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In media una persona nata in Yemen che oggi ha 25 anni ha già vissuto 14 diversi conflitti interni ed è sopravvissuta a migliaia di attacchi aerei.
Da oltre quattro anni nel paese infuria una guerra civile che ha causato una tra le peggiori crisi umanitarie al mondo. L’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani stima che siano oltre 20.000 civili uccisi e feriti dai combattimenti da marzo 2015. Circa 14,3 milioni di persone nel paese sono a rischio imminente di carestia e 24 milioni di persone sono bisognose di assistenza umanitaria.
Tuttavia, il sistema sanitario dello Yemen non è in grado di fornire adeguata assistenza.
Tra le malattie più diffuse, quelle legate a disturbi da stress post-traumatico (PTSD). Ci sono solo quattro ospedali psichiatrici pubblici che forniscono assistenza, tutti concentrati a Sana’a, Hodeidah e Aden. Gli operatori sanitari e umanitari intervistati segnalano anche l’esistenza di cliniche private, ma queste rimangono inaccessibili al grande pubblico.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, a partire dal 2017, solo 40 psichiatri lavoravano nel paese: circa uno per circa 650.000 persone.
È difficile valutare quanti yemeniti siano colpiti da questi disturbi.
A subirne le conseguenze maggiori sono i bambini: il 31% presenta sintomi da stress post traumatici.
Grazie a sei mesi di ricerche, sopralluoghi in tre province dello Yemen meridionale e interviste a quasi 100 persone abbiamo documentato l’esperienza di 53 donne, uomini e bambini con diversi tipi di disabilità.
Durante le nostre ricerche abbiamo intervistato 5 persone con con disabilità psicosociali o che hanno subito un trauma a causa della guerra e alcuni loro parenti.
Gli intervistati hanno affermato di non essere stati in grado di trovare supporto psicosociale o assistenza per la salute mentale a causa dei limiti finanziari o per la mancanza di informazioni su dove andare.
I conflitti armati, oltre a causare migliaia di morti e distruzione nell’immediato, hanno un impatto negativo di lungo termine sulla salute mentale delle persone che li vivono, aumentando esponenzialmente le probabilità di sviluppare disturbi mentali.
La guerra e i traumi ripetuti hanno peggiorato le condizioni di una donna sfollata da Hodeidah che aveva una disabilità mentale pre-esistente all’attuale conflitto.
Suo marito ha detto: “Quando è iniziata la guerra e abbiamo cominciato a sentire le bombe e il fragore degli scoppi, la sua isteria è aumentata e ha iniziato a urlare in casa. Le sue condizioni sono peggiorate quando suo figlio è rimasto ferito in un’esplosione nel 2017 perdendo parzialmente la mobilità delle gambe“.
“Da quando si è trasferita ad Aden, a giugno 2018, Ghalya Ali Sagheer ha problemi di udito e di vista e forti attacchi di panico. Ad Aden la visitò un medico che le prescrisse farmaci e integratori alimentari che migliorarono la sua mobilità, ma il disagio psichico rimase invariato“.
Nel 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che quasi un quarto delle popolazioni che hanno vissuto situazioni di conflitto armato e altre emergenze hanno poi sofferto di depressione, ansia, disturbo post traumatico, disturbo da stress (PTSD) e schizofrenia.
La guerra in Yemen prosegue a oltranza da oltre 4 anni. Le condizioni di vita estreme nel Paese hanno evidenziato una prevalenza di problemi psicosociali nati in relazione al conflitto. Ci sono solo quattro ospedali psichiatrici pubblici che forniscono assistenza.
Intrappolati nei combattimenti a terra tra gli huthi e le forze filogovernative, e sotto il fuoco dei bombardamenti da parte delle forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, uomini, donne e bambini vivono da anni un conflitto senza fine.
Scuole, ospedali, moschee, funerali: sembra che nulla sia al sicuro dai raid aerei guidati dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita.
Il governo italiano sta alimentando questo orrore.
Di fronte a molteplici rapporti che indicano la condotta spericolata della coalizione guidata dall’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen, l’Italia continua a fornire armi all’Arabia Saudita e ad altri membri della sua coalizione.
A dicembre con il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali e insieme ad altre Ong (Mwatana for Human Rights, Campaign Against Arms Trade, Centre Delàs e Rete Disarmo), abbiamo chiesto all’ufficio della procura del Tribunale penale internazionale di indagare sulle responsabilità dei dirigenti di alto livello delle aziende, così come sui funzionari governativi di alto grado competenti per le autorizzazioni alle esportazioni, circa la loro possibile complicità in crimini di diritto internazionale.
La richiesta di indagini riguarda 26 attacchi aerei che hanno causato uccisioni o ferimenti illegali di civili e danni o distruzioni di scuole, ospedali e altri obiettivi protetti.