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Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte. Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter. Per consultare i numeri precedenti clicca qui.
E’ in corso “Write for Rights”, la più grande campagna d’invio di lettere di Amnesty International, giunta al suo ventesimo anno. Dal 2001, nelle ultime settimane dell’anno, l’organizzazione raccoglie firme, post, e-mail, lettere e cartoline a sostegno di persone ingiustamente imprigionate o perseguitate: dalle 2326 lettere raccolte il primo anno, nel 2020 è passata a quattro milioni e mezzo di testi scritti.
“Write for Rights” chiede protezione, giustizia o libertà per dieci coraggiose persone dedicatesi alla difesa dei diritti umani come Janna Jihad, Zhang Zhan, Wendy Galarza, Ciham Ali, Anna Sharthina e Vira Chernygina.
Ma “Write for Rights” è anche l’occasione per sostenere tutte le persone che, per difendere un proprio diritto, rischiano la vita. Tra queste, uomini e donne a rischio pena di morte: Rocky Myers, l’afroamericano rinchiuso dal 1994 nel braccio della morte dell’Alabama, Yahaya Sharif-Aminu condannato a morte in Nigeria per aver diffuso tramite WhatsApp una canzone considerata blasfema; Ahmadreza Djalali, condannato in via definitiva a morte da un tribunale iraniano con l’accusa di “spionaggio”; Mohammad Reza Haddadi, arrestato quando aveva solo 15 anni e condannato alla pena capitale per omicidio.
Ma anche Atena Daemi, condannata a 14 anni poi ridotti a 7, picchiata e detenuta in isolamento per aver criticato sui social media le esecuzioni nel suo paese in Iran.
Aiutaci con la tua firma a salvarli.
In totale 144 stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica, 55 stati mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.
*: questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato. Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.
Arabia Saudita – La Corte Suprema ha annullato l’11 novembre la condanna a morte di Abdullah al-Huwaiti, arrestato quando aveva 14 anni e condannato a morte tre anni dopo con l’accusa di omicidio e rapina a mano armata insieme ad altri cinque imputati. Per le ong, che hanno seguito con particolare attenzione il caso, il giovane avrebbe subìto un “processo gravemente iniquo” per crimini che avrebbe commesso da minorenne. Ora dovrà prevedersi un nuovo processo, ma sebbene Abdullah non sia più a rischio di esecuzione imminente, potrebbe ancora essere condannato a morte in una fase successiva. Nel 2020 le autorità saudite hanno abolito la pena di morte per i minorenni e hanno affermato che l’applicazione sarebbe stata retroattiva. La Commissione per i Diritti Umani del Regno, legata al governo di Riad, in seguito ha chiarito che il divieto si applica solo a una categoria minore di reati nota nel diritto islamico come “ta’zeer”. Ciò significa che i giudici possono ancora condannare a morte i minorenni in relazione alle altre due categorie, secondo l’interpretazione della sharia dell’Arabia Saudita: “houdoud”, relativa a crimini gravi che comportano una punizione prescritta, incluso il terrorismo, e “qisas”, o retribuzione, che di solito riguarda l’omicidio. Huwaiti è stato riconosciuto colpevole di un crimine “houdoud”.
Corea del Nord – Condannato a morte per aver contrabbandato Squid Game, la serie sudcoreana di successo planetario. Lo riferisce Variety citando Radio Free Asia, che ha base negli Usa. Si tratta di uno studente che ha portato la serie trasmessa da Netflix dalla Cina dopo averla caricata su una chiavetta USB. E’ stato scoperto dopo che il servizio censura del 109 Sangmu, una unità governativa specializzata, ha sorpreso alcuni studenti a guardare “Squid Game”. Lui rischia il plotone di esecuzione, gli altri studenti sono stati invece condannati a cinque anni di lavori forzati. E gli insegnanti e i dirigenti della scuola sono stati licenziati col rischio di finire a lavorare nelle miniere, scrive Variety. A dicembre dello scorso anno la Corea del Nord ha varato la ‘Legge per l’eliminazione del pensiero e della cultura reazionarie’ che proibisce l’ingresso e la divulgazione nel paese di materiale culturale straniero come film, musica e libri. Il provvedimento ha lo scopo di impedire la diffusione di contenuti prodotti dalla Corea del Sud e dagli Stati Uniti.
