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In occasione dell’anniversario dello scoppio del conflitto in Yemen, insieme ad un’ampia coalizione, composta da gruppi, movimenti e Ong della società civile di dieci paesi europei – tra cui l’Italia – rinnoviamo ai governi europei la richiesta di porre fine alle vendite di armi destinate ad alimentare questo drammatico conflitto e di fermare qualsiasi ruolo degli stati europei nella sofferenza causata alla popolazione yemenita.
La notte del 25 marzo 2015, la Coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita ha lanciato il suo primo attacco contro lo Yemen. La guerra che infuria da allora nel Golfo di Aden è descritta dalle Nazioni Unite come “il peggior disastro umanitario causato dall’uomo“. Solo nel 2019, ci sono stati più di 3.000 decessi diretti e 24 milioni di persone dipendono attualmente dall’aiuto umanitario.
Solo tra il 2015 e il 2018 i governi europei hanno concesso licenze per 42 miliardi di euro di armi in controvalore alla Coalizione a guida saudita, che le ha utilizzate nel conflitto dello Yemen. Recentemente alcuni stati hanno introdotto limitazioni alla vendita di armi all’Arabia Saudita e agli altri paesi della coalizione militare impegnati nel conflitto in Yemen. Le fabbriche di armi stanno facendo pressione sui singoli governi per giungere ad una eliminazione delle restrizioni nazionali esistenti.
Per questo motivo insieme a altre organizzazioni della società civile avevamo organizzato per il 25 marzo una “Giornata di azione” europea pianificando eventi, flash mob e spettacoli contro le esportazioni di armi verso gli stati in guerra nello Yemen, cancellati a causa della pandemia di Covid-19 e trasformati in proteste virtuali.
Le azioni che suggeriamo in questa giornata simbolica per il conflitto in Yemen sono:
La richiesta è chiara: imporre un embargo sulle armi in tutta l’Unione europea nei confronti di tutti gli stati membri della Coalizione guidata dai sauditi e tutte le parti in causa nel conflitto. Questo embargo non dovrebbe consentire alcuna eccezione per le licenze di esportazione già concesse o le consegne di componenti nell’ambito di progetti comuni europei.
Dal 2015 tutte le parti coinvolte nel confitto in Yemen hanno commesso gravi e ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario.
Le forze Huthi, che controllano buona parte dello Yemen, hanno bombardato indiscriminatamente centri abitati e lanciato missili, in modo altrettanto indiscriminato, verso l’Arabia Saudita. La Coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che appoggia il governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale, continua dal canto suo a bombardare infrastrutture civili e a compiere attacchi indiscriminati, che uccidono e feriscono centinaia di civili.
Tutte le parti in conflitto hanno soppresso la libertà d’espressione ricorrendo a detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture.
La popolazione civile è intrappolata nel conflitto e sopporta le conseguenze peggiori. Tra morti e feriti, le vittime di questi cinque anni sono state oltre 233.000. Sono invece 12.366 i morti tra la popolazione civile tra il 25 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno. La crescente crisi umanitaria ha portato circa 14 milioni di persone alla fame, e in cinque anni di conflitto ha fatto aumentare di 4,7 milioni il numero di persone sui 17 totali (di cui 7 in modo acuto) che soffrono di insicurezza alimentare. La situazione è stata esacerbata da anni di cattivo governo, che hanno favorito la diffusione della povertà e dato luogo a immense sofferenze.
Inevitabilmente, data la natura prolungata del conflitto e l’uso di tattiche militari illegali da parte di tutti i soggetti coinvolti, l’assistenza alla popolazione civile è a un punto di rottura.
La sopravvivenza di circa 24 milioni di yemeniti dipende dall’assistenza umanitaria.
Inoltre un nuovo problema si profila all’orizzonte: se in Italia il Covid-19 sta provocando la più grave emergenza sanitaria ed economica dalla fine della seconda guerra mondiale, non riusciamo davvero ad immaginare le conseguenze del contagio in un paese distrutto e poverissimo come lo Yemen.
Un Paese in cui solo il 50% delle strutture sanitarie è in funzione, essendo gli ospedali ancora bombardati, l’80% della popolazione non ha quasi nulla, si contano milioni di sfollati e si sono già registrati oltre 2,3 milioni di casi di colera. Se la nuova pandemia da Covid-19 colpisse lo Yemen, gli effetti sarebbero devastanti e si potrebbe verificare una crescita esponenziale di casi, che andrebbero a sommarsi a quelli di colera che già riguardano milioni di persone.
Insieme a Rete disarmo, il network di organizzazioni di cui facciamo parte, partecipano all’iniziativa europea: CAAT, Regno Unito; Urgewald, Germania; Ohne Rüstung leben, Germania; Stop Wapenhandel, Paesi Bassi; Vredesactie, Belgio; Centre Delàs per la Pau J.M. Delàs, Spagna; NESEHNUTÍ, Repubblica Ceca; Agir pour la Paix, Belgio; Svenska Freds, Svezia; Sadankomitea, Finlandia; Stop Fueling War, Francia; Aktion Aufschrei, Germania; DFG-VK, Germania