“Se è ancora vivo lo sa solo Dio”: il report sulle torture e le sparizioni forzate in Yemen

12 Luglio 2018

Saleh Al-Obeidi/AFP/Getty Images

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Non voglio mai più vedere quello che ho visto. In quel posto, non vedi neanche la luce del sole. Mi accusavano di qualsiasi cosa e mi picchiavano. Poi, una notte, mi hanno rilasciato dicendo che mi avevano confuso con un’altra persona. ‘Ci siamo sbagliati, scusa!’, come se non mi avessero fatto soffrire, come se non mi avessero sottoposto alla corrente elettrica“.

Questa è una delle terribili testimonianze che abbiamo raccolto in un nuovo agghiacciante rapporto sulle sparizioni e sulle torture nei centri di detenzione dello Yemen meridionale.

A un anno di distanza dal primo rapporto sulle prigioni segrete situate nello Yemen meridionale, siamo tornati a denunciare quel sistema, tuttora impunito, di sparizioni forzate e torture, che costituiscono crimini di guerra.

Il nuovo rapporto, intitolato “Se è ancora vivo lo sa solo Dio”, denuncia che decine di uomini sono stati arrestati dalle forze degli Emirati Arabi Uniti e forze locali che agiscono fuori dal controllo del governo yemenita.

Molti sono stati torturati e si teme che alcuni degli arrestati siano morti durante la detenzione.

Abbiamo svolto ricerche su 51 uomini arrestati tra marzo 2016 e maggio 2018 nelle provincie di Aden, Lahj, Abyan, Hadramawt e Shabwa. Molti di essi hanno trascorso periodi di sparizione forzata e 19 di essi risultano tuttora scomparsi.

Per la stesura del rapporto abbiamo intervistato 75 persone, tra le quali ex detenuti, parenti di persone scomparse, attivisti e rappresentanti del governo.

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Detenuti torturati da parte delle forze appoggiate dagli Emirati

Da quando, nel marzo 2015, hanno aderito alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, gli Emirati hanno creato, addestrato, equipaggiato e finanziato varie forze di sicurezza locali, tra cui la Cintura di sicurezza e la Forza di élite, e costruito alleanze con singoli responsabili della sicurezza yemeniti, aggirando il governo locale.

Detenuti ed ex detenuti hanno riferito di scariche elettriche, pestaggi e violenze sessuali. Uno di loro ha visto un compagno di prigionia venir portato via in un sacco da cadavere dopo essere stato ripetutamente torturato.

Un altro ex detenuto ha raccontato che i soldati degli Emirati di stanza nella base di Aden gli hanno inserito più volte un oggetto nell’ano, fino a farlo sanguinare e lo hanno tenuto in una buca nel terreno con la sola testa fuori dalla superficie, lasciandolo defecare e urinare in quel modo.

Sentivamo parlare della tortura e dicevamo ‘figuriamoci se accadono queste cose’ fino a quando non l’ho provata sulla mia pelle”, ha detto l’ex detenuto.

"Non abbiamo la minima idea di dove sia, se è ancora vivo lo sa solo Dio. Vogliamo solo sapere che fine ha fatto nostro fratello, sentire la sua voce, sapere dove si trova. Perché li fanno sparire in questo modo?".

Le vane ricerche delle famiglie degli scomparsi

I familiari dei detenuti ci hanno raccontato le disperate e vane ricerche d’informazioni.

Madri, mogli e sorelle degli scomparsi svolgono regolari proteste da quasi due anni lungo il percorso tra gli uffici governativi e della procura, le sedi dei servizi di sicurezza, le prigioni, le basi della coalizione a guida saudita e vari altri luoghi per presentare denunce relative ai loro cari.

Alcune famiglie hanno riferito di essere state avvicinate da persone che le hanno avvisate della morte in carcere di un loro parente ma quando sono andate a chiedere conferma alle forze yemenite sostenute dagli Emirati queste hanno negato tutto.

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Detenuti torturati da parte delle forze appoggiate dagli Emirati

Detenuti ed ex detenuti hanno riferito di scariche elettriche, pestaggi e violenze sessuali. Uno di loro ha visto un compagno di prigionia venir portato via in un sacco da cadavere dopo essere stato ripetutamente torturato.

Gli Emirati, col loro modo di operate nell’ombra, hanno creato nello Yemen meridionale una sorta di struttura di sicurezza al di fuori della legge che compie gravi violazioni dei diritti umani senza pagarne le conseguenze”, ha commentato Tirana Hassan, direttrice di Amnesty International per la risposta alle crisi.

La mancanza di un sistema cui rendere conto rende ancora più difficile alle famiglie contestare la legalità della detenzione dei loro congiunti. Anche quando alcuni magistrati yemeniti hanno cercato di prendere il controllo su alcune prigioni, i loro tentativi sono stati del tutto ignorati dalle forze degli Emirati e in diverse occasioni i loro provvedimenti di rilascio di detenuti sono stati ritardati”, ha aggiunto Hassan.

Oppositori presi di mira col pretesto della lotta al terrorismo

Gli Emirati sono un alleato chiave della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che dal marzo 2015 prende parte al conflitto armato dello Yemen.

Il loro ruolo nella creazione della Cintura di sicurezza e delle Forze di élite ha ufficialmente l’obiettivo di combattere il terrorismo, dando la caccia ai membri di al-Qaeda nella Penisola araba e del gruppo denominatosi Stato islamico.

Tuttavia, molti degli arresti paiono basati su sospetti infondati o dovuti a vendette private.

Tra le persone prese di mira figurano infatti coloro che hanno espresso critiche nei confronti della coalizione a guida saudita e dell’operato delle forze di sicurezza appoggiate dagli Emirati, nonché leader locali, attivisti, giornalisti e simpatizzanti e militanti del partito al-Islah, sezione yemenita della Fratellanza musulmana.