Confermata la condanna a morte per Ahmad

19 Dicembre 2017

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È sempre più drammatica la situazione di Ahmadreza Djalali, il ricercatore svedese di origini iraniane specializzato in medicina d’emergenza. La Corte suprema iraniana ha, infatti, confermato la condanna a morte dopo un processo segreto e precipitoso, che non ha avuto alcun rispetto per i principi del diritto e durante il quale la difesa non ha neppure avuto modo di presentare documenti.

I legali del ricercatore hanno appreso come sabato 9 dicembre la Prima sezione della Corte suprema ha esaminato e confermato la condanna in maniera sommaria e senza garantire loro di presentare istanza e fornire documenti di difesa.

Non siamo solo di fronte a uno scioccante attacco al diritto a un processo equo, ma anche in presenza di un assoluto disprezzo per il diritto alla vita di Ahmadreza Djalali. È spaventoso constatare che le autorità iraniane hanno deliberatamente negato ad Djalali il diritto a un esame significativo della sua detenzione e della sua condanna“, ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vice direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Amnesty ha rilanciato l’appello internazionale e si moltiplicano le iniziative di sostegno per scongiurare l’esecuzione di Ahmad.

Tutto questo supporto ci sta dando la forza di andare avanti“, spiega Vida Mehrannia, moglie di Ahmadreza Djalali, in una intervista raccolta da Amnesty.

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cifre

I dati sulla pena di morte

Sono 142 i Paesi che hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica, 56 invece i Paesi che mantengono in vigore la pena capitale, ma quelli che eseguono condanne a morte sono assai di meno.

*questa lista contiene soltanto i dati sulle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. In alcuni paesi asiatici e mediorientali il totale potrebbe essere molto più elevato.

Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. Ogni anno, viene rinnovata la sfida alle autorità cinesi di rendere disponibili queste informazioni che si ritiene essere nell’ordine di migliaia, sia di esecuzioni che di condanne a morte.

Altre notizie

Mauritania – Le autorità hanno deciso di rafforzare le leggi contro la blasfemia e l’apostasia, dopo l’annullamento della pena di morte per Mohamed Mkhaiti, il blogger condannato nel dicembre 2014 per un post pubblicato su Facebook. Un emendamento all’articolo 306 del codice penale del Paese imporrà la pena di morte obligatoria per “qualunque musulmano, uomo o donna, che ridicolizzi o insulti Allah”. Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa AMI, il pentimento non esonererà dalla pena. [fonte: Le Monde]

Usa – Si chiude con 23 esecuzioni in 8 diversi Stati il 2017, in leggero aumento rispetto allo scorso anno, venti, ma in ogni caso il secondo numero più basso dal 1992 ad oggi. Il record di esecuzioni è del 1999, quando vennero messe a morte ben 98 persone. Il Texas è lo Stato leader con sette esecuzioni, davanti all’Arkansas che ne ha compiute 4. A seguire, Alabama e Florida (3), Ohio e Virginia (2), Georgia e Missouri (1). [Fonte: Death Penalty Information Center]

Nazioni Unite – Serve maggiore trasparenza da parte dei Paesi che fanno ancora ricorso alla pena di morte, poiché questo è vitale per le famiglie che hanno il diritto di conoscere il destino dei loro cari. Lo ha detto il segretario generale aggiunto dell’Onu per i diritti umani, Andrew Gilmour. Lo scorso dicembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella sua tradizionale risoluzione sulla moratoria della pena di morte ha aggiunto un nuovo elemento per cercare di risolvere la questione della trasparenza, prerequisito per valutare se la pena di morte viene eseguita in conformità con le norme internazionali sui diritti umani. Alcuni governi nascondono le esecuzioni, altri classificano le informazioni sulla pena di morte come segreto di stato, come Bielorussia e Vietnam. [fonte: ONU]

Brevi dal mondo

29 novembre 2017 – Cinque membri di una banda afghana responsabile di sequestri di persona e omicidio, arrestati tempo addietro nella provincia occidentale di Herat e condannati da un tribunale, sono stati impiccati nel carcere di Pul-i-Charki, a Kabul. Il decreto di esecuzione della pena è stato firmato dal Presidente della Repubblica Ashraf Ghani in presenza di rappresentanti della giustizia. E’ il secondo decreto di questo tipo firmato da Ghani dopo quello che nel maggio dello scorso anno ha riguardato l’impiccagione di sei persone condannate per terrorismo.

12 dicembre 2017 – “Coloro che vengono condannati per essere stati coinvolti in atti di terrorismo meritano le pene più  severe previste dalla legge, inclusa la pena di morte nei casi appropriati”. Lo ha affermato in una nota Donald Trump, poche ore dopo l’attentato di New York.

14 dicembre 2017 – Trentotto persone condannate per “crimini di natura terroristica” sono state messe a morte, secondo quanto rende noto il Ministero della Giustizia di Baghdad. Le esecuzioni fanno seguito ad altre 42 avvenute il 25 settembre, tutte nel carcere di Nassiriya, nel sud del Paese.

Buone notizie

Tanzania – Il 9 dicembre il presidente John Magufuli ha graziato 61 prigionieri nel braccio della morte, insieme ad altri 8.157 prigionieri che erano stati condannati per vari reati. Magufuli ha annunciato l’amnistia mentre si rivolgeva alla nazione durante le celebrazioni del 56° anniversario dell’indipendenza del Tanganyika. “Alcuni di quei prigionieri che sono stati condannati a morte hanno un’età superiore a 80 anni, sono in prigione da oltre 45 anni e, in conformità con la sezione 45 della Costituzione, voglio che vengano rilasciati oggi“, ha detto.