Tempo di lettura stimato: 5'
“Sono Maysoon Majidi è sono libera. La libertà è una bellissima sensazione. Volevo dire grazie ad Amnesty International e a tutte le persone che mi hanno scritto lettere e messaggi mentre ero in carcere. Cosa voglio fare ora? La verità è che voglio solo cominciare a vivere”
Maysoon Majidi
Maysoon Majidi è una regista e attrice curda-iraniana. A soli 28 anni decide di dedicare la sua vita a raccontare la verità del suo popolo, denunciando l’oppressione del governo iraniano. Ma questo sogno ha un costo. Dopo la morte di Mahsa Jina Amini, il movimento “Donna, Vita, Libertà” ha incendiato l’Iran con la speranza di una rivoluzione. Maysoon è tra le donne che alzano la propria voce, pagando un prezzo altissimo: la perdita del lavoro, la persecuzione, la paura.
Nel 2023 l’unica via d’uscita è la fuga. Maysoon lascia la sua terra natale, portando con sé solo la speranza di una vita migliore. Il viaggio è lungo, doloroso, pieno di incognite. Quando il 31 dicembre 2023 tocca finalmente terra sulle coste calabresi, crede di aver raggiunto la sicurezza. Ma l’incubo non è finito. Appena sbarcata in Italia, invece di trovare accoglienza, viene accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. La chiamano “scafista”, un’etichetta che non le appartiene, e la accusano di aver prestato soccorso alle persone che viaggiavano con lei offrendo acqua e cibo. Un gesto umano, non compiuto da Maysoon esclusivamente per mancanza di forze fisica durante la traversata in mare, come verrà dimostrato successivamente, le chiude la porta della libertà e la rinchiude in una cella. Le accuse si basano su dichiarazioni dubbie, poi ritrattate, e su una legislazione che criminalizza chiunque attraversi il mare in cerca di protezione. Così, senza prove concrete e senza qualcuno che parli la sua lingua e la aiuti a comprendere cosa le sta accadendo, Maysoon viene incarcerata per 302 giorni nel carcere di Reggio Calabria.
Dietro le sbarre Maysoon vive giorni di angoscia. Non riesce a spiegarsi come un paese che si proclama difensore dei diritti umani possa trattarla come una criminale. Inizia uno sciopero della fame per protestare contro l’ingiustizia, vedendo il suo corpo indebolirsi giorno dopo giorno. Scrive una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, implorando giustizia, chiedendo di non essere dimenticata: “Sono venuta in Europa con la speranza di trovare una nuova casa e una nuova vita in una Nazione in cui diritti umani, libertà e dignità dell’individuo hanno valore. Vi prego di non lasciarmi sola.”
Amnesty International, insieme a molte altre associazioni, la supporta durante il processo. Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, le conferisce la cittadinanza onoraria. Dopo quasi un anno di prigionia, il 22 ottobre 2024, Maysoon viene scarcerata. Il 5 febbraio 2025 il Tribunale di Crotone si pronuncia nei termini di piena assoluzione – per non aver commesso il fatto.
Maysoon oggi è libera. Il carcere le ha segnato il corpo ma non l’anima. Il suo spirito resta indomito, la sua voce, soffocata in Iran e oggi finalmente sciolta dalla repressione, trova eco in Italia e nel mondo.
La sua storia non è unica. Anche Marjan Jamali, un’altra donna iraniana, vive un destino simile. Anche lei cerca di fuggire dall’oppressione, anche lei si ritrova accusata senza prove.
Amnesty International continua a mobilitarsi per chiedere una riforma delle leggi italiane sull’immigrazione, affinché non si criminalizzino coloro che cercano solo di sopravvivere.