Tempo di lettura stimato: 5'
Quest’anno Federico Aldrovandi avrebbe compiuto 32 anni. La sua morte violenta, avvenuta 14 anni fa, nella notte del 25 settembre del 2005, in questi anni è diventata drammaticamente nota.
Federico è morto a soli 18 anni: stava tornando a casa dopo una notte passata fuori quando incontrò sulla sua strada quattro agenti di polizia. Un semplice controllo che si trasformò in qualcosa di terribile.
La morte di Federico Aldrovandi è stato uno dei casi di cronaca più discussi degli ultimi anni in Italia e ancora oggi causa divisioni e sofferenze. Le indagini iniziarono a rilento per una serie di depistaggi e il processo sull’omicidio fu molto difficile, mentre le condanne molto contestate (da chi le voleva più lunghe e da chi chiedeva l’assoluzione degli imputati).
Per quella morte i quattro agenti – Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri – sono stati condannati in via definitiva, nel 2012, a tre anni e sei mesi per eccesso colposo in uso legittimo delle armi – tre anni poi cancellati dall’indulto. Per loro non c’è stata l’espulsione dal corpo di polizia.
I quattro agenti furono condannati in primo grado nel luglio 2009. L’accusa era di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti.
La prima a chiedere verità e giustizia dalle pagine del suo blog fu Patrizia Moretti, mamma di Federico, che raccontò la storia del figlio in un post che divenne tra i più letti in Italia nei primi mesi del 2006.
Poi venne la richiesta di molti cittadini di Ferrara e dell’allora sindaco, affinché si facesse luce sul caso.
Alla condanna si arrivò tra perizie contrapposte: quelle che scagionavano la polizia, vedendo nell’assunzione di droghe le cause della morte; e quelle della famiglia, che sottolineavano come l’asfissia fosse stata provocata dalla ‘compressione toracica’ cui fu sottoposto dagli agenti di polizia.
Grazie alla legge sull’indulto del 2006, la pena non fu mai scontata.
Nel 2010 viene stabilito il risarcimento di 2 milioni di euro nei confronti della famiglia di Aldrovandi. In quello stesso anno la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza emessa in primo grado.
Nel 2012, dopo il ricorso in Cassazione, arriva la condanna definitiva a 3 anni e 6 mesi.
Il 3 febbraio 2017 La Corte dei Conti d’appello riconosce agli agenti l’indulto amministrativo. Lo sconto sulla pena dei quattro agenti era stato richiesto precedentemente dall’avvocato difensore di Monica Segatto.
Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani in un paese. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione delle violazioni, il riconoscimento delle eventuali responsabilità ed una complessiva trasparenza sul loro operato.
Da anni lavoriamo affinché, in Italia si introducano forme di accountability (ovvero la responsabilità di rendere conto delle proprie azioni in modo trasparente) nell’operato delle forze di polizia.
A questo proposito, nell’ottobre del 2018 abbiamo lanciato una campagna per chiedere l’introduzione, anche in Italia, di codici identificativi sulle uniformi e sui caschi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico.
Riteniamo ormai urgente che sia varata una normativa in linea con gli standard internazionali, che preveda l’utilizzo di codici identificativi alfanumerici ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico e che stabilisca che l’inosservanza di detto obbligo venga sanzionata.
Il nostro auspicio è quello di intavolare un dialogo costruttivo con tutte le parti interessate, compresi i sindacati delle forze di polizia.
Per tutti dubbi e le domande frequenti è possibile consultare questa pagina dedicata