Il rapporto sugli attacchi aerei degli Usa in Somalia: possibili crimini di guerra avvolti dal segreto

20 Marzo 2019

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In soli cinque degli oltre 100 attacchi aerei degli ultimi due anni condotti dagli Stati Uniti in Somalia sono stati uccisi 14 civili e altri otto sono rimasti feriti.

I cinque attacchi aerei sono stati portati a termine con droni Reaper e aerei con equipaggio a bordo nel Basso Shabelle, una regione che circonda la capitale Mogadiscio e che è controllata pressoché totalmente dal gruppo armato al-Shabaab. Queste operazioni paiono costituire violazioni del diritto internazionale umanitario e, in alcuni casi, crimini di guerra.

Questo è quanto emerge dal nostro ultimo rapporto intitolato “La guerra nascosta degli Usa in Somalia“.

Il rapporto nasce da oltre 150 interviste con testimoni oculari, familiari di vittime, sfollati di guerra ed esperti – anche all’interno delle forze armate Usa – e analizzato col massimo rigore le prove disponibili, tra cui immagini satellitari, frammenti di munizioni e fotografie dei luoghi colpiti dagli attacchi.

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Il Comando Usa in Africa (Africom), cui abbiamo sottoposto le nostre conclusioni, ha smentito che nelle sue operazioni in Somalia siano stati uccisi civili.

Ma il numero degli attacchi aerei Usa in Somalia è aumentato dal 30 marzo 2017, quando il presidente Trump ha firmato un decreto per dichiarare la Somalia “area di ostilità attive”.

Negli ultimi nove mesi del 2017 gli Usa hanno compiuto 34 attacchi aerei in Somalia, più del totale del periodo tra il 2012 e il 2016. L’aumento è proseguito nel 2018 con 47 attacchi aerei e pare confermato anche nel 2019, con 24 attacchi aerei nei soli due primi mesi dell’anno.

Copyright: Mike Dawson

In soli cinque degli oltre 100 attacchi aerei degli ultimi due anni condotti dagli Stati Uniti in Somalia sono stati uccisi 14 civili e altri otto sono rimasti feriti. Il nostro rapporto.

Le testimonianze raccolte

“Quel giorno il suono dell’aereo era più forte. La settimana prima, passavano e andavano via ma quel giorno continuavano a sorvolarci. Dopo l’esplosione non si è sentito più nulla. Quei tre giovani non si aspettavano di essere uccisi da un aereo e noi non ci aspettavamo che il mondo sarebbe rimasto in silenzio”. Un contadino di Darusalaam.

Abbiamo raccolto prove schiaccianti che dimostrano come 14 civili siano stati uccisi e altri otto sono feriti in cinque attacchi aerei Usa che paiono costituire violazioni del diritto internazionale umanitario e, in alcuni casi, crimini di guerra.

In un attacco nelle prime ore del mattino del 12 novembre 2017 contro una fattoria nei pressi del villaggio di Darusalaam sono stati uccisi tre civili che riposavano all’aperto dopo aver lavorato fino a notte nei canali d’irrigazione.

L’attacco aereo è arrivato alle 3 del mattino, senza alcun preavviso. L’esplosione ha svegliato gli abitanti di due villaggi vicini e molti contadini sono fuggiti in cerca di riparo.

Abbiamo analizzato le fotografie dei corpi delle vittime, trovando corrispondenza con le testimonianze dei contadini che erano andati a recuperarli e che avevano parlato di ferite orribili.

Due corpi erano sfigurati. Un grande frammento aveva colpito al volto una delle vittime, sbriciolandone il cranio, e le braccia erano quasi del tutto staccate dal tronco. Il volto, la gola e il petto di una seconda vittima erano bucati dai frammenti. Il terzo corpo presentava una profonda ferita su un lato del corpo e una piccola ferita sopra l’occhio destro.

Come negli altri casi da noi esaminati, molti abitanti dei villaggi hanno dichiarato che le vittime non facevano parte di al-Shabaab.

Le foto dei tre contadini uccisi e delle zone circostanti hanno consentito ai nostri Corpi di verifica digitale di localizzare dov’è avvenuto l’attacco aereo.

Dai segni lasciati sul terreno, tra cui un cratere di un metro prodotto dall’esplosione, e dai frammenti rinvenuti sul posto sono giunti alla conclusione certa che si sia trattato di una GBU-69/B Small Glide Munition, che può essere lanciata solo da un aereo AC-130, in dotazione all’aviazione Usa e che viene spesso usato a sostegno aereo delle forze di terra più che in attacchi aerei isolati.

L’impiego di questo aereo, che non si vedeva in Somalia da oltre 10 anni, testimonia l’escalation del conflitto. Africom non ha confermato l’uso degli AC-130 ma ha ammesso di aver condotto un attacco aereo nella regione del Basso Shabelle intorno alle 3 del mattino del 12 novembre 2017, nel quale sono stati uccisi “diversi” militanti.

In un altro caso, il 6 dicembre 2017, cinque civili, tra cui due bambini, sono stati uccisi quando un sospetto camion di al-Shabaab è passato attraverso il villaggio di Illimey. Dalle immagini satellitari si notano 10 strutture parzialmente distrutte dall’esplosione e dall’incendio che ne è derivato.

“In appena cinque minuti si è alzata una grande nuvola di fumo. Tutti abbiamo pensato che fosse accaduto qualcosa di terribile. Sono corso sul posto. [Il camion] era completamente distrutto, l’intero villaggio incendiato, pure gli alberi lì intorno erano in fiamme. C’era un grande buco dove [il camion] era stato centrato”, ha dichiarato un amico di uno degli uccisi che aveva sentito l’esplosione da Farsoley, un villaggio a 14 chilometri di distanza.

Africom ha categoricamente smentito l’attacco di Illimey ma vi sono prove schiaccianti che vi sia stato un attacco aereo e possa esserne responsabile un’agenzia di sicurezza Usa.

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In soli cinque degli oltre 100 attacchi aerei degli ultimi due anni condotti dagli Stati Uniti in Somalia sono stati uccisi 14 civili e altri otto sono rimasti feriti. Il nostro rapporto.

L’uso dei droni

Il rapporto da noi stilato a riferimento anche ad attacchi coi droni.

Gli Usa non hanno condotto queste operazioni da soli, il programma di droni armati americano fa affidamento su un vasto e complesso network di intelligence e condivisione di infrastrutture in giro per il mondo.

In un rapporto del 2018, avevamo analizzato l’assistenza che Regno Unito, Germania, Olanda e Italia forniscono al programma statunitense di uso dei droni e concluso che questi quattro stati rischiano di dover rendere conto di violazioni del diritto internazionale.

Italia, ma anche Regno Unito e Germania, consentono agli Usa di gestire basi nei loro territori, col conseguente impiego di comunicazioni e infrastrutture d’intelligence che permettono la trasmissione di informazioni dagli operatori dei droni negli Usa ai droni armati che lanciano attacchi mortali in tutto il pianeta.

L’Italia, inoltre, consente agli Usa di lanciare attacchi coi droni armati dalla base Usa di Sigonella a scopo difensivo.

Di fronte al rischio concreto di violazione dei diritti umani e di possibili crimini di guerra, chiediamo nuovamente al governo italiano di astenersi dal prestare assistenza negli attacchi con i droni statunitensi che possono violare la legge internazionale sui diritti umani (che si applica a qualsiasi uso di droni da parte degli Stati Uniti) o che possano violare il diritto umanitario internazionale.

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