Le forze di sicurezza hanno risposto alle proteste facendo ricorso all’uso eccessivo della forza, specialmente nelle regioni con una vasta popolazione nativa. Gli attesi risarcimenti per lo sversamento di petrolio dalla raffineria di La Pampilla non si erano ancora concretizzati. I difensori dei diritti umani sono rimasti ad alto rischio e ha prevalso l’impunità nei casi in cui sono stati uccisi. La violenza sessuale e di genere è rimasta diffusa, anche tra le ragazze minorenni e adolescenti. Le autorità hanno ostacolato il diritto all’aborto in casi di gravidanze precoci. Una nuova legislazione ha compromesso la parità di genere. Le persone Lgbti hanno continuato ad affrontare violenze e gli effetti di norme discriminatorie. Le autorità hanno negato ai venezuelani la protezione che era loro dovuta. Le vittime di sterilizzazione forzata non erano ancora riuscite a ottenere riparazione. Le autorità hanno rilasciato dal carcere l’ex presidente Alberto Fujimori, contravvenendo a una decisione della Corte interamericana dei diritti umani e indebolendo la giustizia per le vittime.
La crisi politica e sociale, iniziata a dicembre 2022 è proseguita durante il 2023. Le autorità hanno indebolito le istituzioni come l’ufficio del pubblico ministero, la Corte costituzionale, l’ufficio del difensore civico e la commissione nazionale della giustizia, ponendo una minaccia rispetto ai diritti umani.
Le proteste iniziate a dicembre 2022 in risposta al cambiamento di governo sono continuate durante gennaio e febbraio. Le autorità hanno risposto facendo ricorso alla forza letale e all’uso eccessivo di forza meno letale. La repressione ha provocato 50 uccisioni (49 civili e un agente di polizia), con centinaia di persone ferite. Il ricorso alla forza illegale da parte delle forze di sicurezza aveva un fondamento razzista, specialmente nei confronti delle popolazioni native. Le forze di sicurezza hanno compiuto almeno 20 possibili esecuzioni extragiudiziali1.
A luglio, sono riprese le proteste durante le celebrazioni nazionali per la Giornata dell’indipendenza. Le forze di sicurezza hanno utilizzato gas lacrimogeni e proiettili di gomma in maniera sproporzionata, hanno eseguito possibili arresti arbitrari e vessato giornalisti.
A novembre, nel contesto delle indagini che hanno portato alla sua destituzione dalla carica, la procuratrice generale ha presentato un ricorso costituzionale contro la presidente Dina Boluarte e altri quattro ministri per la morte di cinque persone ad Ayacucho, Cusco, Lima e Puno, e per il ferimento di un uomo a Lima durante le proteste di dicembre e gennaio2. È ripresa l’indagine contro gli agenti di polizia implicati nelle morti di due uomini e nel ferimento di decine di persone che avevano partecipato alle proteste del 14 novembre 2020, in relazione alla presidenza di Manuel Merino.
La legge sulla protezione della polizia, che ha eliminato il principio di proporzionalità nell’utilizzo della forza, è rimasta in vigore in violazione degli standard internazionali.
A due anni dallo sversamento di petrolio dalla raffineria di La Pampilla nel distretto di Ventanilla, nella provincia di Callao, i pescatori dell’area sostenevano che la registrazione formale delle persone colpite dalla fuoriuscita era ancora incompleta. Le persone danneggiate continuavano a riferire di non essere state ancora concretamente risarcite. Inoltre, non erano state ancora eseguite le necessarie operazioni di bonifica e risanamento dell’area.
Le persone colpite dalla contaminazione ambientale a Espinar, Cusco e in altre regioni, non avevano ancora beneficiato di servizi sanitari specialistici, nonostante una sentenza di tribunale emessa nel 2020 obbligasse il sistema sanitario nazionale a fornire questo tipo di servizi nella provincia di Espinar, e a implementare un piano d’intervento multisettoriale dotato di un bilancio dedicato in diverse regioni.
Durante l’anno è pervenuta la notizia dell’uccisione di quattro difensori dei diritti umani: il difensore della terra Cristino Melchor Flores, nella regione di Piura; Santiago Contoricón, un leader nativo asháninka attivamente impegnato nella difesa dei diritti umani, nella regione di Junín; Quinto Inuma, leader nativo kichwa nella regione di San Martin, al quale erano state accordate misure di protezione nel 2021; e Benjamín Flores della comunità nativa kakataibo. Gli omicidi dei difensori sono rimasti per lo più impuniti, come nel caso dell’ambientalista Roberto Pacheco, ucciso nel 2020 nella regione di Madre de Dios.
Il ministero dell’Interno ha continuato a non dotarsi di un protocollo per la protezione dei difensori dei diritti umani, come parte del meccanismo per la protezione dei difensori dei diritti umani.
