Iran: appello per attivista contro la pena di morte

18 Luglio 2022

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Tempo di lettura stimato: 2'

Approfondimento a cura del Coordinamento tematico sulla pena di morte. Per restare aggiornato iscriviti alla newsletter. Per consultare i numeri precedenti clicca qui.

Narges Mohammadi è una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Iran, grande sostenitrice della campagna contro la pena di morte, ex vicedirettice del Defenders of Human Rights Center e membro di Legam, la campagna “passo dopo passo per fermare la pena di morte”. Sta scontando la pena di due anni di carcere solo per aver esercitato pacificamente i suoi diritti.
“Mi hanno accusato per il mio sit-in del 2019 contro l’uccisione di manifestanti per le strade e l’hanno definito interruzione di pubblico servizio. Il nuovo provvedimento fa riferimento alle mie dichiarazioni contro la pena di morte che avevo scritto in carcere”, ha scritto Narges in un post su Instagram un anno fa. Amnesty International chiede alle autorità iraniane di annullare la sentenza che si fonda esclusivamente sul legittimo esercizio dei suoi diritti alla libertà di espressione. Firma l’appello, chiedi la sua scarcerazione immediata.

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I dati sulla pena di morte nel 2021 e nel 2022

In totale 144 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica: 110 stati l’hanno abolita per ogni reato; 7 stati l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra; 27 stati sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. 55 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.

 

I dati sulla pena di morte nel 2021

*: questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato. Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.

 

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Altre notizie

Arabia Saudita – Abdullah al-Huwaiti, 19 anni, è a rischio esecuzione dopo che, lo scorso 13 giugno la Corte d’Appello ha confermato la condanna a morte per omicidio e rapina a mano armata. Il ragazzo è stato arrestato nel maggio 2017 quando aveva appena 14 anni. E’ stato tenuto in isolamento per quattro mesi, gli è stato negato l’accesso a un avvocato ed è stato costretto a ‘confessare’ sotto tortura. Il processo iniziale di Huwaiti è stato segnato da polemiche, poiché le prove utilizzate contro di lui e il modo in cui sono state ottenute sono state contestate dalle organizzazioni per i diritti umani. Secondo Human Rights Watch, aveva un alibi che lo collocava a 200 km dalla scena del crimine. Per l’organizzazione Reprieve, ci sarebbero almeno altri cinque imputati a rischio di condanna a morte per crimini commessi da minorenni. (Fonte: Amnesty International)

Giordania – Sono 239 i detenuti nel braccio della morte nel paese, secondo quanto reso noto dal relatore della Commissione Parlamentare Legislativa Ghazi Al-Thneibat. “Tuttavia – ha precisato – dal 2006 c’è stata in Giordania una tendenza politica a congelare l’applicazione della pena di morte”. Al-Thneibat ha spiegato che l’applicazione delle condanne a morte è un argomento “controverso”. “Le esecuzioni hanno molti sostenitori e molte persone contrarie”.
Ha poi sottolineato che i paesi dell’UE e gli Stati Uniti non hanno più la pena di morte a disposizione dei giudici (sebbene alcuni singoli stati americani mantengano la pena capitale). Anche il Giappone e alcuni altri Paesi sviluppati mantengono la pena capitale. “Mentre la pena di morte viene emessa in circa 100 Paesi nel mondo, quei governi, inclusa la Giordania, tendono a fermarsi prima della fase di esecuzione”, ha aggiunto Al-Thneibat. (fonte: Middle East Monitor)

Pakistan – L’Alta Corte di Lahore, nella sua sezione di Rawalpindi, ha confermato lo scorso 8 giugno la condanna a morte già comminata in primo grado a due fratelli cristiani, Qaiser Ayub e Amoon Ayub, accusati di blasfemia. I fratelli sono in carcere dal 2011 quando la polizia li arrestò per la pubblicazione di materiale blasfemo contro l’Islam su un blog che aveva come informazioni di contatto nome, telefono, email e indirizzo di Qaiser Ayub, il maggiore dei due fratelli cristiani. Il tribunale di primo grado lì condannò nel 2018 sostenendo che la presenza di quei dati portavano chiaramente a individuare precise responsabilità rispetto al blog e ai contenuti pubblicati. Nel corso dell’appello, gli avvocati hanno sottolineato alla Corte la mancanza di prove che i due abbiano scritto o pubblicato alcun post sul blog. E il Dipartimento per i crimini informatici afferma che non è stato possibile trovare informazioni su chi ha creato il blog. Ma ciò non è stato sufficiente all’Alta Corte che ha confermato la pena capitale. Un altro cristiano, Ashfaq Masih, è stato condannato a morte da un  tribunale di Lahore il 4 luglio per blasfemia. L’uomo era stato arrestato nel giugno 2017 in seguito a una lite con un musulmano che si era rivolto al suo negozio di riparazione di biciclette. Per Masih, che ha proclamato la sua innocenza, l’accusa di blasfemia è solo un pretesto utilizzato dal cliente per non pagare il lavoro effettuato. (fonti: agenzie di stampa)

