Crisi dei rohingya: accordo tra Bangladesh e Myanmar per il rimpatrio

29 Novembre 2017

© Paula Bronstein/Getty Images

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governi di Bangladesh e Myanmar hanno firmato un accordo per rimpatriare gli oltre 700.000 rifugiati rohingya fuggiti da uccisioni illegali, stupri e incendi di interi villaggi nel corso di operazioni militari condotte nel nord dello stato di Rakhine tra l’ottobre 2016 e l’agosto 2017. Il progetto prevede di trasferire oltre 100.000 rifugiati rohingya sull’isola di Thenger Char.

Sarebbe un terribile errore trasferire i rifugiati rohingya su un’isola inabitabile, lontana da ogni altro insediamento di rifugiati e soggetta a inondazioni“, ha dichiarato in una nota ufficiale Biraj Patnaik, direttore di Amnesty International per l’Asia meridionale.

Dopo aver aperto le porte a oltre 600.000 rohingya negli ultimi tre mesi, il Bangladesh oggi rischia di compromettere la loro protezione e di rovinare la reputazione internazionale che aveva meritato. Nel disperato intento di vedere i rohingya fuori dai campi e infine rientrati in Myanmar, le autorità di Dacca stanno mettendo a rischio la loro sicurezza e il loro benessere“, ha aggiunto Patnaik.

Thenger Char, nota anche come Bhashan Char, è emersa dal mare solo 11 anni fa. Durante la stagione dei monsoni, è fortemente a rischio di inondazione.

La comunità umanitaria ha lanciato l’allarme rispetto ai pericoli cui incorrerebbero i rohingya se venissero trasferiti su quella che è generalmente considerata un’isola inabitabile, situata a due ore di distanza dal più vicino insediamento, e alle difficoltà di far arrivare ai rifugiati rohingya gli aiuti umanitari.

Il Bangladesh dovrebbe posticipare ogni accordo sui rimpatri fino a quando non vi saranno le condizioni per il ritorno volontario dei rifugiati in condizioni di sicurezza e dignità“, ha concluso Patnaik.

Nei giorni scorsi la visita ufficiale del Papa in Myanmar ha contribuito ad attirare l’attenzione internazionale sulla crisi di rifugiati provocata dalla pulizia etnica in atto contro la minoranza rohingya.

A fare scandalo durante questa visita è stata l’insistenza del comandante delle forze armate di Myanmar, Min Aung Hlaing, secondo il quale ‘non c’è alcuna discriminazione tra gruppi etnici’ nel paese. La realtà è che le autorità di Myanmar hanno intrappolato i rohingya in un sistema di repressione e segregazione che equivale al crimine contro l’umanità di apartheid. Negli ultimi mesi le forze armate di Myanmar, di cui Min Aung Hlaing è comandante, hanno portato avanti una crudele campagna di pulizia etnica contro i rohingya” ha sottolineato in una nota ufficiale Ming Yu Hah, vicedirettrice delle campagne sull’Asia sudorientale e il Pacifico di Amnesty International.