Aggiornato il 21/08/2018 – Taner Kılıç, presidente di Amnesty International Turchia, arrestato il 6 giugno 2017 mentre si trovava nel suo studio legale a Izmir, dopo oltre 14 mesi di carcere, è stato rilasciato la sera del 15 agosto.
Tre giorni dopo è stato accusato di “appartenenza all’organizzazione terroristica di Fethullah Gülen” (FETÖ) e posto in custodia cautelare nel carcere di Sakran, a Izmir. L’accusa è stata depositata solo il 9 agosto, a due mesi dall’arresto, e la prima udienza del suo processo si è tenuta 26 ottobre presso il sedicesimo tribunale penale di Izmir.
Il 4 ottobre, ai capi d’accusa si è aggiunto quello legato all’arresto di dieci difensori dei diritti umani – tra cui İdil Eser la direttrice della sezione turca di Amnesty International – arrestati mentre partecipavano ad un seminario sull’isola di Büyükada, presso Istanbul. Secondo gli inquirenti turchi, Taner Kılıç era a conoscenza di questo workshop – ritenuto segreto e di carattere sovversivo – e quindi, insieme agli altri dieci attivisti, è stato accusato di appartenere ad una organizzazione terroristica armata.
Il processo per questa specifica accusa è iniziato il 25 ottobre presso il 35° tribunale penale di Istanbul. L’accusa si basa sul fatto che il movimento Gülen, ritenuto una organizzazione terroristica, utilizza l’applicazione di messaggistica mobile chiamata ByLock, e che questa sia stata scaricata nell’agosto 2014 sul cellulare di Taner.
Non è stata presentata alcuna prova credibile a sostegno di questa affermazione. Taner
Kılıç nega di aver mai scaricato o utilizzato ByLock o addirittura di averne sentito parlare prima che diventasse di dominio pubblico in relazione alle recenti detenzioni e azioni penali. Due perizie forensi indipendenti sul suo telefono, commissionate da Amnesty International, non rivelano traccia del fatto che ByLock sia stata scaricata. In assenza di prove credibili di appartenenza a FETÖ, anzi di qualsiasi attività criminale riconoscibile, chiediamo che venga rilasciato incondizionatamente e che le accuse contro di lui cadano.
Il 31 gennaio 2018, un tribunale aveva disposto la libertà condizionata per Taner Kılıç in attesa del processo, decisione contro cui il procuratore ha fatto appello. Un secondo tribunale di Istanbul ha accolto l’appello, e invece di essere rilasciato, Taner Kılıç è stato prelevato dalla prigione di Izmir, dove era detenuto da giugno, e posto sotto la custodia della gendarmeria. Infine, il 1° febbraio il tribunale di prima istanza ha confermato la decisione dell’altra corte, disponendo il proseguimento della detenzione.
Le condizioni di detenzione di Taner sono preoccupanti. Viene tenuto in una cella sovraffollata con altre 13 persone, che condividono un unico bagno.
La famiglia di Taner soffre disperatamente. Le sue tre figlie non vogliono altro che ricongiungersi con lui. Il 21 giugno, la corte ha deciso di continuare a detenere Taner senza alcun motivo legittimo. Un rapporto della polizia rilasciato di recente dimostra che Taner è innocente.
È la prima volta nella storia di Amnesty International che due dei suoi leader vengono arrestati e processati contemporaneamente in un paese. Le azioni dello stato contro una ben nota organizzazione per i diritti umani, con affermazioni politicamente motivate e infondate, intendono inviare un messaggio chiaro ai difensori dei diritti umani in Turchia: nessuna critica alle violazioni dei diritti umani può essere tollerata.
Questa ingiustizia deve finire. A Taner deve essere permesso di tornare a casa dalla sua famiglia.
Ministro della giustizia
Abdu lhamit Gui
Ministry of Justice
Ada let Bakanl1g1
06659 Ankara
Turkey
Egregio ministro,
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
Il 31 gennaio, la corte ha stabilito che Taner Kılıç sarebbe stato rilasciato, dopo otto mesi di carcere. Tuttavia, proprio mentre la famiglia di Taner aspettava che uscisse di galera, fu nuovamente arrestato. Non ci sono nuove
prove contro di lui, e trattare lui e la sua famiglia in questo modo non è solo ingiusto – è crudele.
Le scrivo ora per esortarla a garantire che l’ordine del tribunale di rilasciare Taner sia rispettato e che venga immediatamente liberato.
