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Alla vigilia dell’Esame periodico universale (Universal periodic review – Upr) cui l’Egitto si sottoporrà di fronte al Consiglio Onu dei diritti umani, abbiamo chiesto alla comunità internazionale di pretendere l’immediato rilascio di manifestanti pacifici, attivisti e difensori dei diritti umani imprigionati nella spietata repressione che negli ultimi mesi ha portato in carcere oltre 3800 persone.
Gli stati che partecipano alla revisione hanno anche l’occasione per chiedere alle autorità egiziane di aprire un’indagine sul diffuso impiego dei maltrattamenti e delle torture da parte delle forze di sicurezza e sulle tremende condizioni detentive, così come di porre fine al ricorso a divieti arbitrari di viaggiare all’estero e alla persecuzione giudiziaria nei confronti degli attivisti per i diritti umani.
“L’esame da parte del Consiglio Onu dei diritti umani è un’occasione d’oro per la comunità internazionale per chiedere conto alle autorità egiziane della disastrosa situazione dei diritti umani“, ha dichiarato in una nota ufficiale Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord di Amnesty International.
L’Upr è in programma quasi due mesi dopo il lancio della più massiccia ondata di arresti dall’ascesa al potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi.
“Ora più che mai è fondamentale che il mondo denunci il degrado dei diritti umani in Egitto e chieda il rilascio dei manifestanti pacifici finiti arbitrariamente in carcere“, ha aggiunto Bounaim.
Nel giugno 2019 avevamo pubblicato un’analisi della situazione dei diritti umani in Egitto dall’ascesa al potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi. Il rapporto, sottoposto al Consiglio Onu dei diritti umani, aveva messo in evidenza il ricorso alle detenzioni arbitrarie, ai maltrattamenti e alle torture, alle sparizioni forzate, ai processi irregolari e alle agghiaccianti condizioni di prigionia.
Dalla sua pubblicazione, la situazione dei diritti umani in Egitto è persino peggiorata, con l’ultima ondata di arresti di massa avvenuta tra settembre e ottobre e l’aumentato impiego di tattiche brutali come la tortura ai danni dei difensori dei diritti umani.
Il 29 settembre il noto attivista Alaa Abdel Fattah è stato nuovamente arrestato, bendato, picchiato, preso ripetutamente a calci e insultato. Il 12 ottobre la difensora dei diritti umani Esraa Abdelfattah è stata rapita e poi torturata dalle forze di sicurezza.
In occasione della precedente sessione dell’Upr, tenutasi nel 2014, l’Egitto aveva accettato 237 delle 300 raccomandazioni che gli erano state sottoposte. Dall’analisi di Amnesty International è emerso, tuttavia, che anziché attuare riforme fondamentali in linea con quelle raccomandazioni, le autorità egiziane hanno adottato misure ancora più repressive che hanno ulteriormente limitato i diritti e le libertà fondamentali.
“Non aver attuato le raccomandazioni formulate dall’ultimo Upr è il segno evidente che le autorità hanno ben poca intenzione di migliorare la drammatica situazione dei diritti umani in Egitto“, ha proseguito Bounaim.
Diverse Procedure speciali delle Nazioni Unite hanno denunciato il peggioramento della situazione dei diritti umani in Egitto, riferendosi tra l’altro agli arresti arbitrari, alle limitazioni della libertà di manifestazione ed espressione, alla tortura, alle rappresaglie per aver avuto rapporti con le Procedure stesse e, più di recente, alle condizioni di detenzione che potrebbero aver causato la morte dell’ex presidente Mohamed Morsi.
“Gli stati della comunità internazionale e in particolare gli alleati dell’Egitto hanno il dovere di prendere posizione di fronte ai massicci crimini di diritto internazionale e alle violazioni dei diritti umani. Devono rendere noto alle autorità egiziane che il loro continuo rifiuto di porre fine alle violazioni dei diritti umani avrà gravi conseguenze nei rapporti diplomatici e commerciali“, ha concluso Bounaim.
Pochi giorni dopo l’Upr, un tribunale egiziano esaminerà il ricorso contro i divieti arbitrari di viaggio all’estero imposti a rappresentanti di Ong, tra cui molti dei dirigenti delle organizzazioni indipendenti egiziane per i diritti umani.
Tra questi vi sono Mozn Hassan, fondatrice del Centro Nazra per gli studi femministi; Aida Seif el-Dawla, fondatrice del noto Centro el-Nadeem per i sopravvissuti alla tortura e noti attivisti per i diritti umani quali Gamal Eid, Hossam Bahgat e Mohamed Zaree.
A seguito delle indagini sui finanziamenti esteri e sul legittimo operato in difesa dei diritti umani, ameno 31 rappresentanti di Ong sono stati raggiunti da divieti di viaggio mentre 10 persone e sette Ong si sono visti congelare i conti bancari.
“Gli stati devono cogliere l’opportunità per condannare il brutale giro di vite compiuto negli ultimi anni contro le Ong e la società civile dell’Egitto e chiedere l’annullamento dei divieti di viaggio e dei congelamenti dei conti bancari nonché la fine delle indagini una volta per tutte“, ha commentato Bounaim.