Crisi in Myanmar, la denuncia delle Nazione Unite

6 Marzo 2018

© K M Asad/LightRocket/Getty Images

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Le Nazioni Unite ritornano a denunciare la crisi in Myanmar: migliaia le persone rohingya vittime di una campagna di pulizia etnica.

Si tratta di un’ulteriore prova che qualsiasi piano per il rimpatrio organizzato dei rifugiati rohingya dal Bangladesh è estremamente prematuro – ha dichiarato in una nota ufficiale James Gomez, direttore di Amnesty International per l’Asia sudorientale e il Pacifico –. Nessuno dovrebbe essere riportato in Myanmar fino a quando non sia possibile per i rohingya farlo volontariamente, in sicurezza e dignità – il che è chiaramente impossibile al momento“.

Crisi in Myanmar: fermare ora il commercio di armi e le sanzioni

I nostri ricercatori sul campo hanno raccolto nuove prove della devastante campagna delle forze di sicurezza di Myanmar contro i rohingya nello stato di Rakhine.

L’obiettivo dell’esercito pare essere quello di rendere il nord dello stato di Rakhine invivibile per la residua popolazione civile rohingya, dopo che la campagna militare lanciata lo scorso agosto ha causato la fuga in Bangladesh di oltre 688.000 persone.

A scatenare la campagna una trentina di attacchi a postazioni dell’esercito da parte del gruppo armato chiamato Esercito di salvezza Arakhan.

Le persone arrivate in Bangladesh hanno raccontato che è stata soprattutto la fame, frutto di una deliberata strategia dell’esercito di Myanmar, a spezzare la loro determinazione a rimanere nei villaggi. Il culmine è stato il divieto loro imposto di raggiungere i campi di riso nel momento della raccolta, tra novembre e dicembre. I soldati hanno anche preso parte, o lo hanno almeno facilitato, al furto del bestiame e all’incendio dei mercati locali, impedendo l’accesso agli altri centri di vendita.

A questo vanno aggiunte le forti restrizioni all’ingresso degli aiuti umanitari nel nord dello stato di Rakhine.

Crisi in Myanmar: cosa chiediamo

Le autorità di Myanmar – ha concluso Gomez – devono porre fine a tutte le operazioni che mirano ad allontanare forzatamente i rohingya dalla loro terra, o con le armi o portandoli alla fame. Per la comunità internazionale inoltre non è più rimandabile il momento di intervenire in maniera significativa, anche imponendo un embargo sulle armi e sanzioni mirate“.