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“Non sapevo cosa aspettarmi prima di partire, ma ciò che ho trovato è stato molto peggio di quanto potessi immaginare”.
Mi chiamo Valia Charalampopoulou, a settembre 2019 ho fornito consulenza legale ai richiedenti asilo del villaggio di Vathy sull’isola di Samos. Non sapevo cosa aspettarmi prima di partire, ma ciò che ho trovato è stato molto peggio di quanto potessi immaginare.
Avevo parlato con dei miei colleghi i quali mi avevano avvertito che la situazione era molto grave e che il numero di rifugiati era molto più alto di quanti il campo ne potesse ospitare: 4.197 a fronte di 650 posti.
Mi ero informata anche sugli aspetti giuridici, ma quando mi sono confrontata con la realtà, mi sono resa conto che non esisteva nessun quadro giuridico nel quale operare.
In Grecia la legge impone che i richiedenti asilo abbiano un tenore di vita che garantisca il loro mantenimento e promuova la loro salute fisica e mentale, al fine di rispettare la dignità umana. La legge prevede che i ricercatori abbiano diritto di libero accesso alle strutture sanitarie pubbliche e stabilisce che le persone appartenenti a categorie vulnerabili possano accedere a tutte le cure necessarie.
La legge specifica inoltre che i minori, i cittadini di paesi terzi o apolidi, durante la loro permanenza in Grecia abbiano accesso al sistema di istruzione pubblica.
Sì, queste sono le leggi. In teoria. Come ho detto, le ho studiate bene. Ma una settimana a Samos mi ha fatto scontrare con la triste realtà, che è molto lontana da ciò che prevede la legge, che non si applica nella pratica.
I “centri di accoglienza” sono strutture estremamente problematiche e inadatte per i richiedenti asilo. In particolare, a Vathy, nei dintorni del centro, le persone dormono nelle tende.
Con il caldo torrido o con il freddo pungente, con la pioggia o con il sole, tutti – famiglie, bambini, anziani e donne incinta – restano nelle tende. Non sono soli, ovviamente. Ratti, serpenti e insetti sono accanto a loro in modo permanente.
Nei centri e tra le tende mancano le condizioni di vita essenziali, manca la privacy, c’è sovraffollamento e l’igiene è inadeguata. Le persone non riescono nemmeno a dormire. Per mangiare devono aspettare ore in fila per ogni pasto.
Ci vogliono ore, giorni – o addirittura mesi – per poter essere visitati dai medici che lavorano sempre sotto organico. Molto spesso non si riesce nemmeno a ottenere una visita… La situazione nell’ospedale pubblico non è migliore, con la clinica pediatrica gestita da un unico medico. La situazione non cambia per chi fa parte delle categorie più vulnerabili.
Le cose non sono diverse neppure se hai tutti i requisiti necessari per poter accedere a servizi specifici come cure mediche, supporto psicosociale, o hai diritto a stare al di fuori della struttura del “Centro di accoglienza”. No: rimarrai nel centro senza alcun supporto, perché la legge non si applica. Se cerchi spiegazioni non troverai nessun traduttore, dovrai riprovare domani, dopodomani, la settimana prossima, il mese prossimo. Se c’è un traduttore, in un minuto ti diranno che non possono aiutarti e che dovrai aspettare.
Ho soggiornato a Samos solo per un mese ma è stato sufficiente a farmi rendere conto del divario che c’è tra le leggi e la realtà. I richiedenti asilo non possono migliorare le loro condizioni di vita senza una guida e un sostegno adeguato delle autorità greche.
Il 29 settembre scorso a Moira è scoppiato un incendio, una donna è morta. Da allora i media stanno ricominciando a parlare di rifugiati … Pochi giorni prima dell’incendio, un bambino di cinque anni è stato ucciso appena fuori Moira, nella zona di Agios Ioannis, dopo che un camion in manovra lo ha schiacciato nel cartone in cui dormiva.
Pochi giorni dopo l’incendio, il governo ha annunciato una serie di misure per affrontare la “crisi dei migranti”: rafforzare le frontiere del paese, costruire centri di espulsione, aumentare i rimpatri, stilare un elenco di paesi sicuri dove chi è entrato illegalmente in Grecia verrà rispedito, bloccare le isole, e trasferire i richiedenti nelle strutture interne, internazionalizzando il problema.
Misure del tutto inadeguate per chi tenta di sopravvivere.
Questo è il triste racconto che Valia, una nostra attivista, ci ha riportato dopo il suo viaggio a Samos.
Sulla terraferma greca circa 45.500 migranti e rifugiati vivono in strutture di accoglienza temporanee nelle aree urbane oppure nei campi.
Oltre il 60% dei migranti e dei rifugiati arrivati in Grecia nel 2018 sono donne e bambini. A causa dell’accordo tra Unione europea e Turchia del marzo 2016, queste persone sono intrappolate e devono sopportare condizioni terribili.
Il sovraffollamento è a livelli critici: oltre 15.500 migranti e rifugiati vivono nelle isole in cinque campi che potrebbero contenerne solo 6.400.
Nel 2018 tre campi che erano stati chiusi perché giudicati inabitabili sono stati riaperti a causa della mancanza di altre strutture, senza che le condizioni fossero state migliorate.
Migliaia di persone, molte delle quali con bisogni particolari come i disabili e i bambini, dormono in tende allestite intorno ai campi. La mancanza di servizi igienico-sanitari, le insufficienti forniture di acqua potabile, l’accumulo di rifiuti e la presenza di topi anche di grosse dimensioni sono comuni in tutti i campi.