Egitto, morte sospetta di un economista vittima di sparizione forzata

15 Aprile 2022

Photo: Ayman Hudhud's Facebook page

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Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane ad assicurare indagini indipendenti, imparziali e reali sulla morte sospetta di Ayman Hudhud, 48 anni, economista ed esponente del Partito della riforma e dello sviluppo, deceduto nell’ospedale psichiatrico di Abassiya dopo che il 5 febbraio era stato vittima di una sparizione forzata.

Dal canto suo, attraverso un’indagine basata sull’analisi di documenti ufficiali e delle immagini del cadavere, e su interviste a testimoni e ad altre fonti, Amnesty International ritiene assai probabile che Hudhud sia stato torturato prima di morire.

Le autorità hanno informato i familiari di Hudhud della morte solo il 9 aprile e hanno ordinato un’autopsia solo l’11 aprile, sebbene secondo il certificato di morte il decesso risalisse al 5 marzo.

Sia la procura che il ministero dell’Interno hanno negato qualsiasi responsabilità ma hanno diffuso versioni contraddittorie e implausibili sulle cause e le circostanze della morte di Hudhud.

Dopo la sua morte, la direzione dell’ospedale psichiatrico di Abassiya ha ammonito il personale a non parlarne con nessuno, altrimenti avrebbe fatto una segnalazione all’Agenzia per la sicurezza nazionale, i servizi segreti civili egiziani.

La famiglia ha perso i contatti con Hudhud la sera del 5 febbraio. Tre giorni dopo, l’Agenzia per la sicurezza nazionale ha convocato per interrogatori uno dei suoi fratelli. In quell’occasione ha comunicato che Hudhud era trattenuto nella stazione di polizia di Abassiya e che non era possibile incontrarlo.

Secondo una fonte dell’ospedale psichiatrico di Abassiya, Hudhud vi è stato trasferito il 14 febbraio. I familiari sono venuti a saperlo per altre vie solo quattro giorni dopo, e hanno provato più volte a fargli visita, senza successo: il personale dell’ospedale ha prima negato che Hudhud si trovasse lì, poi ha chiesto una lettera di autorizzazione alle visite da parte della procura.

Il 23 febbraio un mediatore, a cui la famiglia di Hudhud si era rivolto per cercare un contatto coi servizi di sicurezza, ha incontrato il direttore dell’ospedale psichiatrico di Abassiya, il quale ha confermato che Hudhud era sotto osservazione per un periodo di 45 giorni, in un reparto sotto il controllo dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, motivo per cui non era possibile fargli visita.

Il 4 aprile un amico di Hudhud ha ricevuto una telefonata dall’interno dell’ospedale psichiatrico di Abassiya, che lo informava che l’uomo era morto un mese prima. Cinque giorni dopo, un agente di polizia ha informato della morte un fratello di Hudhud, chiedendo di venire a recuperare la salma.

Quando la famiglia ha chiesto il permesso di sepoltura, la procura ha risposto che della vicenda si era già occupato un ente che gestisce un cimitero dove vengono sepolti i corpi non reclamati.

La stessa procura, il 12 aprile, ha annunciato l’apertura di un’indagine, precisando che la morte “non era sospetta” e che con ogni probabilità Hudhud aveva contratto il Covid-19. A seguito dell’autopsia eseguita il giorno prima, sempre secondo la procura, non erano state ravvisate ferite. Pertanto, il decesso doveva essere stato causato da “un profondo calo della pressione sanguigna, seguito da un arresto cardiaco”.

Derrick Pounder, un medico forense indipendente che ha esaminato la salma dopo l’autopsia, ha riferito ad Amnesty International una serie di segni sugli avambracci e sul lato sinistro del volto di Hudhud. Questi segni non potevano essere riferibili al normale processo di decomposizione del corpo, bensì a “ferite ripetute e sistematiche inflitte quando era ancora in vita, in altre parole maltrattamenti o torture” dovuti più a bruciature che a pestaggi.

L’analisi di Pounder è corroborata da due testimoni oculari che hanno notato ferite al volto e alla testa di Hudhud il 10 aprile, quando il corpo era nella camera mortuaria in attesa che venisse eseguita l’autopsia.

Secondo le versioni diffuse il 10 aprile dal ministro dell’Interno e il 12 aprile dalla procura, il 6 febbraio Hudhud avrebbe tentato di forzare un appartamento nel quartiere cairota di Zamalek. Fermato dal portiere, avrebbe iniziato a “comportarsi in modo irresponsabile” essendo affetto da “schizofrenia, scarsa concentrazione e attenzione, manie persecutorie e di grandezza” e a “delirare in modo incomprensibile”. Pertanto, il 7 febbraio sarebbe stato trasferito in un ospedale psichiatrico.

Secondo un agente di polizia in servizio presso l’ospedale psichiatrico di Abassiya, Hudhud non vi sarebbe stato ricoverato fino al 23 febbraio. Un altro agente di polizia ha dichiarato che l’uomo era stato arrestato perché “aveva tentato di rubare un’automobile”.

La famiglia ha dichiarato che Hudhud era stressato e preoccupato per la sua situazione finanziaria ma teme che queste condizioni possano essere usate per nascondere il fatto che sia stato ucciso.

Sui suoi profili social, Hudhud criticava regolarmente le politiche economiche del governo.