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In occasione della Giornata internazionale di sostegno per le vittime di tortura, Amnesty International Italia ha voluto ricordare la sentenza di grande interesse, seppur ancora priva delle motivazioni, emessa dal tribunale di Messina il 28 maggio per torture commesse in Libia, nel campo di detenzione per migranti di Zawiya, da tre persone successivamente arrivate sul territorio italiano: scosse elettriche, violenza sessuali, mancanza di assistenza medica, di acqua e di cibo.
I tre imputati, condannati a 20 anni, sono un guineano e due egiziani, facenti capo ad Abdurahman al Milad: il “Bija” di cui la stampa italiana, a partire dal quotidiano “Avvenire” rivelò una alquanto controversa visita ufficiale in Italia.
“Dopo innumerevoli testimonianze delle persone sopravvissute alle sevizie, i rapporti delle organizzazioni per i diritti umani e le inchieste giornalistiche, ora anche una sentenza di un tribunale italiano ha confermato che i centri di detenzione libici per migranti, finanziati da Italia e Unione europea sono luoghi di tortura“, ha dichiarato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.
“Dai primi resoconti di stampa, le modifiche che sarebbero state recentemente annunciate dal ministro degli Esteri Di Maio al primo ministro del Governo di accordo nazionale libico, Fayez al-Sarraj e che verranno ulteriormente esaminate il 2 luglio, si basano su quello che potremmo definire un atto di fede: che la Libia rispetterà i diritti umani“, ha aggiunto Rufini.
“Siamo più che mai convinti che l’intera cooperazione tra Italia e Libia vada ripensata e che non saranno sufficienti ritocchi stilistici a un Memorandum che lo scorso 2 novembre non avrebbe dovuto essere rinnovato, a garantire i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati nei centri di detenzione di quel paese“, ha concluso Rufini.