Giappone – Due condannati a morte hanno fatto causa al governo per la pratica definita ‘incostituzionale’ di eseguire la pena capitale senza neanche un giorno di preavviso. La notifica è stata depositata alla Corte distrettuale di Osaka dagli avvocati delle parti, chiedendo 22 milioni di yen di risarcimento, circa 168.000 euro. In un procedimento che sembrerebbe non avere precedenti, i legali sostengono che il ministero della Giustizia giapponese precedentemente forniva un preavviso ai carcerati sui tempi dell’esecuzione; attualmente la comunicazione avviene nello stesso giorno “per evitare di alterare lo stato psicofisico dei detenuti”. I legali affermano che tale pratica non consente ai propri rappresentati di presentare un appello contro l’ordine di esecuzione, e che esiste una palese violazione dell’articolo 31 della Costituzione che stabilisce come “nessun cittadino dovrebbe essere privato della propria vita o libertà, e nessuna altra pena criminale può essere imposta se non in accordo con le procedure stabilite dalla legge”. Secondo i media locali, attualmente nel braccio della morte ci sarebbero circa 110 persone. Nessuna esecuzione è avvenuta nel 2020 e, finora, nel 2021.
Somalia – Due ufficiali delle Forze di difesa ugandesi in servizio nelle truppe della Missione dell’Unione Africana in Somalia (Amisom) sono stati condannati alla pena capitale perchè ritenuti responsabili di aver ucciso intenzionalmente civili in Somalia. Ad altri tre militari ugandesi sono stati comminati 39 anni di carcere. Lo rende noto la stessa Missione Amison in una nota. Il caso risale allo scorso 10 agosto, quando le forze Amisom che pattugliavano la principale rotta di rifornimento tra i villaggi di Beldamin e Golwayn – nella regione somala del Basso Scebeli – hanno avuto uno scontro a fuoco con il combattenti del gruppo jihadista al-Shabaab e hanno ucciso sette civili. Le famiglie delle vittime hanno per giorni protestato nelle strade di Mogadiscio, irritate dal diniego iniziale di Amisom che, anzi, aveva in un primo momento sostenuto che le persone uccise erano dei combattenti di al-Shabab. Si tratta, scrive il sito di news Somali Affairs, del primo caso giudiziario che si risolve con una condanna a morte di truppe in carico all’Unione Africana per crimini commessi in Somalia. La missione è in Somalia da 14 anni e quasi un terzo dei soldati provengono dall’Uganda, il che ne fa il più grande contingente nazionale.
Usa/Oklahoma – La Corte Suprema degli Stati Uniti ha autorizzato lo stato dell’Oklahoma lo scorso 28 ottobre a ripristinare le esecuzioni utilizzando un controverso mix di farmaci per l’iniezione letale, ponendo così fine a una moratoria che durava da sei anni. Un ritorno della macchina della morte segnato appena 24 ore dopo da una esecuzione che sarà ricordata per la terribile agonia subìta dal condannato, l’afroamericano John Grant, 60 anni. L’uomo ha avuto ripetute convulsioni e ha vomitato più volte dopo la prima delle tre iniezioni del cocktail letale, racconta la CNN. Poi, la somministrazione delle altre due sostanze che lo hanno definitivamente ucciso. In Oklahoma, le esecuzioni erano state sospese dopo la morte di Clayton Lockett, avvenuta in seguito ad un infarto dopo 43 minuti di atroci sofferenze a seguito di un’iniezione letale rivelatasi inefficace. Fino al 2010, molti stati americani usavano il Tiopental sodico, ma poi l’unico produttore americano ha smesso di fabbricarlo e le case farmaceutiche europee hanno rifiutato di venderlo per le esecuzioni. L’atroce fine di Grant è destinata a riaprire le polemiche sulle condanne a morte con le iniezioni letali, e in particolare con il Midazolam, il farmaco sedativo utilizzato.
Usa/Oklahoma – L’esecuzione della sentenza era fissata per le quattro del pomeriggio del 18 novembre. Ma intorno a mezzogiorno il Governatore dell’Oklahoma, il repubblicano Kevin Stitt, ha cambiato con poche righe il destino di Julius Jones, 41 anni, dal 2002 detenuto nel braccio della morte. Ecco il comunicato di Stitt: «Dopo un attento riesame dei documenti, ho deciso di commutare la pena per Julius Jones: sconterà l’ergastolo senza la possibilità della libertà vigilata». Il caso aveva attirato l’interesse nazionale con molti personaggi pubblici, fra i quali Kim Kardashian e diversi giocatori dell’Nba, che avevano sempre spinto affinché a Jones potesse essere risparmiata la pena capitale. Jones era stato condannato per l’omicidio nel 1999 di Paul Howell. Jones, che aveva allora 19 anni, si è sempre dichiarato innocente. I suoi sostenitori ritengono che non sia stato difeso adeguatamente e che il procedimento sia stato viziato dal razzismo.