Taner è un uomo innocente che ha passato quasi un anno in prigione senza briciolo di prove contro di lui. Deve essere rilasciato. Più di un milione di persone in tutto il mondo hanno chiesto il rilascio di Taner. E non ci fermeremo finché non sarà libero.
La difesa dei diritti umani non è un crimine.
Grazie per l’attenzione.
İdil e gli altri nove difensori dei diritti umani si trovano ad affrontare l’accusa di aver compiuto reati “in nome di un’organizzazione terroristica armata” (articolo 220/6 TPC), accusa punibile al pari dell’appartenenza all’organizzazione (articolo 314/2) con fino a 10 anni di reclusione, più 5 in presenza di circostanze aggravanti.
Rischiano fino a 15 anni di carcere. Tuttavia, a norma dell’articolo 220/6, è possibile ridurre la pena di metà, ed è quello che accade in genere.
In pratica, le pene per appartenenza diretta (314/2) sono tipicamente nell’ordine dei 6/7 anni e ai sensi dell’art. 220/6 possono ridursi alla metà.
Le dieci persone arrestate a Istanbul il 5 luglio sono:
- İdil Eser, direttrice di AI Turchia
- İlknur Üstün, Women’s Coalition
- Günal Kurşun, Human Rights Agenda
- Nalan Erkem, Citizens’ Assembly
- Özlem Dalkıran, Citizens’ Assembly
- Veli Acu, Human Rights Agenda
- Şeyhmus Özbekli, avvocato
- Nejat Taştan, della Association for Monitoring Equal Rights
- Ali Gharavi, scrittore, consulente della Digital strategy and well-being
- Peter Steudtner, formatore sulla non-violenza e consulente della Digital strategy and well-being
Nejat Taştan e Şeyhmus Özbekli sono stati subito posti in libertà condizionata, ma sempre sotto inchiesta.
Il tribunale ha respinto formalmente i ricorsi successivi per porre fine alla detenzione in attesa di giudizio di İdil e degli altri sette difensori dei diritti umani.
Le date principali
5 luglio – All’alba la polizia turca irrompe nell’albergo in cui soggiornavano i “10 di Istanbul” per seguire un corso di formazione sull’isola di Büyükada, vicino a Istanbul.
8 ottobre – Un’accusa preparata dal procuratore è stata inviata alla stampa, apparentemente dalla procura. Il documento, datato 4 ottobre, era stato inviato alla corte.
18 ottobre – Il tribunale di Istanbul accoglie le richieste della pubblica accusa nel processo contro i “10 di Istanbul”.
25 ottobre – Nella tarda serata un tribunale di Istanbul dispone il rilascio su cauzione degli 8 difensori dei diritti umani che hanno passato in detenzione preventiva oltre 100 giorni.
Il presidente di Amnesty International Turchia, Taner Kılıç, è in carcere dal 5 giugno con l’accusa di aver scaricato e utilizzato ByLock con la quale gli aderenti del movimento diretto da Gülen erano soliti comunicare. Tuttavia, due perizie indipendenti commissionate da Amnesty International sono giunte alla conclusione che sul telefono di Taner Kılıç quell’app non è neanche mai stata installata.
Il procuratore collega anche le sue accuse al fatto che il cognato di Taner è un ex direttore del giornale Zaman, legato a Gülen, che ha avuto un conto presso la banca Asya, collegata a Gülen, e che lo ha usato “per ragioni estranee al suo guadagno finanziario”, presumibilmente suggerendo con ciò che abbia messo il denaro in banca per sostenere l’organizzazione di Gülen.
Il procuratore aggiunge che Taner era a conoscenza dei preparativi per il seminario di Büyükada e che era in comunicazione con İdil e Günal, uno degli altri sospettati. In questo modo collega Taner al caso Büyükada e giustifica la sua inclusione nell’accusa.
Il procuratore afferma inoltre che l’Organizzazione Terroristica Fethullahista (FETÖ) ha infiltrato le istituzioni statali e la società civile per perseguire i propri obiettivi, insinuando che Taner (e forse anche İdil) stava servendo gli obiettivi di FETÖ attraverso il loro lavoro per Amnesty.
Il procuratore chiede che Taner sia perseguito per “l’adesione ad un’organizzazione terroristica” (ai sensi dell’art. 314/2 del codice penale).
Il presidente di Amnesty Turchia rischia fino a 15 anni.
In tutto il mondo sono tantissime le azioni di solidarietà a sostegno dei difensori dei diritti umani in Turchia.
L’appello di Peter Gabriel
Il tweet di Patrick Stewart