Una mobilitazione mondiale per porre fine alla separazione dei bambini dai loro genitori

2 Luglio 2018

© Sergio Ortiz

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Il 30 giugno, con una giornata d’azione che ha mobilitato le nostre diverse sezioni nel mondo, abbiamo chiesto alle autorità statunitensi di porre immediata fine alla separazione e alla detenzione dei bambini e degli adulti che si presentano alla frontiera tra Messico e Usa per chiedere asilo, nonché di riunire immediatamente le famiglie tuttora separate a causa delle dannose e illegali politiche dell’amministrazione Trump.

Nonostante il decreto firmato dal presidente Trump la scorsa settimana, migliaia di bambini terrorizzati sono ancora separati dai loro genitori, sconvolti dal pensiero di non sapere quando li vedranno nuovamente. Chiudendo i bambini in gabbie o trasferendoli in centri d’assistenza a migliaia di miglia di distanza, le autorità statunitensi stanno volontariamente infliggendo loro una sofferenza mentale profonda e che durerà a lungo, unicamente per scoraggiare le loro famiglie disperate dal proposito di chiedere asilo“, ha dichiarato in una nota ufficiale Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

Il decreto con cui il presidente Trump ha deciso di imprigionare i figli insieme ai loro genitori, anziché separare gli uni dagli altri, ha sostituito una punizione traumatica con un’altra. Le autorità statunitensi devono immediatamente rilasciare le famiglie di richiedenti asilo e rispettare il loro diritto di chiedere asilo in condizioni eque e umane. Nessun bambino dovrebbe essere sottratto dalle braccia dei suoi genitori o fatto crescere dietro le sbarre. È giunto il momento di porre fine a questa inumana pratica di separare e imprigionare le famiglie una volta per tutte“, ha aggiunto Guevara-Rosas.

Nel decreto del 20 giugno, il presidente Trump ha disposto che i figli siano trattenuti insieme ai loro genitori in centri di detenzione per migranti in attesa che la loro domanda d’asilo venga esaminata. Per dare attuazione al decreto, che confligge con le leggi Usa, il governo sta chiedendo la disapplicazione del cosiddetto “emendamento Flores”, che prevede che i bambini non possano rimanere in stato di detenzione per più di 20 giorni.

Il Dipartimento per la sicurezza interna (Dhs) ha da allora emesso una serie di dichiarazioni che indicano chiaramente che le separazioni familiari proseguiranno anche in futuro, anche nelle circostanze in cui richiedenti asilo attendono l’esito della loro domanda. Sebbene le autorità abbiano annunciato l’intenzione di riunire alcune delle famiglie già separate, le riunificazioni sono state poche e molte famiglie restano traumatizzate, separate e sotto minaccia di espulsione senza avere accesso a una procedura d’asilo equa e umana.

L’ingiunzione preliminare emessa il 26 giugno da una corte federale, che ha ordinato la riunificazione di migliaia di famiglie separate a forza è uno sviluppo positivo, anche se l’amministrazione Trump potrebbe ancora fare ricorso. La pressione dell’opinione pubblica è fondamentale per assicurare che l’amministrazione Usa non riunifichi le famiglie solo per porle in stato di detenzione o ricorra nuovamente alla separazione forzata mentre fa ricorso alla sentenza del 26 giugno o ad eventuali altre future sentenze del genere.

Sebbene l’amministrazione Trump abbia formalmente annunciato la misura deterrente della separazione familiare come parte della “politica di tolleranza zero contro gli ingressi illegali” solo il 6 aprile 2018, Amnesty International ha scoperto che questa prassi era stata adottata sin dall’inizio dell’amministrazione, anche nei confronti di persone che si erano presentate alla frontiera con l’intenzione di vedersi riconosciuto il diritto di chiedere asilo.

Il 19 giugno il Dhs ha reso noto che, dal 5 maggio al 9 giugno, aveva separato 2342 bambini da 2206 genitori alla frontiera tra Messico e Usa. Dati ufficiali ottenuti dagli organi d’informazione lasciano supporre che altre migliaia di famiglie siano state separate persino prima dell’entrata in vigore della “politica di tolleranza zero”.

