Arabia Saudita: la bozza del primo codice penale è un manifesto per la repressione

19 Marzo 2024

©Chesnot/Getty Images

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La bozza trapelata del primo codice penale scritto dell’Arabia Saudita è molto lontana dagli standard universali dei diritti umani e mette in luce l’ipocrisia che si cela dietro le promesse del principe ereditario Mohammad bin Salman di accreditare il suo governo come progressista e inclusivo.

Le autorità dell’Arabia Saudita non hanno condiviso la bozza del codice penale per consultazione con la società civile indipendente, ma diversi esperti legali sauditi hanno confermato l’autenticità di ciò che ne è trapelato.

Il rapporto “Manifesto per la repressione” rivela come, anziché migliorare la gravosa situazione dei diritti umani nell’ambito del programma di riforme di Mohammad bin Salman, la bozza del codice penale viola le leggi internazionali e codifica le pratiche repressive già esistenti. In aggiunta, criminalizza i diritti alla libertà di espressione, pensiero e religione, non tutelando il diritto alla libertà di riunione pacifica.

La bozza criminalizza le relazioni sessuali consensuali “illegittime”, l’omosessualità e l’aborto e non protegge le donne e le ragazze dalla violenza di genere. Codifica anche l’uso della pena di morte tra le punizioni principali e ammette l’uso di pene corporali come la fustigazione. Il rapporto mette in evidenza recenti casi di repressione dei dissidenti, sottolineando i pericoli che l’adozione della bozza così com’è ora comporterebbe in casi del genere.

“In Arabia Saudita, l’assenza di un codice penale scritto ha per lungo tempo generato violazioni sistematiche dei diritti umani e ingiustizie. Un primo codice scritto potrebbe rappresentare un’opportunità cruciale per le autorità dell’Arabia Saudita e trasformare il loro sistema di giustizia penale arbitrario in uno che rispetti i diritti umani. Tuttavia, la nostra analisi della bozza trapelata rivela che si tratta essenzialmente di un manifesto per la repressione, che consoliderebbe le violazioni dei diritti umani e sopprimerebbe le libertà”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Per come si presenta attualmente, la bozza del codice penale riduce in frantumi l’illusione che il principe ereditario stia attuando un’agenda autenticamente riformista. L’Arabia Saudita si trova in un momento decisivo: mentre la bozza di codice penale è attualmente in fase di revisione legislativa, le autorità hanno ancora la possibilità di dimostrare al mondo che i loro progetti di riforma non sono vani. Devono consultare urgentemente esperti indipendenti della società civile e modificare la bozza del codice per garantire che sia conforme agli standard internazionali, nonché riformulare le leggi esistenti in modo che tutelino i diritti umani”, ha proseguito Callamard.

Insieme al rapporto, Amnesty International ha lanciato anche una campagna globale per la scarcerazione di tutti coloro che sono ingiustamente in prigione o in attesa dell’esecuzione della condanna a morte per aver esercitato i propri diritti di libertà d’espressione, nel contesto della violenta repressione da parte delle autorità.

“La campagna di Amnesty International mira a esercitare una pressione a livello internazionale per l’attuazione di riforme sui diritti umani, smascherando la cruda verità che si cela dietro i tentativi dell’Arabia Saudita di ripulire la propria immagine. La campagna mette in evidenza casi scioccanti di persone che sono ingiustamente in carcere o rischiano l’esecuzione semplicemente per aver espresso pacificamente le loro opinioni e mette in luce l’impatto inquietante della dura repressione nel paese. Intendiamo esercitare forti pressioni sui principali alleati dell’Arabia Saudita affinché si impegnino in favore di riforme autentiche “, ha aggiunto Agnès Callamard.

La bozza del codice penale, trapelata online per la prima volta nel luglio 2022, è stata redatta in segreto ed è in fase di revisione, il tutto senza un dialogo e un confronto con esperti della società civile indipendente. Le autorità saudite non hanno condiviso tale bozza con gli esperti indipendenti della società civile, né l’hanno resa pubblica. Tuttavia, diversi esperti del settore legale sauditi, tra cui un membro dell’ordine degli avvocati e due studi legali, hanno pubblicamente condiviso e commentato la bozza del 2022, confermandone l’autenticità.

Amnesty International ha scritto al Consiglio dei ministri dell’Arabia Saudita e alla Commissione per i diritti umani dell’Arabia Saudita, per condividere la propria analisi e ponendo domande sulla bozza del codice penale. Il 4 febbraio, la Commissione saudita per i diritti umani ha risposto negando l’autenticità della bozza e affermando che il codice penale è attualmente in fase di revisione legale. Amnesty International ha quindi invitato le autorità saudite a pubblicare l’ultima versione della bozza, affinché possa essere rivista anche dalla società civile indipendente.

Il rapporto di Amnesty International analizza le 116 pagine della bozza trapelata del codice penale, esaminandone la conformità al diritto internazionale sui diritti umani e i rischi di violazioni dei diritti umani. Il rapporto si basa su dieci anni di ricerche sulle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità saudite circa i diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, l’uso della tortura, degli altri maltrattamenti e della pena di morte, nonché su interviste con esperti dello scenario legislativo dell’Arabia Saudita.

