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“In termini generali, sebbene con tanto ritardo, apprezziamo che si sia proceduto alla revisione di norme che in molti casi erano state smentite dalla stessa magistratura, come nel caso del divieto di iscrizione anagrafica, e che si siano voluti superare i rilievi minimi espressi a suo tempo dal presidente della Repubblica“.
Questo il commento di Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, diffuso con una nota stampa al testo ufficiale di modifica dei cosiddetti “decreti sicurezza“.
“Valutiamo positivamente che, sotto il nome di ‘protezione speciale’ sia in buona parte ripristinata la protezione umanitaria per i migranti, la cui cancellazione da parte dell’ex ministro Salvini aveva dato luogo a una vera e propria bomba sociale riducendo all’invisibilità migliaia di persone“.
“Apprezziamo il ripristino del sistema di accoglienza Sprar da cui erano stati espulsi i richiedenti asilo. Ai richiedenti asilo viene riconosciuto il diritto di iscriversi all’anagrafe e saranno dotati di una sorta di carta di identità, riconosciuta dallo Stato italiano, valida per tre anni. Ci auguriamo che i comuni, cui ora passa la competenza in materia, riescano davvero a garantire servizi per l’inclusione sociale, come ad esempio l’insegnamento della lingua italiana. Importante è anche la garanzia, per le persone detenute nei Centri di permanenza per il rimpatrio, di potersi rivolgere al Garante nazionale o regionale per le persone private della libertà personale“.
“Al contrario, desta molta preoccupazione la riformulazione della norma relativa alle sanzioni. Contestiamo l’idea che si debba rispettare il requisito della non violazione del codice della navigazione per non incorrere in multe e carcere: come nell’ipotesi di un intervento di una nave di soccorso in aree di competenza italiana che non rispettasse le disposizioni impartite, ad esempio forzando per necessità un blocco navale. Salvare vite umane non dovrebbe essere considerato reato in alcuna circostanza“.
“Per quanto riguarda, infine, le norme di inasprimento per il reato di rissa e quelle sul Daspo urbano, elaborate anche sulla scia emotiva dei gravissimi fatti di Colleferro, crediamo che sarebbe adeguato investire sulla promozione dei valori del rispetto e della non discriminazione e sul contrasto alla cultura dell’odio sociale, più che nel solo innalzamento delle pene“.