Turchia, rilasciato Mehmet Altan: “Ora tutti gli altri!”

29 Giugno 2018

CC: Marieke Wijntjes

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Il 27 giugno 2018, un tribunale di Istanbul ha disposto la scarcerazione dello scrittore e accademico turco Mehmet Altan.

Mehmed Altan era detenuto nella prigione di Silivri, a Istanbul, dal 22 settembre 2016.

Il 16 febbraio 2018, insieme ad altri cinque imputati – tra cui suo fratello, l’ex direttore di un quotidiano e scrittore Ahmet Altan e la giornalista Nazlı Ilıcak – era stato condannato all’ergastolo ostativo per “aver tentato di sovvertire l’ordine costituzionale”.

Ahmet Altan risulta ancora in prigione. Qui avevamo riportato alcuni struggenti versi del giornalista e scrittore turco, nato ad Ankara nel 1950.

L’11 gennaio 2018 la Corte costituzionale aveva stabilito che la detenzione preventiva cui Mehmet Altan era sottoposto dovesse terminare. Un tribunale aveva rifiutato di eseguire la sentenza, così come la seconda con cui la Corte costituzionale aveva condannato il comportamento del tribunale.

La decisione di rilasciare Mehmet Altan non significa che la condanna all’ergastolo sia stata annullata, in quanto dev’essere esaminato l’appello presentato dallo stesso Altan contro la sentenza di primo grado.

La scarcerazione di Mehmet Altan era più che dovuta – ha dichiarato in una nota ufficiale Gauri van Gulik direttrice di Amnesty International per l’Europa –. La sua prigionia rappresentava una parodia della giustizia, emblematica delle profonde falle del sistema giudiziario turco”.

Per due volte la Corte costituzionale aveva stabilito che la detenzione di Altan violava il suo diritto alla libertà e alla sicurezza eppure, incredibilmente, la sua sentenza era stata finora disattesa”.

La sentenza del 27 giugno afferma che la Corte costituzionale aveva preso una decisione ‘definitiva e vincolante’. Ora i tribunali turchi devono rivolgere la loro attenzione alle altre migliaia di persone ingiustamente detenute in Turchia, compreso il presidente di Amnesty International Taner Kılıç”.

 

Turchia: la libertà di espressione è sotto attacco

media indipendenti in Turchia non sono ancora morti, ma sono stati gravemente feriti. La repressione deve finire. I giornalisti e gli altri operatori dei media devono essere liberati da estese e punitive carcerazioni preventive. Devono poter fare il loro lavoro, perché il giornalismo non è un crimine.

Con oltre 120 giornalisti e altri operatori dei media in prigione, varie migliaia di disoccupati per la chiusura di oltre 160 aziende del settore, l’effetto dell’ultima ondata di erosione della libertà di stampa è chiaro: il giornalismo indipendente, in Turchia, è sull’orlo di un precipizio.

Il 16 febbraio 2018 è stato il giorno nero per la libertà di stampa e la giustizia in Turchia. Nello stesso momento in cui si festeggiava il rilascio di Deniz Yűcel, il corrispondente da Istanbul del quotidiano tedesco “Die Welt” che ha trascorso la maggior parte dei 367 giorni di carcere in isolamento, la Corte del 26° Tribunale penale di Istanbul condannava all’ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato, sei giornalisti tra i quali Nazlı Ilıcak e i fratelli Ahmet e Mehmet Altan.