Pena di morte: una punizione da consegnare alla storia

29 Maggio 2024

Stefano Montesi - Corbis

Tempo di lettura stimato: 12'

La pena di morte è una punizione crudele, disumana e degradante che ormai la maggior parte degli stati del mondo ha consegnato alla storia. 

Fin dalla nostra fondazione nel 1961, abbiamo iniziato a fare pressione attraverso gli appelli per fermare le esecuzioni dei prigionieri di coscienza, vale a dire persone detenute solo per il pacifico esercizio dei propri diritti. 

Negli anni, ci siamo impegnati sempre di più contro la pena capitale a prescindere dal reato commesso. A livello internazionale siamo, ad esempio, tra i membri fondatori della Coalizione mondiale contro la pena di morte. In Italia, dal 2014 collaboriamo con la Task force contro la pena di morte, istituita dal ministero degli affari esteri.

Ogni anno diffondiamo un rapporto sulla pena di morte nel mondo, fornendo dati e informazione dettagliate.

SFOGLIA IL RAPPORTO 2023

La pena di morte nel 2023

Il numero delle esecuzioni registrate nel 2023 è il più alto da quasi un decennio. Nonostante questo aumento, il numero degli stati che hanno eseguito condanne a morte ha raggiunto un minimo storico. Le condanne alla pena capitale sono state 2428, il 20 per cento in più rispetto al 2022.

  • 1153 esecuzioni, record dal 2015
  • 16 stati hanno eseguito condanne a morte
  • 144 stati hanno abolito nella legge o nella pratica la pena di morte
  • 4 stati hanno messo a morte delle donne: Cina, Iran, Arabia Saudita e Singapore

 

Dove è ancora in vigore la pena di morte?

La pena di morte è stata abolita in più della metà degli stati del mondo: 112 stati sono totalmente abolizionisti, 23 stati sono considerati abolizionisti di fatto perché non eseguono condanne a morte da almeno 10 anni o hanno assunto l’impegno a livello internazionale a non ricorrere alla pena capitale; altri nove stati hanno cancellato la pena di morte per i reati ordinari. In totale, dunque, 144 stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella prassi; 55 stati la mantengono in vigore, ma quelli che eseguono condanne a morte sono un terzo.

 

 

Quali sono gli stati dove sono avvenute più esecuzioni?

Quasi il 90 per cento delle esecuzioni registrate ha avuto luogo in soli due paesi del Medio Oriente e Africa del Nord: in Iran (74%) e in Arabia Saudita (14%). Negli Usa i progressi degli ultimi anni hanno segnato il passo. Altri passi indietro sono stati registrati nell’Africa subsahariana, dove sono aumentate sia le condanne a morte che le esecuzioni. Il dato non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina.

 

cifre

 

Quali sono i crimini puniti con la pena di morte?

Il diritto internazionale dei diritti umani stabilisce che le esecuzioni dovrebbero limitarsi ai “reati più gravi”, ma gli illeciti per i quali è prevista la pena di morte sono molteplici e profondamente diversi da stato a stato: la maggior parte dei mantenitori la prevede per l’omicidio, altri per terrorismo o reati contro l’ordine costituito, altri ancora per apostasia o reati a sfondo religioso. In alcuni stati, si può essere condannati a morte per adulterio o per aver stretto una relazione omosessuale, anche se consensuale.

Esistono ordinamenti giuridici che prevedono la pena più crudele anche per reati comuni come il traffico di droga.

Esecuzioni per reati di droga sono state registrate in Cina (sebbene non se ne conosca il numero), Iran (481), Arabia Saudita (19), e Singapore (5) , Kuwait (1) e hanno costituito il 44 per cento del totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2023.

 

"Nel 2023, almeno 1153 persone sono state messe a morte in 16 stati: è la cifra più alta registrata dal 2015. Il dato non include le migliaia di esecuzioni che riteniamo siano state eseguite in Cina. Leggi il nostro rapporto sulla #penadimorte https://bit.ly/453GRTG"

Archivio privato

 

Il rapper iraniano Toomaj Salehi è stato condannato a morte per “corruzione sulla terra” da un tribunale rivoluzionario. Salvo brevi periodi di libertà, l’artista è detenuto da oltre un anno per accuse relative al contenuto delle sue canzoni e per aver sostenuto il movimento “Donna Vita Libertà”.

Toomaj Salehi è un fervido sostenitore delle proteste antigovernative scoppiate dopo la morte di Mahsa Jina Amini, la 22enne che aveva perso la vita dopo essere stata posta in custodia perché non portava correttamente il velo. Nei suoi brani il rapper chiede la libertà per i detenuti ingiustamente imprigionati e la fine della repressione. Nei suoi versi trovano spazio anche la denuncia della povertà e della corruzione.

Salehi ha raccontato di essere stato sottoposto a torture e tenuto in isolamento prolungato.

Unisciti a noi per fermare l’esecuzione di Toomaj. Firma l’appello alla Guida Suprema dell’Iran.

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5 motivi per dire NO alla pena di morte

La Dichiarazione universale dei diritti umani e altri trattati regionali e internazionali, che chiedono l’abolizione della pena di morte, riconoscono il diritto alla vita. Un riconoscimento sostenuto anche dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, nel 2007 e nel 2008, ha adottato una risoluzione che chiede, fra l’altro, una moratoria sulle esecuzioni, in vista della completa abolizione della pena di morte.

Una difesa legale inadeguata, le false testimonianze e le irregolarità commesse da polizia e accusa sono tra i principali fattori che determinano la condanna a morte di un innocente. In alcuni paesi, il segreto di Stato che circonda la pena capitale impedisce una corretta valutazione di questo fenomeno.

Nessuno studio ha mai dimostrato che la pena di morte sia un deterrente più efficace di altre punizioni.

Eseguendo una condanna a morte, lo stato commette un omicidio e dimostra la stessa prontezza del criminale nell’uso della violenza fisica. Alcuni studi hanno non solo dimostrato come il tasso di omicidi sia più alto negli stati che applicano la pena di morte rispetto a quelli dove questa pratica è stata abolita, ma anche come questo aumenti rapidamente dopo le esecuzioni.

Qualunque sia il metodo scelto per uccidere il condannato, l’uso della pena di morte nega la possibilità di riabilitazione, di riconciliazione e respinge l’umanità della persona che ha commesso un crimine.

Il nostro lavoro contro la pena di morte salva vite

Questa storia spiega perché le firme, le mobilitazioni, la sensibilizzazione servono e possono salvare delle vite.
Magai aveva solo 15 anni quando era stato condannato in Sud Sudan alla pena capitale. Anche grazie al nostro lavoro di denuncia e pressione, la notizia della sua condanna a morte ha fatto il giro del mondo. Centinaia di migliaia di persone come te hanno firmato appelli e fatto pressione sulle autorità per chiedere di annullare la condanna a morte. Ha funzionato!
Magai non sarà messo a morte.


Un film, un libro e un podcast