Nazioni Unite: la crescente preoccupazione internazionale per i crimini contro l’umanità commessi dalla Cina nello Xinjiang porti a interventi concreti

23 Giugno 2021

©Molly Crabapple

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Nel ribadire la sua richiesta di indagini internazionali indipendenti sulle gravi violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang, Amnesty International ha affermato che la dichiarazione rilasciata al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra da parte di un gruppo interregionale di 45 stati “seriamente preoccupati” per le gravi violazioni dei diritti umani da parte della Cina nella regione deve aprire la strada a interventi concreti.

Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha rilasciato il seguente commento:

“Una dichiarazione così importante resa dal Canada a nome di 45 paesi è la benvenuta espressione della crescente preoccupazione internazionale dovuta alle prove dei crimini contro l’umanità che sono stati commessi nello Xinjiang. Questa dichiarazione invia un messaggio importantissimo alle autorità cinesi: esse non sono esenti dall’occhio vigile della comunità internazionale”.

“Ora, questi stati devono andare oltre queste preoccupazioni e adottare misure concrete per affrontare questa vergognosa situazione. A partire da questa dichiarazione, i membri del Consiglio per i diritti umani devono creare un meccanismo d’indagine internazionale che può spianare la strada per chiamare a rispondere i responsabili delle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Non c’è più un attimo da perdere”.

“Quando vengono commessi dei crimini contro l’umanità, la comunità internazionale ha il dovere di reagire con risolutezza, senza paura o favoritismi. Il fatto che uno stato come la Cina sia potente e faccia di tutto per spaventare chi lo critica non è motivo sufficiente per sottrarlo ai meccanismi della giustizia internazionale”.

“Purtroppo, alcuni stati hanno scelto di non sottoscrivere la dichiarazione di oggi e, ciò che è peggio, alcuni hanno scelto di utilizzare il proprio spazio al Consiglio per i diritti umani per difendere gli scioccanti dati sulla Cina. Ciò contribuisce in maniera efficace agli sforzi ben documentati della Cina di screditare i sopravvissuti, i familiari delle vittime e i coraggiosi attivisti che pagano un prezzo personale altissimo per esprimere il proprio dissenso. Questi paesi non devono cedere alle pressioni e dovrebbero unirsi agli altri stati per collaborare nell’avviare delle indagini internazionali efficaci”.

La dichiarazione congiunta al Consiglio per i diritti umani giunge a seguito di un fondamentale rapporto di Amnesty International pubblicato il 10 giugno, che presenta solide prove dei crimini contro l’umanità commessi dalla Cina nello Xinjiang. La dichiarazione individua una serie di violazioni documentate nel rapporto, tra cui arresti arbitrari di massa, sorveglianza dilagante, torture, altri maltrattamenti e repressione collettiva di minoranze religiose ed etniche.

La dichiarazione congiunta esprime anche grave preoccupazione “per la stretta sulle libertà fondamentali a Hong Kong secondo quanto previsto dalla legge sulla sicurezza nazionale e la situazione dei diritti umani in Tibet”. In totale, sono 45 i paesi che hanno sottoscritto la dichiarazione, un notevole passo avanti rispetto ai 28 che avevano firmato una dichiarazione simile nel giugno dello scorso anno.

La dichiarazione resa dal Canada è stata firmata dai seguenti paesi: Albania, Australia, Austria, Belgio, Belize, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Canada, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Finlandia, Germania, Haiti, Honduras, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Isole Marshall, Monaco, Paesi Bassi, Nauru*, Nuova Zelanda, Norvegia, Palau, Polonia, Portogallo, Romania, San Marino, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Ucraina* e Usa.

Ulteriori informazioni

Il 10 giugno il gruppo di risposta alle crisi di Amnesty International ha pubblicato il rapporto Cina: ‘Come nemici in guerra’. Internamento di massa, tortura e persecuzione contro i musulmani dello Xinjiang.

Dopo 20 mesi di indagini e decine di nuove testimonianze da parte di ex detenuti, il rapporto ha mostrato che uiguri, kazachi e altre minoranze etniche prevalentemente musulmane subiscono da parte dello stato cinese imprigionamenti di massa, torture e persecuzioni che si configurano come crimini contro l’umanità. Il rapporto, inoltre, contiene un dettagliato esame delle misure estreme adottate dalle autorità cinesi, fondamentalmente per sradicare le tradizioni religiose e culturali dei gruppi etnici musulmani dello Xinjiang e per nascondere la verità su quello che accade nella regione.

Amnesty International ha anche lanciato una nuova campagna su oltre 60 persone scomparse che si teme siano detenute nei campi d’internamento o nelle prigioni dello Xinjiang, con l’obiettivo di chiedere il rilascio di tutte le vittime di detenzioni arbitrarie.

 

*Aggiornamento (28 giugno 2021): a seguito della dichiarazione iniziale condivisa dal Canada al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 22 giugno, hanno firmato altri due stati (Nauru e Ucraina), portando il totale a 45. Il testo originale è stato integrato per dare evidenza a questo aggiornamento.