Nuova indagine sui crimini di guerra israeliani a Gaza: uccisi 44 civili

27 Maggio 2024

AFP via Getty Images

Tempo di lettura stimato: 5'

Amnesty International ha reso nota una nuova indagine su attacchi aerei israeliani che, lo scorso mese, hanno ucciso 44 civili palestinesi tra cui 32 bambini nella Striscia di Gaza. Almeno altre 20 persone sono rimaste ferite. L’organizzazione per i diritti umani ha dichiarato che questi nuovi attacchi dovrebbero essere indagati dalla Corte penale internazionale come crimini di guerra.

Gli attacchi – uno su al-Maghazi il 16 aprile e due su Rafah il 19 e il 20 aprile – costituiscono ulteriori prove dell’ampio schema di crimini di guerra commessi dalle forze israeliane nella Striscia di Gaza negli ultimi sette mesi.

“Dalle nostre ricerche sono emerse prove conclusive di attacchi illegali delle forze israeliane proprio mentre il procuratore della Corte penale internazionale chiedeva mandati di cattura per alti dirigenti di Hamas e di Israele, compreso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Di fronte all’espansione dell’offensiva israeliana via terra a Rafah, questi casi illustrano l’urgente necessità di un immediato cessate il fuoco”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice delle ricerche di Amnesty International.

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“Nonostante le crescenti richieste che si ponga fine ai trasferimenti di armi verso Israele, una risoluzione del Consiglio di sicurezza che ordina il cessate il fuoco e le dichiarazioni dei leader del mondo contrari all’offensiva di terra a Rafah, l’esercito israeliano ha continuato a espandere le sue operazioni, compresi gli incessanti attacchi contro i civili”, ha aggiunto Guevara Rosas.

“Quelli che abbiamo documentato oggi illustrano uno schema palese, attuato negli ultimi sette mesi, di attacchi israeliani contrari al diritto internazionale che hanno ucciso civili palestinesi nella totale impunità e che hanno mostrato uno spietato disprezzo per la vita umana”, ha commentato Guevara Rosas.

Dall’ottobre 2023 Amnesty International ha condotto indagini approfondite su 16 attacchi aerei delle forze israeliane che hanno ucciso 370 civili, tra cui 159 bambini, e ferito altre centinaia di persone. Amnesty International ha riscontrato prove di crimini di guerra israeliani, tra cui attacchi diretti contro civili o attacchi indiscriminati così come altri attacchi illegali e punizioni collettive nei confronti della popolazione civile della Striscia di Gaza.

 

Trentadue bambini sono stati uccisi nei tre attacchi contro al-Maghazi e Rafah nella Striscia di Gaza occupata il mese scorso.

Per realizzare quest’ultima indagine, Amnesty International ha intervistato 17 tra sopravvissuti e testimoni, ha visitato i luoghi degli attacchi e un ospedale dove erano ricoverati i feriti, ha fotografato e messo a disposizione di esperti i resti delle munizioni usate, ha analizzato fotografie e video ottenuti da fonti locali o disponibili sulle piattaforme social, nonché immagini satellitari.

In tutti e tre i casi, Amnesty International non ha rinvenuto alcuna prova che, nei luoghi presi di mira dall’esercito israeliano o nei loro dintorni, vi fossero obiettivi militari. Vi è dunque la forte preoccupazione che si sia trattato di attacchi diretti contro i civili e contro obiettivi civili, che costituiscono crimini di guerra. Israele non ha fornito alcuna informazione sugli attacchi a Rafah mentre su quello contro al-Maghazi ha fatto generiche denunce che ha poi contraddetto.

Anche se le forze israeliane avessero voluto colpire obiettivi militari legittimi nei pressi dei luoghi dei tre attacchi, le prove raccolte indicano che gli attacchi non avrebbero comunque distinto tra obiettivi militari e obiettivi civili e dunque sarebbero stati di natura indiscriminata. Gli attacchi indiscriminati che uccidono o feriscono civili o distruggono o danneggiano obiettivi civili sono crimini di guerra.

Le prove raccolte da Amnesty International indicano anche che le forze israeliane non hanno avvisato, quanto meno le persone che vivevano nei luoghi colpiti, prima di lanciare gli attacchi.

Il 7 maggio 2024 Amnesty International ha inviato una serie di domande alle autorità israeliane circa i tre attacchi. Al momento della pubblicazione di questa ricerca, non era pervenuta alcuna risposta.

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L’attacco al campo rifugiati di al-Maghazi: colpito un tavolo da bigliardino, uccisi 15 civili

Il 16 aprile, intorno alle 15.40, un attacco aereo israeliano ha colpito il campo rifugiati di al-Maghazi, al centro della Striscia di Gaza, uccidendo 10 bambini di età compresa tra quattro e 15 anni e cinque uomini di età compresa tra 29 e 62 anni: un barbiere, un venditore di falafel, un assistente odontoiatrico, un allenatore di calcio e un anziano con disabilità. Più di dieci persone, per lo più bambini, sono rimaste ferite.

