La dimensione colonialista della guerra russa contro l’Ucraina

6 Maggio 2025

Da sinistra a destra: Victoria Maladaeva, Zarema Gasanova e Viliuia Choinova © Privato

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Durante la repressione della libertà d’espressione scatenata contemporaneamente all’invasione su vasta scala dell’Ucraina, le autorità russe hanno designato come “terroriste” ben 172 organizzazioni di persone native.

In Russia vivono numerosi gruppi nativi, soprattutto in Iacuzia, in Buriazia e nelle repubbliche del Caucaso settentrionale. In uno stato in cui le decisioni le prendono gli uomini, all’interno dei gruppi nativi vige una forte uguaglianza e le donne hanno un ruolo centrale nelle decisioni che riguardano le loro comunità.

La chiamata obbligatoria alla leva per andare a combattere in Ucraina ha colpito questi gruppi in modo sproporzionato. Ecco le prime tracce del colonialismo russo.

Amnesty International ha incontrato tre attiviste native, tutte in esilio, per farsi raccontare l’impatto della guerra sul loro attivismo, sulle loro comunità e sulla leadership femminile: Zarema Gusarova, un’attivista e femminista del gruppo avar del Daghestan; Victoria Maladaeva, attivista buriata-mongola e cofondatrice della Fondazione dei popoli nativi della Russia; e Viliuia Choinova, ingegnera ambientalista e attivista della Repubblica di Sakha.

Una delle conseguenze poco raccontate dei conflitti è che gli uomini di ritorno dal fronte portano la violenza dentro le mura di casa. Sta succedendo anche questa volta: la Fondazione per una Iacuzia libera, di cui fa parte Victoria Maladaeva, ha denunciato un aumento dei casi di violenza domestica in concomitanza col ritorno dei soldati dall’Ucraina.

Viliuia Choinova ha approfondito un altro aspetto: i gruppi nativi vivono di caccia, pesca e agricoltura, attività svolta prevalentemente dagli uomini, con una manualità che si tramanda di generazione in generazione e con lunghi periodo di assenza dalle famiglie. Ma quando questi sono stati chiamati in massa al fronte, quel compito è passato alle donne, che si sono trovate alle prese con lavori fisicamente estenuanti, in regioni dal clima estremo e dotate di scarse infrastrutture.

Valiuia Choinova sottolinea anche che in zone con alti tassi di mortalità e bassi tassi di natalità, la scomparsa di molti uomini uccisi in Ucraina sta mettendo a rischio, nel lungo termine, la stessa sopravvivenza dei gruppi nativi.

Quando, nel settembre 2022, il presidente Putin ha ordinato la mobilitazione generale, nel Daghestan moltissime persone sono scese in strada. Zarema Gusarova ricorda le barricate, i tentativi di strappare le persone arrestate dalle mani della polizia e soprattutto i modi brutali con cui le persone manifestanti, soprattutto le donne, vennero disperse:  spintonate, picchiate, trascinate via, insultate.

Passiamo alla resistenza all’approccio colonialista della guerra russa all’Ucraina: la designazione di “terroriste” ai danni di 172 organizzazioni native ha criminalizzato le loro azioni, costretto molte loro attiviste all’esilio o a nascondersi.

Le lotte per l’affermazione dei diritti si sono rivelate particolarmente dure nel Caucaso settentrionale, dove – secondo la narrazione colonialista russa – vivono popoli per loro natura aggressivi, ai margini della società e naturalmente pericolosi quando esprimono dissenso, tanto più se in forma collettiva.

Le minacce non si fermano neanche quando si è andate via dalla Russia. I canali social di Victoria Maladaeva sono periodicamente sottoposti a tentativi di hackeraggio, i suoi post sono commentati con insulti.

“Ma nonostante tutto questo, e non a caso in esilio, abbiamo conosciuto persone coraggiose e oneste di altre parti del mondo. Ci sentiamo unite dalla lotta condivisa per la sopravvivenza dei nostri popoli, abbiamo creato reti solidali e lavoriamo su progetti comuni. Insieme, ci sentiamo forti”, ha sottolineato la stessa Victoria Maladaeva.

“Le donne native hanno una forte storia di resistenza dovuta al fatto che sono responsabili della conservazione della lingua, della cultura e delle tradizioni minacciate dall’oppressione colonialista. Movimenti di base come la Resistenza femminista contro la guerra sono intersezionali, perché hanno agende insieme femministe e decolonialiste”, le ha fatto eco Zarema Gusarova.

A Valiuia Choinova il lascito di questo incontro: “La decolonizzazione non è solo un concetto teorico, ma un percorso necessario verso la giustizia e una pace duratura”.