Difendiamo le persone, non i confini

31 Gennaio 2024

Photo by Valeria Ferraro/Anadolu Agency via Getty Images

Tempo di lettura stimato: 4'

Articolo a cura di Serena Chiodo, Ufficio Campagne.

Lo scorso novembre è stato approvato alla camera il decreto Migranti. Un provvedimento con cui il governo prevede di fatto la possibilità di derogare ad alcune garanzie, anche in presenza di soggetti di minore età. In attesa della posizione del Senato sono molti gli aspetti critici già rilevati. In primis, la possibilità, in caso di flussi considerati intensi, di superare del 100 per cento la capienza delle strutture di accoglienza, del 50 per cento in caso di centri per minori. Proprio sui minori sembra essersi focalizzato il governo, ma non in senso protettivo: il decreto prevede verifiche specifiche per accertare che chi dichiara di avere meno di 18 anni stia dicendo il vero e conferma la possibilità di trasferire gli ultra sedicenni nei centri per adulti. Dall’inizio dell’anno sono stati numerosi i provvedimenti con cui l’esecutivo ha gettato le basi per prassi di esclusione ed erosione del diritto alla protezione. Del resto, che l’intento governativo non fosse incentrato sulle tutele si era già visto all’inizio dell’anno, con il DL 1/2023 (convertito in L. 15/2023), focalizzato sulle operazioni delle Ong di ricerca e soccorso, che vietava i soccorsi multipli e istituiva la prassi dei porti lontani.

Il naufragio sulle coste di Cutro e l’ennesima tragica perdita di vite umane non ha portato al ripensamento di politiche e normative, al contrario: con il DL 20/2023 (convertito in L. n. 50/2023) si è deciso di tagliare sull’accoglienza, eliminando dai Cas servizi necessari come il sostegno alla formazione linguistica e il supporto psicologico.
A questo si è aggiunto un ampliamento della lista dei paesi sicuri (con l’inclusione di Tunisia e Nigeria), l’aumento dei tempi di detenzione nei Cpr fino a un massimo di 18 mesi e l’introduzione della possibilità di pagare una somma di denaro di quasi 5000 euro per evitare il trattenimento. Come sottotraccia, un costante impegno sull’esternalizzazione: dopo il rinnovo automatico del Memorandum con la Libia e il protagonismo nelle negoziazioni per quello tra Ue e Tunisia, il governo ha annunciato l’accordo con l’Albania. Le tutele spariscono dietro un modello che insiste su norme di deterrenza, come definite da alcuni esponenti politici. Ma le persone non smetteranno di spostarsi da crisi e conflitti: semplicemente, e tristemente, la loro vita sarà ancora più difficile.
L’Italia non è sola: tutta l’Ue sembra non volersi allontanare da questo approccio, che insiste sulla difesa dei confini e non delle persone. Il principio di solidarietà tra stati membri naufraga nelle discussioni relative al Patto europeo sulle migrazioni, in cui l’unica sinergia trovata finora è sulla riduzione degli standard di protezione.

Di fatto, la cornice che sta costruendo l’Ue è sempre più basata su questi cardini: esternalizzazione; assenza di politiche di ingresso comuni e di operazioni di ricerca e soccorso; normalizzazione di misure d’emergenza per gestire gli arrivi.

 

Questo articolo è stato pubblicato sulla nostra rivista I Amnesty.

Scarica I Amnesty in formato digitale!