La munizione è arrivata lungo un mercato di strada, mentre un gruppo di bambini stava giocando a bigliardino. Amnesty International ha esaminato quattro video e 22 fotografie ripresi da abitanti e giornalisti e anche dai suoi ricercatori.

I danni provocati dai frammenti della munizione erano visibili sul tavolo del bigliardino, sui veicoli intorno e sulle mura dei negozi e delle abitazioni circostanti.

Franmmenti ritrovati sul luogo dell’attacco sa ricercatori di Amnesty International.

Il tipo di danni arrecati e le parti elettroniche rinvenute nei frammenti della munizione recuperati, sono compatibili con piccoli missili di precisione guidati e con bombe plananti lanciati dai droni israeliani. Quel giorno in cielo non c’erano elicotteri né aerei mentre dalle testimonianze raccolte da Amnesty International è emersa la costante presenza di droni.

Nell’attacco sono stati uccisi due figli di Jaber Nader Abu Jayab. Ecco la sua testimonianza:

“Ero a casa quando ho sentito il colpo. Ho pensato fosse lontano ma, appena sono uscito fuori, mi sono reso conto che aveva colpito la nostra strada, a 20 metri di distanza da me. C’erano bambini morti e feriti ovunque”.

“Mohammed [12 anni], il figlio di mia sorella, aveva grandi ferite ed è morto due giorni dopo. Poi ho visto mia figlia Mila [quattro anni], anche lei gravemente ferita. Quando l’ho raggiunta in ospedale, un’ora dopo, era morta. Lo stesso per Lujan [nove anni], morta anche lei”. Un altro suo figlio, Ahmed, di sette anni, è sopravvissuto alle gravi ferite.

Cinque giorni dopo l’attacco, Raja Radwan, di dieci anni, ha parlato con Amnesty International:

“Stavo giocando a bigliardino, poi ho smesso, sono andato in un negozio e poi a casa. Ho detto ai miei amici di continuare. Sono stato fortunato, ma i miei amici Raghad e Shahd sono stati uccisi”.

Questa è la testimonianza di Mohammed Jaber Issa, insegnante di Scienze di 35 anni, che nell’attacco ha perso vari familiari. Ha descritto com’è stata uccisa Shahd Odatallah, di 11 anni, appena uscita da un negozio dove aveva comprato un dolce:

“È morta con un pezzo di ma’moul in mano”. 

Poi ha aggiunto:

“Uno dei bambini uccisi era fuggito da al-Tuffah, un quartiere di Gaza City. Era scampato alla fame solo per trovare la morte qui”.

Mahmud Shanaa, 37 anni, rimasto ferito, ha così testimoniato:

“I bambini e le persone intorno sono stati uccisi perché il missile è atterrato proprio vicino al tavolo da bigliardino. Lì c’erano sempre tanti bambini. Non hanno altri posti dove giocare e ora col pericolo della guerra non si allontanano più e si limitano a giocare davanti a casa”.

Rispondendo alla Cnn, l’esercito israeliano ha inizialmente affermato di aver colpito “un bersaglio del terrore”, senza fornire ulteriori dettagli o prove. In seguito, ha dichiarato di non avere traccia dell’attacco. L’esercito israeliano non ha fornito risposte neanche sulla natura dell’obiettivo o sull’eventuale uccisione di combattenti.

 

Rafah: 29 civili uccisi in due attacchi in due giorni consecutivi

Il 19 aprile, intorno alle 22.15, una bomba aerea ha centrato l’abitazione di quattro piani della famiglia di Abu Radwan, nel quartiere di Tal al-Sultan, nella zona occidentale di Rafah. Sono rimasti uccisi nove familiari – sei bambini, due donne e un uomo – e sono stati feriti altri cinque – tre bambini, una donna e un uomo. Sono rimaste ferite anche una donna e la figlia, appartenenti a un’altra famiglia che risiedeva nella casa accanto.

Subhi Abu Radwan, 72 anni, funzionario dell’amministrazione civile in pensione, è sopravvissuto all’attacco in cui sono rimasti uccisi uno dei suoi figli, la nuora, un’altra figlia e sei nipoti:

“Ero ancora sveglio, i miei figli e i miei nipoti erano già a dormire. Ero al piano terra, non ho sentito l’esplosione ma poi la casa ha iniziato a tremare e hanno cominciato a venire giù polvere e calcinacci. Ho gridato aiuto, sono arrivati i vicini e i soccorritori. Il missile ha centrato il tetto, è sceso al terzo piano ed è esploso al secondo, uccidendo tutti. Solo all’ospedale ho capito chi era morto e chi era sopravvissuto. Morti e feriti erano all’esterno dell’abitazione, tra le macerie: la forza dell’esplosione li aveva scagliati fuori”.

Nisrine Saleh, un’insegnante di 40 anni, un’altra nuora di Subhi, è rimasta ferita:

“Per diversi giorni non ho potuto muovermi. I medici dicono che ho riportato danni alle vertebre. Ho avuto paura di rimanere paralizzata ma per fortuna ho ripreso a muovermi, almeno in parte. Ancora non riesco a capire fino in fondo cos’è accaduto alla nostra famiglia. L’hanno distrutta senza alcun motivo”.

