Venezuela: violenza letale, una politica di stato per soffocare il dissenso

10 Luglio 2017

GEORGE CASTELLANOS/AFP/Getty Images

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Gli attacchi ricorrenti contro la popolazione venezuelana e i discorsi che incitano alla violenza da parte delle autorità indicano una politica premeditata di violenta repressione di ogni forma di dissenso, come lo dimostra l’ulteriore aumento delle vittime durante le manifestazioni, con almeno 91 casi registrati in soli tre mesi.

Quelle che sembravano reazioni isolate delle autorità venezuelane di fronte alle proteste, indicano in realtà una strategia pianificata dal governo del presidente Maduro che usa violenza e forza illegittima contro la popolazione venezuelana per neutralizzare qualsiasi critica, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

Il fatto che coloro che la pensano diversamente siano le uniche persone a essere etichettate come ‘terroriste’, a cui è impedito di manifestare e contro le quali viene utilizzata violenza e forza illegittima, è la prova di una strategia per mettere a tacere il crescente malcontento sociale in Venezuela.

Dall’inizio delle proteste il 4 aprile, fonti ufficiali citano almeno 91 persone uccise e più di 1.400 ferite nel contesto della crisi politica in Venezuela.

Inoltre, ci sono preoccupazioni circa un probabile peggioramento della situazione in vista delle elezioni per l’Assemblea nazionale costituente, che si terranno il 30 luglio in un contesto di grave conflitto sociale.

“Se le autorità non cambiano radicalmente e non pongono fine alla repressione violenta premeditata contro le persone ritenute critiche del governo, prove irrefutabili continueranno ad accumularsi per i colpevoli e le autorità che saranno giudicati responsabili dal sistema di giustizia penale internazionale”.

 

Violenza statale  

Negli ultimi tre mesi, Amnesty International ha documentato che le forze di sicurezza statali hanno soppresso violentemente le proteste contro il governo. L’analisi dei fatti indica che questi atti di repressione violenta non sono solo una reazione incontrollata da parte di alcuni agenti di sicurezza, ma fanno parte di una pratica premeditata di uso della violenza per soffocare le voci critiche.

Amnesty International ha potuto confermare che la Polizia nazionale bolivariana e la Guardia nazionale bolivariana hanno indebitamente utilizzato forza non letale, come l’uso di gas lacrimogeni direttamente contro i manifestanti. Un esempio è il caso di Juan Pernalete, morto dopo essere stato colpito direttamente al petto con una bomboletta di lacrimogeni nel corso di una manifestazione a Caracas nell’aprile del 2017. Le forze di sicurezza hanno anche utilizzato armi letali per sopprimere le manifestazioni, causando morti e feriti, come Fabián Urbina, morto il 20 giugno 2017 mentre stava protestando a Caracas per un colpo di arma da fuoco sparato da un agente della Guardia nazionale.

Sono stati inoltre documentati attacchi contro comunità e persone che non partecipano alle proteste, incluse incursioni violente delle forze di sicurezza con veicoli blindati e gas lacrimogeni, danneggiando veicoli e case e mettendo in pericolo la vita dei residenti.

Fra i numerosi esempi di questi attacchi, a La Isabelica, Carabobo, gli abitanti hanno riferito che a maggio 2017 le forze di sicurezza hanno fatto incursione nelle comunità, impiegando gas lacrimogeni direttamente nelle abitazioni e sparando a caso ai passanti.

Secondo i casi documentati da Amnesty International, questo genere di utilizzi della forza, vietati dal diritto internazionale, sono stati commessi da forze di sicurezza a Caracas, a Lara, Barinas, Carabobo e negli stati Táchira, indicando che queste pratiche non sono limitate a una parte del paese, ma sono molto più generalizzate.

Allo stesso tempo, questi atti di violenza sono stati specificamente rivolti a coloro identificati dalle autorità come dissidenti e usati contro le proteste anti-governative. Tuttavia, le manifestazioni pro-governative si svolgono senza incidenti e sono state salvaguardate dalle autorità, asserendo che questi atti di violenza hanno lo scopo di tacitare il dissenso.

