Rapporto 2020 – 2021

Introduzione

INTRODUZIONE

di Agnès Callamard

Segretaria generale di Amnesty International

 

Nel 2020, un semplice insieme di molecole ha scosso il mondo intero.

Talmente piccolo da non poter essere visto a occhio nudo, un virus nato a livello locale ha scatenato una pandemia globale con notevole rapidità. Qualsiasi sia l’origine precisa che verrà verificata, il coronavirus (Covid-19) e l’alto numero di vittime che ha provocato sono progrediti in parte grazie a un contesto globale di profonde e ampie disuguaglianze all’interno e tra i paesi. La situazione è stata ulteriormente peggiorata da politiche di austerità che hanno portato allo stremo infrastrutture pubbliche e sistemi sanitari e da istituzioni internazionali indebolite nella forma, nelle funzioni e nella leadership. Ed è ancor più peggiorata sotto la pressione di capi di stato che demonizzano e respingono prove e precetti universali, rivendicando strutture arcaiche di sovranità statale e promuovendo approcci di rifiuto della scienza.

Questa è un’epoca senza precedenti. Ma siamo stati all’altezza della sfida?

Tempi senza precedenti obbligano a dar risposte senza precedenti e richiedono leadership fuori dal comune.

Nel 2020, una leadership eccezionale non è emersa da potere, privilegio o profitti. È arrivata invece da infermieri, dottori e operatori sanitari in prima linea nei servizi per salvare vite umane. Da coloro che si sono presi cura delle persone anziane. Da tecnici e scienziati che hanno realizzato milioni di test ed esperimenti, alla ricerca frenetica dei vaccini. Da coloro che, spesso relegati proprio in fondo della scala dei redditi, hanno lavorato per fornire cibo a tutti noi; da quelli che hanno pulito le strade; da quelli che si sono occupati dei corpi di centinaia di migliaia di morti; da quelli che hanno fatto funzionare i servizi essenziali; da quelli che hanno pattugliato le strade o guidato ciò che rimaneva dei mezzi del trasporto pubblico.

Nel 2020, mentre gran parte del mondo si fermava, sono state queste persone che hanno lottato e hanno fatto la differenza. Così come quelli che sono rimasti a casa in solidarietà, se avevano una casa dove stare, che hanno mantenuto il distanziamento fisico a un forte prezzo emotivo e che si sono presi cura di quelli intorno a loro.

Ma dietro a questo eroismo, la pandemia ha messo a nudo le conseguenze devastanti dell’abuso di potere, ormai strutturale e di lunga data. La pandemia da Covid-19 può non definire chi siamo ma certamente ha amplificato cosa non dovremmo essere.

Sono state nuovamente le singole persone a capirlo con chiarezza e a opporsi. Si sono ribellate contro la disuguaglianza, si sono ribellate contro la violenza della polizia che prendeva sproporzionatamente di mira le persone nere, le minoranze, gli indigenti e i senza dimora. Si sono ribellate all’esclusione, al patriarcato, alla retorica d’odio e ai comportamenti brutali della leadership suprematista. Le richieste dei movimenti Black Lives Matter e #MeToo hanno avuto un’eco mondiale. Le proteste pubbliche contro la repressione e la disuguaglianza si sono riversate sulle strade dalla Bielorussia alla Polonia, dall’Iraq al Cile, da Hong Kong alla Nigeria. Molto spesso sono stati i difensori dei diritti umani e gli attivisti per la giustizia sociale di tutto il mondo che, a rischio della loro stessa incolumità, ci hanno ispirato.

A volte abbiamo intravisto una leadership politica d’eccezione, spesso da parte di donne leader, che hanno preso decisioni coraggiose e difficili per proteggere vite umane, sostenere i sistemi sanitari, fare gli investimenti necessari per trovare soluzioni immediate a una velocità senza precedenti e fornire un sostegno economico a coloro che avevano perso del tutto i mezzi di sussistenza e ne avevano un disperato bisogno.

Ma la pandemia ha anche aumentato nel mondo il potere di leader politici mediocri, bugiardi, egoisti e disonesti.

Mentre scrivo, i paesi più ricchi hanno determinato quasi un monopolio della fornitura mondiale di vaccini, lasciando i paesi con meno risorse ad affrontare le peggiori conseguenze in termini di salute e diritti umani, con uno sconvolgimento economico e sociale che si protrarrà più a lungo nel tempo.

