Tempo di lettura stimato: 3'
Il governo del Giappone ha mostrato “deliberato disprezzo per la vita umana” procedendo il 13 luglio alle prime due esecuzioni capitali del 2017. Salgono a 19 le persone messe a morte dall’attuale governo.
Masakatsu Nishikawa, condannato per l’omicidio di quattro persone nel 1991 e nel 1992, è stato messo a morte nel centro di detenzione di Osaka. Ha sostenuto la sua innocenza per alcune delle accuse rivolte contro di lui e il quotidiano Asahi ha riferito che stava cercando di ottenere un nuovo processo. Koichi Sumida, condannato per omicidio nel 2011, è stato messo a morte nel centro di detenzione di Hiroshima.
“La pena di morte non offre mai giustizia, è l’ultima punizione crudele e inumana – ha dichiarato Hiroka Shoji, ricercatrice di Amnesty International per l’Asia orientale –. Le esecuzioni in Giappone restano avvolte nella segretezza, ma il governo non può nascondere di essere dalla parte sbagliata della storia mentre la maggioranza dei paesi del mondo ha voltato le spalle alla pena di morte”.
Sulla base dei dati più recenti del ministero della Giustizia in Giappone ci sono 124 prigionieri detenuti nel braccio della morte.
Le esecuzioni in Giappone avvengono normalmente con un preavviso di poche ore per i detenuti, alcuni di loro non vengono avvisati affatto. Le loro famiglie, gli avvocati e il pubblico sono di solito informati solo a esecuzione avvenuta.
Le esecuzioni segrete sono in contrasto con gli standard internazionali sull’uso della pena di morte. Ciò e la mancanza di adeguate garanzie legali per coloro che affrontano la pena di morte in Giappone sono stati ampiamente criticati da esperti delle Nazioni Unite.
Agli imputati viene inoltre negata un’adeguata assistenza legale e la mancanza di un processo di appello obbligatorio per casi di pena capitale. Diversi detenuti con disabilità mentali e intellettuali è noto siano stati messi a morte o restino nel braccio della morte.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi senza eccezione, a prescindere dalla natura o dalle circostanze del reato, dalla colpevolezza, dall’innocenza o da altre caratteristiche del reo o del metodo utilizzato dallo stato per compiere l’esecuzione. La pena di morte viola il diritto alla vita ed è l’ultima punizione crudele, inumana e degradante.