia (legge islamica), hanno continuato a mettere a morte persone per vari reati.
I tribunali continuano regolarmente a condannare persone a morte. Nel luglio 2023, il Tribunale penale specializzato dell’Arabia Saudita ha condannato Mohammad al-Ghamdi a morte esclusivamente per alcuni tweet di critica alle autorità saudite. Suo fratello, Nasser, ha dichiarato ad Amnesty International che la condanna a morte è stata un atto di rappresaglia per le sue opinioni politiche personali.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi senza eccezioni, indipendentemente dalla natura o dalle circostanze del crimine, dalla colpevolezza o innocenza dell’individuo o dal metodo utilizzato dallo stato per eseguire l’esecuzione.
A oggi, 112 stati hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini e più di due terzi in totale sono abolizionisti in legge o pratica