E mentre milioni di persone muoiono e altri milioni perdono i loro mezzi di sussistenza, come valutiamo il fatto che i redditi dei più ricchi miliardari sono cresciuti, che i profitti dei giganti della tecnologia sono aumentati, che i mercati azionari dei centri finanziari di tutto il mondo sono cresciuti? Fondamentalmente, quali sono le loro proposte per sostenere la loro giusta parte del peso della pandemia; per garantire una ripresa equa, giusta e duratura? Agli inizi del 2021, ancora nessuno di loro ha rotto il silenzio.

Come è potuto accadere di nuovo, questa volta durante una pandemia, che l’economia globale abbia fatto sì che quelli che hanno di meno sono quelli che pagano di più?

Il 2020 ha anche messo in evidenza la debolezza della cooperazione internazionale: un sistema multilaterale fatiscente, remissivo verso i più potenti e carente nel sostenere i più deboli, incapace, se non riluttante, ad ampliare la solidarietà a livello globale. La grave irresponsabilità della Cina nei primi giorni della pandemia, quando ha nascosto informazioni cruciali, è stata totalmente disastrosa, mentre la decisione degli Usa di ritirarsi dall’Oms nel mezzo della pandemia ha mostrato un vergognoso disprezzo per il resto del mondo. Meschine misure di compromesso, come la decisione del G20 di sospendere i rimborsi del debito per 77 paesi nel 2020, chiedendo però che il denaro sia restituito con gli interessi in seguito, hanno rischiato di rafforzare disuguaglianze strutturali e difficoltà economiche durante la ripresa dalla pandemia, con gravi possibili conseguenze per i diritti economici e sociali di milioni di persone.

Dopo anni di colossali fallimenti, il 2020 ha solo dato ulteriore prova che le istituzioni politiche mondiali non sono all’altezza degli obiettivi globali che dovrebbero perseguire.

La pandemia ha messo tristemente in luce l’incapacità del mondo di cooperare in modo efficace ed equo, di fronte allo scoppio di un evento globale a bassa probabilità e ad alto impatto. Pertanto, è difficile sfuggire a una sensazione di pericolo imminente quando, guardando al futuro, riflettiamo su una crisi di portata ancora maggiore per la quale non c’è vaccino: la crisi climatica.

Nel 2020, milioni di persone hanno subìto gli effetti catastrofici di eventi climatici estremi. Calamità, aggravate dal riscaldamento globale e dall’instabilità climatica, hanno avuto un pesante impatto sul godimento di vari diritti, tra cui quelli alla vita, al cibo, alla salute, all’alloggio, all’acqua e agli impianti igienici, per milioni di persone: dalla siccità prolungata in Africa Subsahariana e India, fino alle devastanti tempeste tropicali in tutto il sud-est asiatico, nei Caraibi, in Africa meridionale e nel Pacifico, fino agli incendi catastrofici che hanno colpito California e Australia. Qual è stata la risposta? L’impegno preso dai paesi sviluppati, secondo gli Accordi di Parigi, di garantire almeno il valore di 100 miliardi di dollari Usa di finanziamenti per il clima per i paesi in via di sviluppo entro il 2020 non è stato rispettato. Ed è significativo che gli stati non si siano assunti gli impegni necessari per raggiungere l’obiettivo di riduzione globale delle emissioni di gas serra della metà entro il 2030. Ovviamente serve un cambiamento drastico per evitare un innalzamento della temperatura globale di più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, che innescherebbe conseguenze irreversibili.

Sono stati 366 giorni che hanno visto la promozione di egoismo, codardia e mediocrità letali e pericolosi fallimenti derivanti da xenofobia e odio razziale. Questi 366 giorni hanno mostrato semplicemente quanto invariata e attuale sia l’eredità violenta di secoli di razzismo, patriarcato e disuguaglianza. Ma questi 366 giorni ci hanno anche donato forti fonti d’ispirazione per la nostra forza e resilienza come famiglia umana; giorni che hanno mostrato la determinazione delle persone a lottare per i loro diritti e per una ripresa equa e giusta dalla pandemia.

Tempi fuori dal comune richiedono risposte fuori dal comune e leadership fuori dal comune. Per cui, di cosa abbiamo bisogno per creare un mondo molto più resiliente di fronte alle enormi sfide che abbiamo davanti?

Le fondamenta per una società globale sostenibile post pandemia non risiedono solamente nella ripresa. Occorre accertamento delle responsabilità, diritti umani e un ripensamento e riformulazione del nostro rapporto con il nostro habitat, l’ambiente e l’economia.

