Fausto Podavini
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I decreti sicurezza hanno generato una situazione di instabilità che sta cancellando la possibilità di un percorso di inclusione sostenibile.
Le storie di Karim e Jibril raccontano solo in parte l’emarginazione, la sofferenza, il disagio e l’incertezza che le misure, introdotte a partire dal 2018, hanno provocato sulle persone che arrivano in Italia in cerca di protezione e su quelle che avevano ottenuto già la protezione umanitaria.
Queste storie e altri approfondimenti sono raccolti nel briefing “I sommersi dell’accoglienza”, curato dal ricercatore e sociologo Marco Omizzolo.
Le storie di Karim e Jibril raccontano solo in parte l'emarginazione, la sofferenza, il disagio e l'incertezza che le misure, introdotte a partire dal 2018, hanno provocato sulle persone
Karim ha ventidue anni ed è originario della Nigeria. Residente in provincia di Rieti, al suo arrivo in Italia ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
“Mi sembrava la fine di un incubo. Ero scappato dalla miseria e dai terroristi nel mio paese, avevo vissuto le torture libiche ma finalmente mi trovavo in un paese che mi vedeva, riconosceva e mi credeva. Nasceva la speranza di vivere una vita felice”.
In Italia Karim scopre di avere un glaucoma in fase terminale.
“È stato l’ospedale della mia città a rendersene conto. Così è iniziato un altro calvario. Prima nessuno aveva immaginato quello che potessi avere. Avevo sì un permesso di soggiorno ma i medici mi dissero che stavo perdendo la vista. È stato terribile”.
Karim ha una malattia cronica, degenerativa ed inguaribile: nel giro di poco tempo è diventato cieco all’occhio sinistro. Ha un modesto residuo visivo all’occhio destro. Purtroppo a breve perderà completamente la vista e rischia non poter ricevere assistenza a causa delle nuove norme introdotte nei “decreti sicurezza”.
“Ora non ci vedo quasi più e non vedo futuro per me. Sembro nato male. Sono arrivato in Italia senza documenti. Poi ho avuto l’umanitaria e ho iniziato a perdere la vista. Ora lo Stato italiano mi ha tolto l’umanitaria e sono diventato cieco, senza casa e senza lavoro. Come faccio a vivere così?“.
Il centro di accoglienza che si prendeva cura di Karim ha chiuso, facendolo precipitare in una condizione d’emergenza grave, sia perché impossibilitato a prendersi cura di sé, sia perché necessita di cure e assistenza professionale.
Senza più operatori in grado di prendersi cura di lui, da novembre del 2019 viene preso in carico da alcuni volontari e dalla stessa comunità nigeriana locale che tenta di sostenerlo nelle sue necessità sanitarie. “Senza di loro penso che sarei già morto. I miei connazionali e alcuni ragazzi italiani mi aiutano a sopravvivere. Altrimenti per me non ci sarebbe speranza“.
Le storie di Karim e Jibril raccontano solo in parte l'emarginazione, la sofferenza, il disagio e l'incertezza che le misure, introdotte a partire dal 2018, hanno provocato sulle persone
Jibril è un ragazzo camerunense costretto a fuggire dal suo paese a causa di gravi minacce di morte. In Camerun ha lasciato la figlia di 8 anni.
Per arrivare in Italia affronta un viaggio lungo sei mesi e attraversa nove stati, tra i quali la Libia, dove viene costretto a prigionia e lavori forzati.
“Ho sofferto moltissimo. Se sono andato avanti è stato solo per la vita di mia figlia che ha bisogno di me. Tutti i pericoli che ho corso li ho affrontati pensando a lei“.
Una volta in Italia, accede a una struttura di prima accoglienza in Sicilia dove lo aiutano ad ottenere il permesso di soggiorno e le cure per la patologia cronica di cui soffre.
“Nel 2017 ottengo il diploma presso il CPIA – Centro provinciale per l’istruzione degli adulti – apprendendo elementi di cultura civica e del sistema giuridico italiano, di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana pari a livello A2. Iniziavo finalmente a sentirmi a casa e a vivere l’Italia come mio nuovo paese in cui mettere radici. Avevo anche intenzione di diventare cittadino italiano“.
Ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, Jibril si reca a Bologna.
“Ero in difficoltà perché non avevo una casa ma mi sentivo non più trasparente e non più in pericolo. Lo stato italiano mi riconosceva e potevo guardare con fiducia al mio futuro e a quello di mia figlia“.
Lavora come collaboratore domestico, operatore ecologico, operaio e parcheggiatore. Nel 2019 riesce ad ottenere un contratto a tempo indeterminato in qualità di collaboratore domestico.
“Era il coronamento di un sogno. Appena firmato quel contratto mi sembrava di vivere un’altra vita. Finalmente stabilità. Finalmente potevo esistere anche come lavoratore per lo Stato italiano“.
A metà 2019 a Jibril scade il permesso di soggiorno e, puntuale, si reca agli uffici di competenza per chiedere istruzioni sul rinnovo.
“Mi sentivo sicuro. Avevo tutto: lavoratore regolare, una busta paga, un contratto d’affitto, abitavo in una delle città che mi dicevano più accoglienti e bendisposte d’Italia, non avevo mai commesso reati. Pensavo che il rinnovo fosse una formalità. Invece non avevo fatto i conti con il Decreto sicurezza. Mi sono trovato davanti una montagna troppo alta. Tutto mi stava per crollare addosso e non capivo perché“.
Dalla questura lo rimandano in continuazione perché i documenti non sono mai abbastanza.
“Quando mi hanno detto che per legge l’umanitario non esisteva più ho capito che per me iniziavano altri guai e che il mio sogno faticosamente conquistato stava per crollare. Non ho capito perché il governo italiano ha cancellato l’umanitaria, so solo che così facendo ha distrutto il mio percorso e i miei sogni senza una ragione. Sono un condannato innocente. Ho sempre e solo lavorato e pagato le tasse e meritavo il rinnovo del permesso di soggiorno. Invece lo stato mi ha rifiutato e tradito ingiustamente“.
Jibril ora è seguito da un avvocato. Le spese legali sono molto alte, nonostante le previsioni che la sua situazione torni regolare sul territorio non siano favorevoli. Da una condizione chiara e positiva di regolarità e inclusione sociale e lavorativa Jibril è diventato un caso emblematico delle conseguenze prodotte dal Decreto sicurezza.
Le informazioni raccolte nel briefing “I sommersi dell’accoglienza” provengono da fonti primarie e secondarie esaminate agosto e novembre 2019. Marco Omizzolo, sociologo e ricercatore, ha raccolto 25 storie personali di beneficiari di protezione che mediante i relativi centri di accoglienza selezionati sono risultati già inclusi nel Paese.
Abbiamo inoltre svolto un’analisi quantitativa sui capitolati d’appalto ufficiali promulgati per la gestione dei centri di accoglienza in Italia.
Per rispondere alle domande più frequenti sul tema abbiamo predisposto questo documento.