La Cop28 ponga fine al fossile o sarà una una catastrofe umanitaria

13 Novembre 2023

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I partecipanti alla Cop28 – in programma a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dal 30 novembre al 12 dicembre – devono accordarsi per porre fine alla produzione e all’uso di combustibili fossili, in modo da fermare una catastrofe umanitaria climatica e una crisi dei diritti umani senza precedenti che minacciano la vita di miliardi di persone. La Cop28 dovrebbe anche avviare una transizione verso le energie rinnovabili, basata sul rispetto dei diritti umani, per facilitare l’accesso alle energie di tutte le persone.

L’estrazione e l’uso dei combustili fossili e il conseguente accumulo di gas serra nell’atmosfera, in particolare di biossido di carbonio, sono la prima causa del riscaldamento globale che provoca eventi meteorologici estremi come tempeste, siccità e alluvioni in modo sempre più frequente e intenso.

Il risultato? Perdita di vite umane, danni alle proprietà e alle infrastrutture, mezzi di sostentamento distrutti, ecosistemi a pezzi, biodiversità ridotta, mancati raccolti e scarsità di cibo, maggiore competizione per le risorse e dunque conflitti e sfollamenti.

“Da decenni l’industria del fossile produce disinformazione sulla crisi climatica. La verità è che i combustibili fossili stanno mettendo in pericolo il nostro futuro, devastando il clima del pianeta e creando una crisi dei diritti umani di dimensioni senza precedenti”, Candy Ofime, consulente legale di Amnesty International sulla giustizia climatica.

Nel 2020 l’inquinamento dell’aria causato dalla combustione dei fossili ha causato un milione e 200.000 morti. Le comunità che vivono vicino agli impianti fossili sono le più colpite da malattie respiratorie, interruzioni di gravidanza, problemi cardiovascolari e determinate forme di tumore. Le miniere di carbone e il cosiddetto “fracking” producono scorie tossiche che possono contaminare le fonti idriche. Le persone che vivono nelle “zone del sacrificio” sono le più esposte a questi danni e spesso sono sottoposte a forme multiple di discriminazione.

La prospezione, la produzione e il trasporto di combustibili fossili spesso comporta un inquinamento devastante e la degradazione dell’ambiente. Da decenni Amnesty International denuncia le fuoriuscite di petrolio e i conseguenti danni arrecati alle comunità del Delta del fiume Niger, in Nigeria, i cui diritti umani a un adeguato standard di vita, all’acqua pulita, alla salute e a un rimedio effettivo sono violati da Shell e altre compagnie petrolifere.

Leggi il documento “Fossile fatale” (eng)

I popoli nativi subiscono un impatto sproporzionato poiché la maggior parte delle risorse combustili ancora disponibili sono situate nel sottosuolo delle loro terre ancestrali. Le imprese spesso violano i diritti di queste comunità alle informazioni, alla partecipazione pubblica e al consenso libero, preventivo e informato. Un esempio è quello delle miniere di carbone nei territori delle comunità adivasi in India, che vengono raramente consultate prima che le loro terre siano acquistate, l’ecosistema venga decimato e i loro mezzi di sostentamento siano messi in pericolo.

L'inquinamento delle acque nel Delta del Niger

Il diritto a un ambiente pulito, salubre e sostenibile è stato riconosciuto dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel 2021 e dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2022 ed è contenuto nelle costituzioni di oltre 100 stati. I Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani riconoscono esplicitamente che le imprese hanno la responsabilità di “non fare alcun danno”.

“L’industria fossile genera enormi ricchezze per relativamente pochi attori economici e statali, che dunque hanno tutto l’interesse a bloccare un’equa transizione verso le energie rinnovabili e mettere a tacere i loro oppositori, compromettendo in questo modo il diritto di ogni persona a un ambiente pulito, salutare e sostenibile”, Candy Ofime, consulente legale di Amnesty International sulla giustizia climatica.

I difensori dei diritti umani che si occupano di ambiente, compresi coloro che si oppongono alla produzione e all’uso dei fossili sono sempre più presi di mira e persino uccisi. Alcune imprese del fossile cercano di ridurli al silenzio attraverso l’uso delle cosiddette Slapp (contenziosi strategici contro la partecipazione pubblica).

Le imprese del fossile finanziano centri studi che elaborano proposte di legge per mettere il bavaglio o criminalizzare chi manifesta per il clima e l’ambiente. Anche per questo, Amnesty International ha lanciato la campagna “Proteggo la protesta”, che vuole tutelare i diritti alla libertà di espressione e di protesta pacifica.

Molte imprese del fossile cercano di condizionare l’opinione pubblica tramite azioni di greenwashing e la disinformazione, evadono le regole facendo lobby sui parlamenti e influenzano gli incontri multilaterali come la Cop con l’obiettivo di ritardare le azioni statali di contrasto alla crisi climatica. La Cop28 è presieduta dal sultano al-Jaber, direttore dell’azienda petrolifera di stato degli Emirati Arabi Uniti e questo è un evidente conflitto d’interessi.

 

 

Rimedi e transizione energetica

Il rapporto “Fossile fatale” raccomanda che tutte le risorse fossili attualmente non sfruttate rimangano sottoterra per sempre. Gli stati industrializzati, quelli responsabili di elevate emissioni di gas serra e quelli che ricavano grandi redditi dalla produzione dei fossili devono mettersi rapidamente d’accordo per iniziare a fermare l’espansione della produzione di petrolio, gas e carbone, seguiti da tutti gli altri.

Inoltre, dev’esserci una significativa riduzione dell’estrazione di combustibili fossili per scopi non energetici, ad esempio la manifattura di prodotti di plastica.

I vasti sussidi con cui gli stati sostengono l’uso e la produzione dei combustili fossili devono terminare attraverso un percorso che assicuri adeguata protezione sociale alle persone più povere e marginalizzate.

All’industria del fossile e alle compagnie energetiche non può essere permesso di affidarsi a tecnologie non sperimentate, che spesso i loro lobbysti pubblicizzano, come la “cattura e l’immagazzinamento del carbone”, per ritardare il cambiamento. Devono cessare di fare pressione sui parlamenti e di fare greenwashing altrimenti sarà sempre più difficile per l’opinione pubblica ricevere informazioni accurate e scientifiche sul clima.

Le istituzioni finanziarie dovranno cessare di investire in nuove attività legate all’espansione del fossile e porre fine ai finanziamenti in corso con tempi allineati all’obiettivo, condiviso a livello internazionale, di mantenere l’aumento del riscaldamento globale in questo secolo entro 1,5 gradi.

Gli stati sviluppati, storicamente i principali emettitori di gas serra, dovranno rispettare i loro impegni a fornire adeguati finanziamenti agli stati in via di sviluppo per consentire un’uscita equa e coerente coi diritti umani dall’esistente produzione globale dei combustibili fossili, facilitando una giusta transizione verso fonti rinnovabili di energia.