Capo di stato: Assimi Goïta
Capo di governo: Choguel Kokalla Maïga
Nel contesto del conflitto armato, l’esercito e i gruppi armati hanno ucciso centinaia di civili, anche tramite esecuzioni extragiudiziali. Ci sono stati nuovi episodi di violenza e discriminazione sulla base dello status sociale. Le persone critiche nei confronti del governo e i giornalisti sono stati esposti a minacce, intimidazioni, arresti e detenzioni arbitrari e azioni penali. Sono state negate le cure mediche ai detenuti.
A gennaio, l’Ecowas ha imposto una serie di sanzioni contro il Mali, dopo che questo ha preso la decisione unilaterale di estendere la fase di transizione politica, seguita al colpo di stato del 2020. Le sanzioni sono state revocate a luglio dopo il varo di una nuova roadmap transizionale, che ha fissato le elezioni per marzo 2024.
Da più parti, compresa l’Ue, è stato denunciato l’impiego di personale militare che sarebbe stato fornito dal gruppo russo Wagner, una società militare privata. Le autorità maliane hanno descritto queste figure come “istruttori militari”. L’Ue ha sospeso la sua missione di addestramento a maggio e il Mali si è ritirato dal Gruppo dei cinque del Sahel a giugno. L’operazione militare francese è finita, dopo nove anni, ad agosto.
A maggio, le autorità hanno dichiarato di avere sventato un colpo di stato e arrestato 10 figure politiche e militari. A luglio, 49 soldati ivoriani schierati a supporto del contingente tedesco della Minusma (la missione delle Nazioni Unite in Mali) sono stati arrestati e accusati di “tentata minaccia alla sicurezza dello stato”.
Gruppi armati
A marzo, lo Stato islamico nel Sahel (État islamique dans le Sahel – Eis) ha lanciato una micidiale offensiva nelle regioni di Ménaka e Gao, combattendo contro elementi del Movimento per la salvezza dell’Azawad (Mouvement pour le salut de l’Azawad – Msa) e il Gruppo di autodifesa tuareg imghad e alleati (Groupe d’autodéfense touareg imghad et alliés – Gatia)1. Gli attacchi indiscriminati lanciati dall’Eis contro i villaggi di Tamalat, Inchinane, Emis-Emis e Anderamboukane hanno colpito sia combattenti che civili. Secondo le Nazioni Unite, l’Eis ha ucciso centinaia di civili e le persone costrette a fuggire nella città di Ménaka erano a ottobre più di 73.000.
Tra maggio e settembre, combattenti del gruppo armato Katiba Serma hanno bloccato la strada che collega le città di Boni, Douentza, Hombori e Gossi, per dissuadere le comunità locali dal “collaborare” con l’esercito, anche costringendo i venditori locali a effettuare i loro spostamenti sotto scorta militare. Il 2 agosto, 19 camion che trasportavano merci sono stati attaccati e bruciati dal gruppo armato a Hombori, mentre aspettavano una scorta militare.
Il 18 giugno, presunti membri del Gruppo di supporto all’Islam e ai musulmani (Groupe de soutien à l’Islam et aux musulmans – Gsim) hanno attaccato i villaggi di Diallassagou, Dianweli e Dessagou, nel circondario di Bankass, causando approssimativamente 130 morti, in prevalenza civili, secondo quanto riferito dal governo.
A settembre, secondo fonti di stampa, l’Eis, dopo avere cacciato il Gatia e l’Msa da Talataye, nella regione di Gao, ha ucciso decine di civili e bruciato case e il mercato locale, tutte azioni configurabili come crimini di guerra. La città è stata lasciata deserta.
Forze armate e loro alleati
La Minusma, i media e le Ong hanno documentato centinaia di esecuzioni extragiudiziali compiute dall’esercito e dai suoi alleati nel contesto della cosiddetta “operazione Keletigui”, a partire da gennaio.
Il 3 gennaio, l’esercito avrebbe ucciso sette civili mauritani a Guiré, nella regione di Nara, durante un’operazione definita “di pulizia”. Le autorità maliane e mauritane hanno aperto a marzo un’indagine congiunta sull’episodio.
Il 27 gennaio, ufficiali dell’esercito hanno arrestato e sottoposto a esecuzione extragiudiziale 14 abitanti di Tonou, nella regione di Mopti, compreso il capo villaggio, dopo che un ordigno artigianale esploso ai margini del villaggio aveva ucciso due soldati e ferito altri cinque.
A febbraio, 21 commercianti della città di Niono, nella regione di Ségou, sono stati sottoposti a sparizione forzata durante un pattugliamento dell’esercito. Pochi giorni dopo, il 2 marzo, gli abitanti di un villaggio locale hanno trovato 36 cadaveri bruciati nei pressi di Danguèrè-Wotoro, vicino a Niono. Alcuni di loro erano stati legati e bendati. Associazioni locali e organizzazioni della società civile hanno attribuito le uccisioni all’esercito.