Nel 2023, il ministero per le Politiche femminili e la popolazione vulnerabile ha registrato 142.182 casi di violenza contro donne, ragazze e adolescenti, con un aumento del 7 per cento rispetto al 2022. Di questi, 28.991 erano casi di violenza a sfondo sessuale, di cui il 50 per cento riguardavano ragazze adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni. Nell’arco dello stesso periodo, il ministero ha registrato 11.944 casi di stupro, di cui 7.757 (il 66 per cento) ai danni di bambine e adolescenti; ma i kit antistupro consegnati erano stati soltanto 2.922. Sempre nello stesso periodo, sono stati registrati 170 femminicidi (con un aumento del 16 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022) e 258 tentati femminicidi.
Secondo il ministero dell’Interno, sono state dichiarate scomparse 10.817 donne e ragazze, pari al 59 per cento del numero totale dei casi di sparizione. Di queste, soltanto il 50 per cento era stato poi ritrovato; ciononostante, non era stato ancora implementato uno specifico sistema di ricerca con una prospettiva di genere.
A giugno, il Comitato delle Nazioni Unite su diritti dell’infanzia ha stabilito che il Perù non aveva rispettato i suoi obblighi di proteggere Camila, una ragazza nativa di 13 anni, alla quale era stato negato un aborto. La sentenza obbliga lo stato peruviano a garantire l’accesso all’aborto in tutti i casi di gravidanza precoce. Varie organizzazioni hanno denunciato almeno cinque casi di ragazze sotto i 15 anni incinte, alle quali era stato negato l’aborto nelle regioni di Loreto, Cajamarca e Cusco. Secondo il ministero della Salute, nel 2023 erano state registrate 1.354 nascite da ragazze e adolescenti sotto i 15 anni, incluse quattro sotto gli 11 anni.
Le organizzazioni per i diritti Lgbti hanno riportato nel 2023 almeno otto omicidi di donne transgender, che potevano essere considerati crimini d’odio. Nonostante ciò, non esisteva ancora un registro ufficiale dei crimini d’odio. Continuava ancora a mancare un processo amministrativo accessibile e trasparente per permettere alle persone transgender di ottenere il rilascio di un documento di identità, senza dovere necessariamente ricorrere alle vie legali. Il matrimonio e i figli delle coppie dello stesso sesso continuavano a non essere legalmente riconosciuti.
In Perù vivevano oltre un milione e mezzo di venezuelani che necessitavano protezione, che incontravano ostacoli nella richiesta di asilo. A luglio, il 98 per cento delle domande d’asilo era ancora pendente. I visti disponibili non soddisfacevano le condizioni di base, come la protezione contro il rimpatrio forzato o l’accesso ai servizi sanitari3. A migliaia di venezuelani era negato il diritto di lavorare, in quanto le autorità non riconoscevano il loro status e i corrispondenti diritti. Le donne venezuelane erano particolarmente a rischio e molte, che erano state vittime di violenza di genere, non si rivolgevano alle strutture di protezione per paura, sfiducia o disinformazione.
Autorità e media hanno promosso la stigmatizzazione e una retorica xenofoba nei confronti dei venezuelani.
Il 10 novembre, data in cui scadeva ufficialmente il termine per la regolarizzazione dello status migratorio per i cittadini stranieri, le autorità hanno annunciato che avrebbero espulso chiunque non disponesse di un regolare status migratorio, lasciando migliaia di persone prive di protezione, dentro e fuori il paese.
Dopo 31 anni, i resti di Dora Oyague, Marcelino Rosales, Bertila Lozano, Felipe Flores Chipana e Armando Amaro Condor, tra le 10 persone dell’università di La Cantuta che furono vittime di sparizione forzata, torturate e uccise nel 1992, sono stati restituiti alle loro famiglie.
Per la prima volta, la Corte interamericana dei diritti umani ha riesaminato un caso riguardante la politica di sterilizzazione forzata attuata in Perù negli anni Novanta, quello di Celia Ramos. A novembre, la Corte suprema ha confermato la sentenza del 2022 che disponeva la riparazione per le vittime. Tuttavia, a dicembre, la camera penale della Corte suprema ha annullato l’apertura di un’indagine giudiziaria contro l’ex presidente Alberto Fujimori e altre autorità per aver portato avanti questa linea politica.
A dicembre, la Corte costituzionale ha ordinato il rilascio di Alberto Fujimori, contravvenendo ai diritti delle vittime di gravi violazioni dei diritti umani per i quali l’ex presidente era stato riconosciuto colpevole e ignorando le disposizioni della Corte interamericana dei diritti umani che proibivano il suo rilascio.
A vent’anni dalla pubblicazione del rapporto finale della commissione verità e riconciliazione nel 2003, molte delle sue raccomandazioni non avevano ancora trovato adempimento e non si avevano notizie delle 19.000 persone che furono vittime di sparizione forzata nel contesto del conflitto armato interno.
Note:
1 Peru: Lethal Racism: Extrajudicial Executions and Unlawful Use of Force by Peru’s Security Forces, 25 maggio.
2 Peru: Investigations against president and security forces must not put justice for victims at risk, 6 dicembre.
3 Americas: Regularization and Protection: International Obligations for the Protection of Venezuelan Nationals, 21 settembre.