Raúl García Pereira / Amnistía Internacional
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Il processo a Máxima Acuña Atalaya non continuerà. La sentenza emessa il 2 maggio dalla Corte suprema del Perù è un passo fondamentale per tutti i difensori dei diritti umani del paese sudamericano. Una prima vittoria per le oltre 150.000 persone che nei mesi scorsi hanno firmato le nostre petizioni, inviato i propri messaggi personali di sostegno e solidarietà nei confronti della difensora dei diritti umani Máxima Acuña.
Cadute le accuse infondate di “invasione di terreni”. Nonostante l’assenza di prove sin dall’inizio delle indagini, dal 2011 la procura generale del Perù si è ostinata a portare Máxima in giudizio. Contemporaneamente, tra il 2015 e il 2016 la compagnia mineraria Yanacocha ha svolto una campagna diffamatoria nei suoi confronti, descrivendola come una “occupante abusiva”.
“In Perù molti difensori dell’ambiente sono stati incriminati per accuse infondate, con l’unico obiettivo di impedire loro di portare avanti le loro legittime attività in difesa dei diritti umani, fiaccare la loro resistenza fisica e morale, azzerare le loro limitate risorse e additarli all’opinione pubblica come criminali. Ora è fondamentale che le autorità peruviane adottino misure efficaci per impedire che il sistema giudiziario sia utilizzato per intimidire e perseguitare i difensori dei diritti umani“, ha dichiarato in una nota ufficiale Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.
La pressione internazionale che grazie a migliaia di persone siamo riusciti a fare sul Perù è la dimostrazione di quanto ogni gesto individuale conti per cambiare lo stato delle cose e per chiedere verità e giustizia.