Dopo una schermaglia con membri del Gsim, truppe dell’esercito, supportate da personale militare straniero, hanno assediato la città di Moura, nella regione di Mopti, tra il 27 e il 31 marzo. Centinaia di uomini di Moura e dei villaggi vicini, che si trovavano al mercato settimanale, sono stati divisi in gruppi e interrogati. A centinaia sono poi stati sottoposti a esecuzione extragiudiziale2. Il 1° aprile, il governo ha annunciato, in riferimento all’episodio, che durante un’operazione a Moura erano stati uccisi 203 “jihadisti” e arrestati 51 individui. Diversi giorni dopo, ha aggiunto che sull’episodio avrebbe indagato il tribunale militare di Mopti. L’esercito ha negato l’accesso a Moura agli investigatori della Minusma.
Il 19 aprile, l’esercito, affiancato da personale militare straniero, ha ucciso almeno 50 civili e arrestato circa altre 611 persone nel giorno di mercato a Hombori, dopo che un ordigno artigianale aveva ucciso un soldato e ferito altri due. Secondo la Minusma, gli arrestati sono stati detenuti presso il campo militare di Hombori e sarebbero stati sottoposti a tortura e altro maltrattamento. Giorni dopo, l’esercito ne ha liberati 548 e ne ha trasferiti altri 36 al campo militare di Sévaré. Dopo che gruppi armati avevano attaccato i campi dell’esercito a Sévaré, Niono e Bapho, 20 dei 27 detenuti rimasti a Hombori sono stati sottoposti a esecuzione extragiudiziale per mano di un unico soldato, secondo quanto riportato dal governo e dalle forze delle Nazioni Unite.
A settembre, l’esercito regolare, accompagnato da presunti militari stranieri e da cacciatori dozo, ha attaccato i villaggi di Nia Ouro, Tandiama e Kankele, nella regione di Mopti. Secondo la Minusma, almeno 12 donne di Nia Ouro sono state stuprate, mentre altre sono state costrette a togliersi i vestiti e sono state fotografate nude dai combattenti stranieri.
Le indagini avviate sui crimini commessi dall’esercito contro i civili a partire dal 2019 sono rimaste in stallo nella maggior parte dei casi3.
A luglio, il corpo mutilato di Diogou Sidibé, una donna di 69 anni, è stato trovato all’interno del suo terreno agricolo nel villaggio di Lany Mody, nella regione di Kayes. Il suo omicidio era legato al suo rifiuto di sottomettersi alle discriminatorie pratiche della schiavitù per discendenza. Ad agosto, in relazione al suo omicidio sono state arrestate 18 persone.
La detenzione di due alti funzionari pubblici, Kalilou Doumbia e Moustapha Diakité, è continuata sebbene a giugno un giudice inquirente avesse archiviato tutte le accuse a loro carico. Erano trattenuti da settembre 2021, compresi i due mesi trascorsi in luoghi di detenzione illegali, presumibilmente sotto la custodia della direzione generale dei servizi di sicurezza di stato.
A gennaio, Etienne Fakaba Sissoko, economista critico nei confronti delle autorità transizionali, è stato arrestato dopo avere parlato alla televisione delle sanzioni dell’Ecowas al Mali. È stato messo in libertà provvisoria a giugno e sottoposto al divieto di lasciare il paese.
A marzo, le autorità hanno sospeso Radio France Internationale e France 24, dopo che le due emittenti avevano pubblicato notizie riguardanti la tortura e le uccisioni illegali compiute dall’esercito.
Ad aprile, le autorità hanno accusato Oumar Mariko, un politico, di avere diffamato le forze armate per avere denunciato le esecuzioni extragiudiziali di Moura. Dopo mesi di clandestinità, è riapparso a Mosca, da dove ha denunciato i tentativi del governo di assassinarlo.
A maggio, Sara Yara e le sorelle Faty e Amy Cissé sono state arrestate e accusate di avere postato su Facebook commenti diffamatori nei riguardi del direttore dell’agenzia nazionale della sicurezza di stato. Sono state rilasciate in libertà provvisoria dal carcere di Bollé il 3 settembre.
A giugno e novembre, il giornalista Malick Konaté ha subìto minacce, intimidazioni e danni alla sua proprietà da parte di uomini non identificati, apparentemente in relazione alle sue opinioni riguardo al governo di transizione e al suo lavoro sugli abusi compiuti da agenti del gruppo Wagner.
A novembre, l’alta autorità per le comunicazioni (Haute autorité à la comunication – Hac) ha sospeso per due mesi l’emittente televisiva Joliba Tv per “gravi e ripetute violazioni del codice etico dei giornalisti”. Il canale aveva criticato il governo di transizione e la mancata risposta dell’Hac di fronte agli episodi di vessazione e intimidazione subiti dai giornalisti.
A marzo, Soumeylou Boubeye Maiga, ex primo ministro arrestato ad agosto 2021 per presunta corruzione, è morto in custodia dopo che erano stati ignorati i numerosi appelli della sua famiglia e del suo medico che ne chiedevano il trasferimento per motivi medici. Le autorità si sono rifiutate di far eseguire un’autopsia.
Note:
1 Mali: New eyewitness testimony describes killings and mass displacement amid surge in violence in Menaka, 16 giugno.
2 Mali: Allegations of crimes against civilians in Moura: An independent investigation must take place, 7 aprile (solo in francese).
3 Mali: Crimes Without Convictions: Analysis of the Judicial Response to Conflict Related Crimes in Central Mali, 13 aprile.