Oltre agli atti di violenza illegale commessi dalle forze di sicurezza statali, Amnesty International ha prove di diversi casi di gruppi civili armati che hanno attaccato la popolazione civile con il consenso delle autorità, che sembrano legati alla stessa politica statale di violenza.

Questi atti violenti hanno preso di mira le manifestazioni dei dissidenti, ma anche abitazioni private in diversi stati del paese, dimostrando ancora una volta la natura generalizzata di questa strategia di violenza. Ci sono prove che gli attacchi di questi gruppi, comunemente denominati “collettivi armati”, si sono verificati in presenza di forze di sicurezza statali e che questi ultimi non hanno agito per proteggere la popolazione.

L’incidente più recente è stata l’irruzione di gruppi armati nell’Assemblea Nazionale il 5 luglio 2017, quando le forze di sicurezza statali non hanno fatto nulla per intervenire mentre i civili armati hanno attaccato i parlamentari.

Creazione di apparati statali esclusivamente per repressione violenta

Inoltre, il governo ha creato e attuato organismi e meccanismi statali con il mandato di compiere atti di repressione violenta contro la popolazione. Lo sviluppo di apparati progettati esclusivamente per la persecuzione di manifestanti e sospetti dissidenti, come la creazione del “Commando anti-terrorismo” e l’aumento del numero di armi e reclute della milizia bolivariana, indicano una preparazione calcolata per l’attuazione di una politica di repressione violenta.

Dichiarazioni che incitano alla violenza

L’uso illegittimo della forza in tutte le sue dimensioni e lo sviluppo di meccanismi statali di persecuzione contro la popolazione si inseriscono nel contesto di un discorso di incitamento alla violenza promosso e usato dal governo venezuelano per legittimare la violenza come risposta standard a ogni forma di dissenso. In particolare, gli appelli dei funzionari di alto livello, incluso il presidente Nicolás Maduro, rivolte sia alle forze di sicurezza dello stato che ai gruppi civili pro-governativi, promuovono l’uso della forza e identificano i dissidenti come terroristi, nemici e traditori della patria. Di conseguenza, questi tre elementi – l’uso illegittimo della forza contro la popolazione su base ricorrente, la creazione di meccanismi statali dedicati alla repressione violenta e il ripetuto discorso di incitamento alla violenza da parte del governo – indicano una politica premeditata per neutralizzare violentemente ogni dissenso contro le azioni del governo.

“Il Venezuela sta vivendo una delle peggiori crisi dei diritti umani della sua storia recente. L’escalation di violenza promossa dal governo e la mancanza di proposte da parte dello stato di una soluzione efficace per contrastare i gravi problemi che la maggioranza della popolazione deve affrontare, l’incluso l’accesso a mezzi di sostentamento essenziali come cibo, medicinali e tutti i beni di base, stanno generando una crisi mai vista in tutto il continente”, ha aggiunto Erika Guevara-Rosas.

“È essenziale che il governo affronti la situazione drammatica a cui sono esposte ogni giorno migliaia di persone nel paese, invece di istituire un regime di repressione e violenza”.

Le autorità che hanno promosso questi meccanismi e strategie di violenta repressione devono mettere fine alla loro attuazione immediatamente, soprattutto a fronte di crescenti disordini sociali in vista delle elezioni dell’Assemblea Nazionale Costituente, prevista per il 30 luglio 2017. Su questo, i meccanismi di giustizia penale internazionale – tra cui la Corte penale internazionale e quei paesi che ne riconoscono la competenza universale – monitoreranno attentamente la situazione in Venezuela. Se gli alti funzionari governativi, militari e di polizia non elimineranno i meccanismi che fanno parte di una politica statale di violenza contro la popolazione e non fermeranno l’incitamento alla violenza nei loro discorsi e negli ordini ufficiali, potranno essere giudicati dal sistema di giustizia penale internazionale.

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