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Il 9 giugno la Corte suprema di fatto della cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk, entità autoproclamatasi separatista sotto l’occupazione russa dell’Ucraina orientale, ha condannato a morte due britannici, Sean Pinner e Aideen Aslin, e il marocchino Saadun Brahim.
I tre sono stati giudicati “colpevoli” di essere mercenari e di “azioni volte a prendere il potere con la violenza e a rovesciare l’ordine costituzionale”. I tre uomini stavano prendendo parte ai combattimenti contro la Russia come membri delle forze regolari ucraine ed erano stati catturati a maggio dalle forze russe a Mariupol.
“Da molti punti di vista, siamo di fronte a una clamorosa violazione del diritto internazionale”, ha dichiarato Denis Krivosheev, vicedirettore per l’Europa orientale e l’Asia centrale di Amnesty International.
“I tre uomini facevano parte delle forze regolari dell’Ucraina. In quanto prigionieri di guerra, ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, sono protetti da procedimenti giudiziari se hanno solo preso parte alle ostilità. L’unica eccezione è costituita da procedimenti per crimini di guerra ma, anche in questo caso, devono esserci sufficienti prove ammissibili e dev’essere garantito un processo equo”, ha aggiunto Krivosheev.
“Qui siamo di fronte a un caso diverso: i tre uomini non sono stati processati da un tribunale indipendente, imparziale e regolarmente costituito; le cosiddette “accuse” non costituiscono crimini di guerra; e, cosa ancora più oltraggiosa, eseguire le loro condanne a morte a seguito di procedure gravemente inique rappresenterebbe una privazione arbitraria delle loro vite”, ha sottolineato Krivosheev.
“Privare un prigioniero di guerra, o altre persone protette, del diritto a un processo equo e regolare costituisce un crimine di guerra. La Russia, come potenza occupante, ha la responsabilità del trattamento di tutti i prigionieri di guerra e di altre persone private della libertà. La Russia deve dunque assicurare che queste cosiddette ‘condanne’ siano immediatamente annullate e che i tre prigionieri siano trattati nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario”, ha concluso Krivosheev.