Le famiglie che cercano asilo sono fuggite da una violenza terribile nei paesi di origine e vogliono semplicemente crescere i loro figli in un ambiente sicuro e umano. L’idea che i bambini possano essere protetti chiudendoli in gabbie o separandoli dai genitori sfida ogni criterio logico e di umanità. Queste incredibili e crudeli prassi sono illegali e lasceranno una macchia indelebile nella storia dei diritti umani degli Usa”, ha commentato Guevara-Rosas.

Chiediamo al Congresso di sollecitare il Dhs a riunire più velocemente possibile le famiglie separate, a porre immediatamente fine alle separazioni forzate dei figli dai loro genitori o tutori e di assicurare che questa prassi non riprenda.

Al Congresso chiediamo inoltre di premere sul governo affinché cessi la prassi di imprigionare le famiglie dei richiedenti asilo, siano rilasciati insieme i bambini e i genitori in stato di detenzione e sia respinta ogni richiesta di aumentare il finanziamento delle strutture detentive per i bambini e le famiglie.

Le testimonianze delle separazioni forzate

Tra aprile e maggio 2018 una nostra missione di ricerca alla frontiera tra Messico e Usa ha documentato in che modo venivano trattati i richiedenti asilo. Nella maggior parte dei casi, le famiglie poi separate si erano presentate legalmente alle autorità di frontiera con l’intenzione di chiedere asilo e queste ultime non avevano dato loro alcuna spiegazione per giustificare la separazione.

Una donna brasiliana di 39 anni e suo figlio di sette anni erano fuggiti dal loro paese dopo aver ricevuto minacce di morte da una banda criminale che la donna aveva denunciato perché spacciava droga di fronte alla loro abitazione. La banda collaborava quotidianamente con la polizia e aveva minacciato la donna di morte anche se si fosse trasferita in altre zone del Brasile.

I nostri ricercatori hanno incontrato questa donna in un centro di detenzione per migranti del Texas. Ha raccontato di essere stata separata, senza ricevere alcuna spiegazione, il giorno dopo essersi presentati a un varco ufficiale di frontiera per chiedere asilo, nel marzo 2018.

Mi hanno detto: ‘Tu qui non hai alcun diritto, e non hai diritto di stare con tuo figlio -, ha raccontato in lacrime –. In quel momento è come se fossi morta. Sarebbe stato meglio se fossi morta all’istante. Non sapere dove si trovi tuo figlio, cosa stia facendo è la sensazione peggiore che può avere una madre. Cosa vuol dire che una madre non ha il diritto di stare con suo figlio?“.

Una donna di 63 anni proveniente dall’Honduras ha raccontato che le bande criminali avevano minacciato di morte lei e la sua nipote 14enne e avevano incendiato la loro abitazione. Erano fuggite subito, sapendo bene che altri conoscenti erano stati assassinati dopo che avevano chiesto aiuto alla polizia o si erano spostati in altre zone del paese. Due giorni dopo essersi presentate alla frontiera del Texas, gli agenti della polizia di frontiera le avevano portato via la nipote.

Non mi hanno detto perché la stavano prendendo con loro. Solo che la stavano separando da me. Se mi rimandano indietro in Honduras, sai che succederà? Finirà che mi ammazzeranno. Ho 63 anni e non ce la faccio più a reggere tutto questo. Ci sono giorni in cui sono davvero disperata e triste. È tanto tempo che non vedo la mia famiglia“, ha raccontato ai nostri ricercatori dopo aver trascorso oltre un anno in un centro di detenzione del Texas.

Molti genitori separati dai loro figli mostravano un’estrema angoscia e scoppiavano a piangere mentre raccontavano le loro storie. I nostri ricercatori hanno documentato casi in cui la separazione forzata delle famiglie, con l’esplicito obiettivo di scoraggiare e punire coloro che chiedono protezione alla frontiera statunitense, corrisponde alla definizione di tortura sulla base delle leggi nazionali e del diritto internazionale.