Sudan – Un tribunale del Sudan ha condannato a morte mediante lapidazione Maryam Alsyed Tiyrab, 20 anni, colpevole secondo le accuse di adulterio. Si tratta della prima sentenza nota di questo tipo da oltre un decennio e, come in passato, si spera venga annullata in secondo grado. L’African Center for Justice and Peace Studies, una organizzazione per i diritti umani del Sudan, ha chiesto il rilascio incondizionato e il rispetto del diritto a un processo equo per Tiyrab, citando diverse irregolarità verificatesi durante le indagini e il processo:  ad esempio, la donna non è stata informata che dichiarazioni rese sotto interrogatorio sarebbero state usate contro di lei durante il processo e soprattutto non è stata assistita da un legale. La Dichiarazione costituzionale del 2019 non ha abolito la pena di morte, come invece richiesto dai gruppi sudanesi per i diritti umani. Secondo la legge islamica, tuttora vigente nel paese, i reati “hudud”, i più gravi perché ritenuti compiuti contro Allah (adulterio, apostasia, furto, rapina a mano armata, diffamazione e consumo di bevande alcooliche, brigantaggio) possono essere puniti con l’amputazione delle mani e dei piedi, con le frustate e, per l’appunto, con la lapidazione.

Brevi dal mondo

21 giugno – In Iran oltre 100 persone sono state messe a morte solo nei primi tre mesi del 2022 secondo quanto riferisce l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani. Un dato estremamente preoccupante se si considera che nel 2020 sono state complessivamente 260 le esecuzioni e nel 2022 almeno 310. Nel Paese, riferisce l’Onu “la pena di morte continua ad essere inflitta per atti che non rientrano tra i reati più gravi”. Si tratta di un rapporto “motivato politicamente” e “ingiusto”, la replica del ministero degli Esteri iraniano. Intanto, ad inizio luglio, l’agenzia per i diritti umani iraniana Hrana ha denunciato l’esecuzione di 10 detenuti nel carcere di Rajai Shahr, alla periferia di Karaj, in provincia di Alborz.

30 giugno – Un tribunale della sharia nello stato settentrionale di Bauchi, in Nigeria, ha condannato alla lapidazione tre uomini con l’accusa di omosessualità. I tre uomini identificati come Abdullahi Abubakar Beti, Kamilu Ya’u e il 70enne Mal. Haruna avrebbero tutti confessato il ‘reato’, pur non essendo rappresentati da avvocati, secondo quanto riferito dalle autorità. Gli uomini hanno 30 giorni per impugnare la sentenza.

1 luglio – La Corte d’Appello dell’Oklahoma ha fissato le date di esecuzione per sei condannati a morte: James Coddington, Richard Glossip, Benjamin Cole, Richard Fairchild, John Hanson e Scott Eizember. Le esecuzioni inizieranno il 25 agosto con Coddington e proseguiranno il 22 settembre con Glossip. L’avvocato di quest’ultimo condannato, Don Kinght, ha annunciato la presentazione di un’istanza di riesame del caso. Glossip stava per essere messo a morte nel 2015 quando i funzionari del carcere si accorsero di avere ricevuto il farmaco letale sbagliato. In seguito, si scoprì che quel farmaco era stato somministrato a un altro condannato a morte e le esecuzioni capitali nello Stato vennero sospese. Le esecuzioni in Oklahoma sono riprese a ottobre dello scorso anno con John Grant, che prima di essere dichiarato morto soffrì di violente convulsioni.

10 luglio – Un tribunale degli Emirati Arabi Uniti ha commutato la condanna a morte in ergastolo per la fotografa arabo-israeliana Fidaa Kiwan, arrestata a Dubai l’anno scorso. Ad aprile era stata condannata a morte per possesso di 50 grammi di cocaina e mezzo chilogrammo di marijuana. La famiglia di Kiwan ha dichiarato che la droga non le apparteneva e il fratello ha detto all’emittente pubblica israeliana Kan che Fidaa era stata picchiata per farla confessare. Gli avvocati stanno valutando se appellare la nuova sentenza, che negli Emirati Arabi Uniti equivale a effettivi 25 anni di detenzione.

Buone Notizie

Arabia Saudita – Il 24 giugno 2022 Murtaja Qureiris, il più giovane prigioniero politico dell’Arabia Saudita, è stato finalmente rilasciato. Arrestato nel 2014 quando aveva 13 anni, aveva rischiato l’esecuzione mediante crocifissione per presunte accuse di terrorismo relative persino a fatti accaduti quando aveva 10 anni, come aver preso parte in bicicletta a una manifestazione della minoranza sciita della Provincia orientale o aver assistito ai funerali del fratello, Ali, ucciso dalle forze di sicurezza nel 2011. Nel giugno 2019, a seguito delle proteste generate da un appello di Amnesty International, le autorità saudite avevano dichiarato che il ragazzo non sarebbe stato messo a morte e che avrebbe potuto essere scarcerato entro tre anni.

Repubblica Centrafricana – Il 27 maggio 2022 l’Assemblea nazionale ha approvato per acclamazione e in uno scroscio di applausi l’abolizione della pena di morte. Il provvedimento entrerà in vigore non appena sarà firmato dal presidente Faustin Archange Touadéra.

Zambia – Il 25 maggio 2022, in occasione della Festa dell’Africa, il presidente Hakainde Hichilema ha comunicato al parlamento e alla nazione l’intenzione di abolire la pena capitale.

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