In Egitto è in corso una revisione delle detenzioni dei prigionieri di coscienza: le agenzie di sicurezza ne stiano fuori

1 Giugno 2022

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Negli ultimi giorni di maggio, la magistratura egiziana ha ordinato la scarcerazione di Abdelrahman Tarek (noto come Moka), Kholoud Saeed e altri nove prigionieri sottoposti a detenzione arbitraria da almeno due e addirittura da oltre quattro anni.

Gli ordini di scarcerazione sono stati emessi a seguito delle raccomandazioni del Comitato presidenziale per la grazia, recentemente riattivato, composto da due parlamentari, un ex ministro e due figure indipendenti.

Il Comitato ha dichiarato di aver sottoposto una lista di “oltre 1000 prigionieri politici” alle agenzie di sicurezza per una loro valutazione.

Amnesty International ha manifestato apprezzamento per gli ordini di scarcerazione ma ha sollecitato le autorità egiziane ad adottare un approccio basato sui diritti umani, e non su altre considerazioni, per porre fine alle detenzioni arbitrarie di massa.

Già il 5 maggio, a seguito della riattivazione del Comitato presidenziale per la grazia, otto organizzazioni non governative per i diritti umani egiziane avevano chiesto chiarimenti sui criteri e sui tempi di revisione dei fascicoli dei prigionieri e avevano espresso preoccupazione per la possibile esclusione di prigionieri di coscienza e politici a seguito del coinvolgimento delle agenzie di sicurezza nella decisione finale.

A preoccupare è soprattutto la dichiarazione fatta il 9 maggio da Tarek al-Kholi, membro del Comitato presidenziale per la grazia, secondo il quale gli “appartenenti a gruppi di terrorismo” o detenuti coinvolti in atti di violenza sarebbero stati esclusi dalla lista: un’affermazione allarmante, dato che migliaia di persone sono in detenzione preventiva sulla base di infondate accuse di “appartenenza a gruppi di terrorismo”.

Lo stesso al-Kholi, tre giorni prima, aveva confermato che le richieste di grazia ricevute dal suo Comitato sarebbero state inoltrate alle agenzie di sicurezza per una loro valutazione.

Proprio le agenzie di sicurezza, soprattutto l’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa), si sono ripetutamente opposte alla scarcerazione di detenuti politici e hanno preso di mira esponenti della Fratellanza musulmana così come attivisti di alto profilo che ebbero un ruolo importante nella rivoluzione del 25 gennaio 2011.

La vicenda più clamorosa è quella di Anas al-Beltagy, figlio di un leader della Fratellanza musulmana, che resta in carcere dal dicembre 2014 nonostante sia stato assolto in quattro diversi processi. Ogni volta che un giudice ha ordinato il suo rilascio, l’Nsa si è opposta.

Secondo quanto riferito dal portale indipendente Mada Masr, a cui in Egitto non è possibile accedere, una fonte vicina al Comitato presidenziale per la grazia ha escluso che le scarcerazioni possano riguardare il noto attivista Alaa Abd el-Fattah, che sta scontando una condanna a cinque anni di carcere e ha superato i 60 giorni di sciopero della fame, e Ahmed Douma, condannato a 15 anni al termine di un processo iniquo per aver preso parte a manifestazioni antigovernative.