Il grido di libertà della meglio gioventù iraniana

27 Gennaio 2023

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Fa freddo d’inverno a Mashhad. La sera del 12 dicembre c’è una gru nella piazza. Si sente il brusio delle persone accorse per vedere lo spettacolo. Ma non ci sono artisti, solo un boia e un ragazzo di 23 anni appeso a una corda.

Mashhad è una grande città nel nord-est dell’Iran dove è stato messo a morte Majidreza Rahnavard. Una punizione esemplare per tentare di terrorizzare le migliaia di persone che sono scese nelle strade di tutto l’Iran dopo la morte di Mahsa Amini, ventiduenne curda ammazzata di botte dalla cosiddetta “polizia morale” per aver indossato male il velo.

“Non piangete sulla mia tomba, non leggete il Corano. Mettete una canzone allegra”.

Le ultime parole di Majidreza suonano come un atto rivoluzionario di fronte all’oppressione delle autorità iraniane. Le ha affidate a un cronista locale mentre era bendato, circondato dagli agenti di sicurezza.

A partire dal 16 settembre 2022, migliaia di donne e uomini hanno sfidato la ferocia della repressione nelle strade, nelle scuole e nelle università. Fin dalle prime ore, l’ordine dall’alto è stato chiaro: nessuna pietà per chi manifesta. I processi farsa, le torture, le esecuzioni e gli arresti però non hanno fermato le rivolte.

 

Questa volta le donne urlano più forte

Hadis Najafi, uccisa il 22 settembre 2022 da sei colpi di pistola mentre manifestava a Karaj.

Se c’è qualcosa che è stato immediatamente chiaro in questa ondata di proteste è che rispetto ad altri movimenti di massa che hanno attraversato l’Iran negli ultimi anni, la voce delle donne si è levata più forte che mai. “Donna, vita, libertà” cantano contro uomini che impongono catene e morte. Jin, Jîyan, Azadî!

Il sistema di discriminazione e oppressione maschile che da quasi mezzo secolo vuole avere il controllo totale delle loro vite trema dalle fondamenta. I loro gesti di sfida hanno fatto inferocire gli ayatollah. E così le Mahsa Amini sono diventate 2, 3, 4. Troppe. Come Hadis Najafi. I suoi capelli al vento erano così minacciosi che le è stato sparato un colpo di pistola dritto in faccia. Aveva 20 anni.

 

 

Una repressione feroce

Non è facile per le organizzazioni per i diritti umani verificare i dati e le segnalazioni che riescono a superare le fitte maglie della censura. Solo nei primi tre mesi dall’inizio delle proteste, si stima che siano stati oltre 400 i manifestanti morti per mano delle forze di sicurezza e di quelle paramilitari, come la milizia Basiji. Tra questi, sono almeno 50 i minorenni la cui vita è stata spezzata dai proiettili, dai pallini da caccia o dai pestaggi.
Migliaia sono stati arrestati e condannati a lunghe pene detentive.

Alcune persone minorenni uccise durante le manifestazioni.

 

Tortura e condanne a morte: la strategia del terrore di Teheran

Possiamo confermare che almeno 20 persone sono state condannate a morte, ma potrebbero essere molte di più. Majidreza Rahnavard è stato il secondo manifestante messo a morte, il primo ad essere esposto nella pubblica piazza.
Altre tre condanne sono state eseguite dopo processi profondamente iniqui.

Hamid e Farzaneh Ghare-Hasanlou

Tra i condannati a morte non sono mancate le denunce di torture. è il caso del dottor Hamid Ghare-Hasanlou, arrestato ingiustamente insieme alla moglie Farzaneh con l’accusa di aver preso parte a un attacco nei confronti di un agente Basiji rivelatosi poi fatale. Non sono bastate le costole rotte e un polmone perforato per spingere il giudice a disporre indagini sulle accuse di tortura mosse dal medico nei confronti di agenti delle forze di sicurezza.

 

 

Come si può aiutare la popolazione iraniana?

Le limitazioni ai social network e alle reti mobili rendono molto complesse le comunicazioni sia all’interno del paese che verso l’esterno. Ma non c’è messaggio proveniente da una persona iraniana che non chieda solidarietà e sostegno. Come aiutare dunque chi sfida a viso aperto una repressione tanto feroce?
Continuando a parlare di quanto sta avvenendo, facendo i nomi di chi lotta, raccontando le loro storie e le loro ragioni. Si può fare pressione su tutte le autorità che hanno la possibilità di fermare questo bagno di sangue. Scendendo in piazza, anche nella tua città, insieme ad altri iraniani. No, non basterà a risolvere la situazione. Ricordiamo però che è nel silenzio che prosperano le ingiustizie.

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