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Il 3 aprile José Daniel Ferrer García, leader dell’Unione patriottica di Cuba, la principale formazione di opposizione, è stato condannato a quattro anni e mezzo, che trascorrerà agli arresti domiciliari, per i reati di “lesioni” e “privazione della libertà“.
Nel 2003 aveva fatto parte dei 75 dissidenti arrestati nel corso della cosiddetta “primavera nera” ed era stato condannato a 25 anni di carcere. Posto in libertà condizionata nel 2011, da allora era stato fermato più di 100 volte fino all’ultimo arresto, avvenuto nell’ottobre 2019.
“La notizia che trascorrerà la condanna a casa, invece di rimanere in carcere a rischiare di essere contagiato dal Covid-19, sia confortante, resta il fatto che José Daniel Ferrer García non avrebbe mai dovuto essere arrestato e che la sentenza è vergognosa. Le autorità cubane hanno fatto capire ancora una volta che non tollerano le voci critiche e hanno mostrato di nuovo il loro disprezzo per la libertà d’espressione e il diritto a un processo equo“, ha dichiarato in una nota ufficiale Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
Durante il periodo di detenzione che ha preceduto il processo, ha denunciato di essere stato sottoposto a maltrattamenti e torture.
Le autorità di Cuba hanno impedito alla stampa e a nostri rappresentanti e dell’Unione europea di assistere al processo.
“Di fronte al pericolo della diffusione della pandemia nelle prigioni cubane, sollecitiamo il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, tra cui il giornalista indipendente Roberto Quiñones Haces e cinque membri dell’Unione patriottica di Cuba, attualmente in carcere solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni“, ha concluso Guevara-Rosas.