Amnesty International ha evidenziato che la bozza del codice penale si limita a disciplinare i reati discrezionali (crimini ta’zir), per i quali le sanzioni non sono definite dalla legge islamica, senza includere i reati soggetti a pene fisse secondo la sharia (conosciuti come crimini hadd o qisas), concedendo ai giudici un’ampia libertà nel decidere se le prove raccolte siano sufficienti.

 

Libertà criminalizzate

Nel corso degli ultimi dieci anni, le autorità saudite hanno imposto severe restrizioni alla libertà di espressione, prendendo di mira un vasto numero di dissidenti – come difensori dei diritti umani, giornalisti, ma anche religiosi e persone attiviste per i diritti della donne – tramite arresti, esili o condizioni di scarcerazione che includono il divieto di viaggiare. Le autorità hanno usato disposizioni antiterrorismo e contro i crimini informativi per silenziare le voci critiche e il pensiero indipendente.

Un caso sconvolgente riguarda Salma al-Shehab, una dottoranda e madre di due figli, che sta attualmente scontando 27 anni in carcere per aver difeso i diritti delle donne su X.

FIRMA L’APPELLO

Manahel al-Otaibi, istruttrice di fitness, blogger e difensora dei diritti umani, vittima di sparizione forzata dal novembre 2023, attende il processo davanti al Tribunale penale speciale, ossia il tribunale antiterrorismo dell’Arabia Saudita, per aver pubblicato foto di sé senza l’abaya (un abito tradizionale femminile) e per contenuti critici nei confronti del repressivo sistema del tutore maschile.

La bozza del codice penale rafforzerebbe tali misure repressive, criminalizzando diffamazione, insulti e critiche al sistema giudiziario in termini vaghi, rischiando così di dar luogo a ulteriori violazioni delle libertà individuali e perpetuando la repressione delle opinioni divergenti.

Inoltre, la bozza criminalizza anche le relazioni sessuali consensuali “illegittime”, le relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso, il comportamento “indecente” e l’“imitazione” di un altro sesso attraverso l’abbigliamento e l’aspetto. Tali disposizioni consentirebbero la persecuzione e la tortura di persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+. Sebbene Amnesty International abbia documentato casi di persone condannate per tali comportamenti, queste condanne e le relative sentenze erano a discrezione del giudice e non codificate come reati penali secondo la legislazione saudita. Le pene associate a tali comportamenti nella bozza del codice penale sono più severe rispetto alle sentenze attualmente emesse dai giudici.

In assenza di un codice penale, in Arabia Saudita i giudici utilizzano la loro interpretazione della legge islamica (sharia) e della giurisprudenza per stabilire cosa costituisca un reato e per infliggere punizioni. Tali pratiche concedono ai giudici ampia discrezionalità e definiscono i reati e le pene in modo vago, violando il diritto internazionale sui diritti umani.

 

La bozza del codice penale perpetua la violenza di genere

Da anni, le donne e le ragazze in Arabia Saudita subiscono una diffusa discriminazione, sia nella legge che nella prassi, con una legislazione nazionale inadeguata a proteggerle dalla violenza di genere. In modo allarmante, la bozza del codice non permette il perseguimento penale di individui che commettono atti in nome dell'”onore”, il che potrebbe includere aggressioni o omicidi. Questa nuova disposizione concederebbe di fatto l’impunità agli aggressori, violando apertamente il diritto internazionale.

Inoltre, la bozza del codice fornisce una definizione troppo ampia e vaga di molestie e non riconosce lo stupro coniugale come un crimine.

 

Codificazione dell’uso della pena di morte

Nonostante le promesse fatte dal principe ereditario Mohammad bin Salman di limitare l’uso della pena di morte ai crimini più gravi previsti dalla sharia, c’è stato un aumento spaventoso delle esecuzioni sotto il suo governo, compresa una delle più grandi esecuzioni di massa degli ultimi dieci anni di 81 persone nel marzo 2022.

La bozza del codice penale dell’Arabia Saudita codifica la pena di morte come punizione principale per una serie di crimini, che vanno dall’omicidio allo stupro fino a reati non violenti come l’apostasia e la blasfemia, in violazione del diritto internazionale. La bozza prevede che i minorenni al momento del reato siano condannati a morte per determinati crimini e stabilisce l’età della responsabilità penale a soli sette anni. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, di cui l’Arabia Saudita è stato parte, raccomanda che l’età minima per la responsabilità penale non debba essere inferiore ai 12 anni.

La bozza continua anche a consentire punizioni corporali come la fustigazione e l’amputazione delle mani per crimini come l’adulterio e il furto. Le pene corporali sono una forma di tortura o di altro maltrattamento e sono vietate dal diritto internazionale.

“È di vitale importanza che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite istituisca un meccanismo per monitorare la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, al fine di impedire alle autorità saudite di continuare a nascondere la grave realtà della loro repressione acquistando il silenzio del mondo e promuovendo un’immagine glamour e progressista tramite la loro costosa macchina pubblicitaria”, ha concluso Agnès Callamard.