Le autorità devono immediatamente lavorare per accelerare la produzione e la consegna dei vaccini per tutti. Questa è la prova cruciale, e perfino elementare, per testare la capacità di cooperazione del mondo: pensare globale, agire locale e pianificare a lungo termine. Questo significa tra l’altro sostenere una rinuncia degli Accordi sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale dell’Organizzazione mondiale del commercio, che permetterà il necessario ampliamento della fabbricazione di prodotti per la salute relativi al Covid-19 e garantirà la condivisione da parte delle compagnie farmaceutiche delle loro innovazioni e tecnologie, attraverso licenze aperte e non esclusive, e supportare iniziative come il Pool di accesso alle tecnologie relative al Covid-19 (COVID-19 Technology Access Pool – C-TAP).

Oltre a questo primo passo, una ripresa che “ricostruisca meglio” richiederà più di un riavvio. È necessario un reset che affronti le cause della crisi, attraverso la protezione e il rispetto dei diritti umani, indivisibili e universali.

Per prima cosa, occorre porre fine a un’agenda incentrata su una maggiore “sicurezza” che, dall’11 settembre, ha portato a un’ampia repressione dello spazio civico e che si è ulteriormente ampliata durante la pandemia. Quest’agenda, che conferisce un’aura di normalità a poteri esecutivi e di controllo straordinari, ora rischia di diventare permanente. Deve essere smantellata.

Secondo, una ripresa equa e sostenibile richiede una revisione completa del regime di tassazione pubblica nel mondo. Una tassazione adeguata è un fattore indispensabile per mobilitare risorse necessarie per realizzare i diritti economici e sociali, inclusi i nostri diritti a salute, educazione e previdenza sociale. Una tassazione dei profitti transnazionali equa e conforme ai diritti umani sarà fondamentale, così come gli sforzi coordinati per porre fine all’evasione delle tasse e all’elusione fiscale aggressiva. Gli stati dovrebbero mettere in campo una nuova tassa sui combustibili fossili, da applicare ai profitti delle aziende energetiche e ai dividendi degli azionisti derivanti dalla loro attività con i combustibili fossili, al fine di spingere gli azionisti e le compagnie a passare alle energie rinnovabili, senza imporre l’onere maggiore ai consumatori.

In una società post-pandemia non c’è spazio per decisioni poco lungimiranti. Finché a dominare l’economia globale saranno gli investimenti poco regolamentati, speculativi ed eccessivamente avidi, in attività tutte incentrate sul carbonio, la crisi climatica non farà che peggiorare, portando con sé molteplici violazioni e avvicinandoci sempre più velocemente un punto di non ritorno, che mette in pericolo l’esistenza stessa della famiglia umana.

Terzo, dobbiamo affrontare la realtà che lo stato nazionale sovrano, che agisce da solo e per se stesso, per affrontare queste sfide globali non ha più strumenti di quanti ne abbiano i freni della bicicletta per fermare un aereo.

Riformare la governance globale e riadattare le istituzioni mondiali per rafforzare e consentire la realizzazione dei diritti umani è una condizione preliminare per una forte ripresa. Non possiamo accettare l’approccio “selettivo” adottato da alcuni stati, che scelgono le ciliegie migliori dalla torta della governance globale, lasciando indietro gli ingredienti “scomodi” come i diritti umani, l’assunzione della responsabilità e la trasparenza.

Per una governance globale all’altezza dell’obiettivo, occorre un controllo mondiale su come norme e standard internazionali sui diritti umani vengono implementati. È necessario per prevenire genocidi e crimini contro l’umanità; abuso di potere e corruzione; censura spietata e repressione del dissenso; discriminazione, forza bruta e tortura da parte di coloro il cui compito è quello di proteggerci.

Per alimentare l’innovazione, la creatività e l’inventiva necessarie per trovare la nostra strada verso una ripresa resiliente e sostenibile, occorre che le nostre libertà siano supportate, difese e protette, non limitate. La governance globale non sarà in grado di affrontare obiettivi globali finché, o a meno che, le sue operazioni non siano profondamente intrecciate con un sistematico coinvolgimento della società civile globale, che deve essere valorizzata e rispettata. È questo che dobbiamo pretendere. È questo che dobbiamo rivendicare. È per questo che dobbiamo organizzarci. E, come società civile, dobbiamo anche assicurarci di essere pronti.

Il 2020 ci ha insegnato ancora una volta lezioni che ignoravamo, a scapito delle generazioni future: l’interdipendenza della famiglia umana; l’universalità di ciò che “noi, il popolo” chiediamo alla governance in tempi di crisi e quanto il nostro futuro sia inscindibile dal futuro che stiamo creando per il nostro pianeta. Ci ha di nuovo insegnato, in altre parole, l’essenza dei diritti umani.

La domanda a cui rimane da rispondere è: saremo abbastanza audaci da capire ciò che deve essere fatto e abbastanza coraggiosi da andare avanti e farlo, su larga scala e a ritmo serrato?

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