17 ottobre – Un tribunale militare di Gaza ha condannato a morte due uomini del Sud della Striscia, colpevoli di aver inoltrato informazioni ad imprecisati ‘elementi stranieri’. Lo ha reso noto la Ong Pchr-Gaza. Altre sei condanne capitali sono state emesse il 28 ottobre per sei palestinesi, accusati – secondo Times of Israel che cita la corte militare di Hamas – di essere “informatori” che “spiavano per Israele”. Secondo i dati dell’ong israeliana per i diritti umani B’Tselem, Hamas ha condannato a morte 130 persone da quando ha preso il potere nella Striscia di Gaza nel 2007, ma solo 25 sentenze sono state eseguite. Le ultime tre esecuzioni risalgono al 2016.
21 ottobre – Willie B. Smith III, 52 anni, è stato messo a morte con iniezione letale ad Atmore, in Alabama (Usa). L’uomo era stato condannato a morte per aver ucciso una donna sequestrata durante una rapina nel 1991. Inutile il tentativo dei legali di bloccare l’esecuzione sostenendo che il condannato avesse un ritardo mentale.
27 ottobre – Susan Rezaiipour, 31 anni, è stata impiccata nella prigione centrale di Qazvin. La donna era in prigione da sei anni con l’accusa di aver ucciso il marito, che era anche suo cugino, un uomo più grande di lei, che la giovane aveva dovuto sposare a forza su disposizione della famiglia. Il parente più prossimo della vittima, che era suo zio materno, si è rifiutato di perdonarla e ha voluto che l’esecuzione venisse compiuta. Come riporta l’organizzazione Women’s Committee of Iran NCRI, si tratta della 122^ donna messa a morte dall’estate del 2013 e l’11^ di quest’anno. Susan Rezaiipour è, come accade molto spesso tra le donne condannate a morte in Iran, una vittima di matrimoni precoci forzati e violenza domestica. Nelle sue confessioni, Susan ha detto che suo marito era un alcolizzato, che dalle tre del pomeriggio era già ubriaco, e la picchiava ogni giorno.
2 novembre – Quattro uomini sono stati condannati a morte in India perchè responsabili di una serie di attacchi contro una manifestazione elettorale del futuro premier Modi avvenuti a Patna nel 2013 e che provocarono sei morte e un centinaio di feriti. Secondo la National Investigation Agency, gli uomini militavano nel Movimento degli Studenti Islamici, bandito dal Paese, e nella formazione degli Indian Mujahideen. Altri cinque accusati sono stati condannati a pene che vanno dall’ergastolo a sette anni di carcere.
18 novembre – David Cox, 50 anni, è stato messo a morte nello stato del Mississipi (Usa). L’uomo si è dichiarato colpevole di omicidio e aggressione sessuale e tre anni fa ha licenziato i suoi legali perchè stavano cercando di fermare la sua esecuzione. In una lettera, si è descritto come un “uomo colpevole degno di morte”. E’ la prima esecuzione dal 2012 in Mississippi.
Arabia Saudita – Il 27 ottobre è tornato in libertà Ali al-Nimr, nipote del leader della minoranza sciita Nimr al-Nimr. Ali al-Nimr era stato arrestato nel febbraio 2012 per presunti reati collegati alle proteste degli sciiti nella Provincia orientale. All’epoca aveva 17 anni. Insieme a lui erano stati arrestati altri due minorenni, Dawood al-Marhoun e Abdullah al-Zaher, rispettivamente di 17 e 15 anni. I tre ragazzi erano stati condannati a morte nel 2014. Poi, nel 2020, un decreto reale aveva ordinato che le condanne a morte emesse nei confronti di rei minorenni venissero commutate. Il 7 gennaio 2021 le tre sentenze erano state sostituite con la pena di 10 anni di carcere. Considerati i nove anni già trascorsi in cella, le scarcerazioni avrebbero dovuto aver luogo nel febbraio 2022. Ali al-Nimr è uscito dal carcere con qualche mese di anticipo.
Stati Uniti d’America – Il 18 novembre 2021 una corte distrettuale dello stato del Tennessee ha annullato la condanna a morte, emessa 33 anni prima, ai danni di Pervis Payne, un nero con disabilità mentale e sulla cui effettiva colpevolezza di un duplice omicidio sin dall’inizio erano emersi forti dubbi.
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