Alcuni frammenti del missile che ha colpito la casa della famiglia Abu Radwan rinvenuti da ricercatori sul campo di Amnetsy Internaitonal.

Frammenti del missile che ha colpito l'abitazione della famiglia Abu Radwan rinvenuti da un ricercatore sul campo di Amnesty International.

 

Dalle fotografie dei frammenti recuperati sul posto, gli esperti di armi di Amnesty International hanno concluso che l’attacco è stato portato a termine con una MPR 500, una bomba di 500 libbre prodotta dall’azienda israeliana IMI. Si nota anche un codice CAGE [identificatore univoco assegnato ai fornitori di varie agenzie governative o di difesa] 0UVG2, che indica che almeno una parte del dispositivo di precisione è stata prodotta da AeroAntenna, un fornitore della difesa statunitense che ha sede in California.

Amnesty International ha esaminato 17 foto e un video del luogo dell’attacco. Il tipo di danni prodotto all’edificio è compatibile con quelli di una bomba aerea di quel peso. Le analisi satellitari del 16 e del 20 aprile mostrano profondi cambiamenti sul luogo dell’attacco e sulla struttura del tetto, a conferma di quanto ripreso dalle foto e dal video da terra e di quanto dichiarato da testimoni oculari.

I danni all’abitazione della famiglia Abu Radwan.

Il giorno dopo, il 20 aprile, intorno alle 23.20, un attacco aereo ha distrutto l’abitazione della famiglia Abdelal, nel quartiere di al-Jneinah, nella zona orientale di Rafah, uccidendo 20 membri della famiglia – 16 bambini e quattro donne – e ferendo altri due bambini. Tutte le vittime stavano dormendo. Gli unici sopravvissuti – tre padri, un nonno e alcuni bambini – si sono salvati perché si trovavano in una sala dell’azienda agricola della famiglia, a 100 metri di distanza.

Hussein Abdelal, il proprietario dell’abitazione, ha perso la madre, due mogli e dieci dei suoi figli, di un’età compresa tra 18 mesi e 16 anni:

“Continuo a smuovere le macerie cercando qualsiasi cosa appartenga a mia madre o ai miei figli. I loro corpi sono stati fatti a pezzi. Ho trovato parti dei corpi dei miei figli, senza testa. È una cosa disumana, la bomba ha distrutto tutto: le nostre vite, le nostre case, anche i nostri animali. Perché ci hanno trattati così disumanamente? Non abbiano nulla a che fare con niente, non abbiamo fatto niente di sbagliato. Non riesco ancora a rendermi conto di cosa è successo”.

Il crollo dei piani superiori e i massicci danni strutturali subiti dall’abitazione, analizzati da Amnesty International attraverso video e foto ripresi sul posto dai ricercatori dell’associazione, sono compatibili con quelli prodotti da una bomba aerea. Le analisi delle immagini satellitari scattate dalle 07.03 del 20 aprile alle 11.51 del 21 aprile mostrano l’entità della distruzione.

 

Ulteriori informazioni

All’epoca dei due attacchi, Rafah ospitava oltre un milione e 200.000 persone provenienti da altre zone di Gaza, dalle quali erano state trasferite forzatamente a partire dal 13 ottobre 2023, quando l’esercito israeliano aveva emesso il primo ordine di evacuazione di massa dal nord della Striscia, la cui popolazione è stata da allora sfollata con la forza verso sud.

Quando, nel febbraio 2024, le forze israeliane hanno lanciato la prima ampia offensiva terrestre verso Khan Younis, la maggior parte degli abitanti è fuggita verso Rafah, mentre altri si sono mossi verso al-Maghazi e le zone circostanti. Quando, nell’aprile 2024, le forze israeliane hanno lasciato Khan Younis, la città era in buona parte danneggiata o distrutta.

Il 90 per cento della popolazione della Striscia di Gaza è stata sfollata almeno una volta, molti più volte. Si stima che, da quando le forze israeliane hanno ampliato le loro operazioni di terra a Rafah, ci sia stato un ulteriore sfollamento di quasi un milione di persone.

Amnesty International ha anche documentato violazioni del diritto internazionale ad opera di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi il 7 ottobre e in seguito, tra cui l’uccisione intenzionale di civili, la cattura di ostaggi e il lancio di attacchi indiscriminati coi razzi contro Israele.

Amnesty International continua a sollecitare Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi a rimettere in libertà tutti i civili che sono ancora in ostaggio a Gaza. La cattura di ostaggi è un crimine di guerra.

Amnesty International ha costantemente documentato violazioni del diritto internazionale ad opera di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi a Gaza, come maltrattamenti e torture, attacchi indiscriminati coi razzi contro Israele e attacchi destinati contro Israele che hanno causato vittime tra la stessa popolazione palestinese della Striscia di Gaza occupata.

*Leggi tutte le nostre ricerche e azioni sulla crisi in corso a Gaza.